"Tempo Perso - Alla ricerca di senso nel quotidiano"
RESISTENZA E PACE Ricominciare
il secolo di Raniero La Valle Il
passaggio dal 2006 al 2007 non sembra di particolare rilievo. Non è come
nel 2000, quando finiva un secolo e un millennio, c'era il baco nei
computer; la gente era tutta per la strada e i fuochi d'artificio
impazzarono fino al mattino. Questo sembra di rango minore, un capodanno
di routine.
E
se invece fosse il vero capodanno di svolta? Se fosse ora il cambio
d'epoca? Se proprio quest'anno fosse il tempo propizio, l'occasione da
cogliere? La
domanda è legittima, perché i grandi cambiamenti avvengono quando i
tempi sono maturi. E ora lo sono, perché è coscienza diffusa che così
non può continuare. Non solo non funzionano più la politica, il diritto,
l'economia, le religioni, che sono diventati «controproduttivi», cioè
producono l'effetto opposto rispetto ai fini per cui sono fatti: poteri
incontrollati e malefici invece del bene comune; devastazione dei diritti
delle persone e dei popoli invece della giustizia; immense ricchezze e
abissali miserie invece che cibo abbondante e soddisfazione dei bisogni;
contraddizioni e conflitti sul filo dell'assoluto, invece che comunione e
pace; e insomma rovina invece di salvezza; e il sangue scorre a fiumi. Non
solo questo. Non funziona più l'equilibrio fisico della terra, e
finalmente lo si ammette, al punto che a fare fantascienza sono oggi gli
scienziati, che dicono che per il 2050 ci vorrà un altro pianeta, perché
questo sarà esaurito. E lo dicono sul serio: non possiamo buttarla in
allegoria, come abbiamo fatto con l'Apocalisse. Ma
che si possa pensare a un nuovo inizio dipende anche dal fatto che proprio
ora siamo al passaggio del millennio e del secolo. Infatti quella del 2000
è stata una falsa partenza; bisogna tornare ai nastri. Spesso succede che
il calendario si inganni. Neanche Gesù nacque nell'anno primo dell'era
cristiana. Nel 1997 a
Roma fu istituito un assessorato chiamato «Roma cambia millennio»; ma
poi fu smantellato, e il millennio non cambiò. Il
nuovo secolo era stato programmato come il «nuovo secolo americano»; e
dicevano «secolo» per pudore, in realtà pensavano a un millennio. I sei
anni trascorsi da allora sono stati tutti bruciati in questo progetto: gli
americani per realizzarlo, gli inglesi, sentendo di nuovo odore di impero,
per non essere lasciati indietro; l'Europa per tenersene fuori aspettando
che fallisse; i poveracci per sopravvivere limitando i danni, e tutti gli
altri per combatterlo. In soli sei anni questo progetto, come abbiamo
scritto qui dopo le elezioni americane, più che fallire, si è dimostrato
impossibile. In ciò l'Iraq è per gli Stati Uniti più grave del Vietnam:
perché è la dimostrazione che il mondo non si può tenere con gli
eserciti. Il nazionalismo comunista non era ancora niente in paragone con
l'orgoglio islamico. E non parliamo, domani, della Cina. L’impero non si
può fare. Le truppe d'oltremare devono stare a casa. Tutti i Nuovi
Modelli di Difesa elaborati dopo il 1989,
basati su «proiezioni di potenza»,
Forze di rapido impiego e, per i più ricchi, sull'idea di poter
combattere contemporaneamente due guerre e mezzo, sono da buttare. E
allora bisogna ricominciare il secolo, e il millennio. Il nome ce
l'abbiamo già: non americano, o cristiano, o arabo, o cinese. Un secolo
umano, semplicemente umano. Ma è, appunto, la cosa più difficile. Per
far questo, ci vogliono idee nuove. Un nuovo pensiero politico, come
diceva Gorbaciov. Un nuovo pensiero economico, come dicono le vittime del
capitalismo reale. Ma anche un nuovo pensiero religioso, come la crisi e
gli infortuni delle religioni e delle chiese sollecitano. Molto
di questo nuovo in realtà già lo conosciamo: che tutti gli esseri umani
sono eguali per dignità naturale. Che l'umanità è una. Che i beni della
terra sono l'eredità comune di tutti. Che la guerra è fuori del diritto
e fuori della ragione. Che la parola - non l'icona, non l'immagine - è il
Grande Veicolo della comunione tra gli uomini. Che non ci sono popoli che
non siano eletti, non ci sono terre promesse da recingere coi muri, non
c'è una grazia agli uni concessa, agli altri negata. Che Dio ama tutti,
anche coloro che non lo sanno, e vuole che tutti gli uomini siano salvi, e
anche il creato. Che gli uomini hanno il mondo nelle loro mani, ma possono
sbagliare, possono peccare, possono fallire; non per questo Dio li
abbandona. Egli scende su tutte le loro vie, e si lascia raggiungere per
tutte le loro vie, in tutte le loro lingue, le loro religioni e le loro
culture. Queste
cose però non basta saperle. Nel Novecento le abbiamo scritte o riscritte
in tutti i nostri documenti, poi le abbiamo tradite dicendo di osservarle.
Alla ragione non è difficile darla ad intendere. La realtà, invece, non
si fa frastornare, è lei il vero criterio di discernimento. E alle
cose che sappiamo, dobbiamo ora convertirci. Sarebbe questa «1'epoca
nuova». testo integrale pubblicato da "Rocca" n. 1 - 1 gennaio 2007 |