FONTE: MISNA
IRAQ 18/1/2005 16:25 |
LIBERAZIONE
ARCIVESCOVO: PARLA MONSIGNOR CASMOUSSA
a
cura di Luciana Maci
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Church/Religious
Affairs, Standard |
“Sono
stato trattato con molto rispetto e resto convinto che, nel caso del
mio rapimento, si sia trattato di uno scambio di persona”. Lo dice
alla MISNA Monsignor Basile Georges Casmoussa, arcivescovo di Mosul
di rito siro-cattolico, sequestrato ieri pomeriggio nella città
settentrionale irachena e liberato oggi. “Ero in visita pastorale
in città – racconta il presule alla nostra agenzia - ed ero
appena uscito da un’abitazione nella quale avevo impartito una
benedizione quando, alle 17:05 locali, ho visto una macchina in
mezzo alla strada; ne sono uscite due persone armate di fucili che
mi hanno catturato e costretto a entrare dentro il baule
dell’autovettura”. Confermando che i rapitori erano di
nazionalità irachena, l’arcivescovo ha detto di aver trascorso la
notte sotto sequestro e ha aggiunto che l’indomani mattina i
criminali gli hanno domandato dettagli sulle sue generalità,
chiedendogli in particolare nome e indirizzo. È stato lo stesso
presule, che aveva con sé il cellulare, a suggerire ai criminali di
contattare i suoi confratelli. Questi hanno telefonato a monsignor
Petros Mouché, vicario generale della diocesi di Mosul; durante la
telefonata monsignor Casmoussa ha parlato brevemente con monsignor
Mouché rassicurandolo sulle sue condizioni di salute. Alle 12:30 i
sequestratori hanno portato l’arcivescovo nella zona est di Mosul,
in via Al-Wahda, e l’hanno lasciato per strada. Tornato libero, il
presule ha preso un taxi ed è rientrato nella sua residenza. “Ora
sono a casa e sto bene” prosegue l’intervistato, aggiungendo:
“Episodi come questi vengono interpretati dagli abitanti locali
come un segnale lanciato agli ambienti ecclesiastici da gruppi
estremisti in vista delle elezioni del prossimo 30 gennaio; molti
pensano che si voglia colpire la Chiesa per evitare che assuma un
ruolo di rilievo nel futuro governo, ma io non credo assolutamente
che sia così e ritengo che il mio sequestro sia stato un errore.
Tra l’altro io non avevo mai ricevuto minacce di nessun genere in
precedenza”. L’arcivescovo ammette tuttavia che i cristiani, una
minoranza nel Paese, si sentono insicuri e afferma che “i soldati
statunitensi dislocati in varie zone dell’Iraq, e vissuti dagli
abitanti locali come occupatori, hanno contribuito a dare
un’immagine negativa della cristianità alle popolazioni di altre
religioni”. L’arcivescovo ricorda che “il Paese è in preda al
caos, ovunque ci sono disordini e c’è un alto tasso di
disoccupazione” e conclude sostenendo che “in Iraq non c’è
ancora democrazia”. (a cura di Luciana Maci)
[LM]
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dal sito www.misna.org
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