"Tempo Perso - Alla ricerca di senso nel quotidiano"
FONTE: dal Blog di Beppe Grillo Telecom: una storia italiana di Beppe Grillo
L'iniziativa 'share
action' ha raccolto finora 1750 adesioni per un totale di
circa 4.800.000 azioni. Grazie per la fiducia. L'Internazionale
di questa settimana mi ha dedicato la copertina, riporto il mio articolo
che parla di una storia che per il momento non ha ancora un finale.
Speriamo che sia almeno un finale sostenibile, come il
debito di Telecom secondo Guido Rossi. Ma se il debito è sostenibile, il
credito cosa sarà? "Tronchetti si è dimesso da presidente di
Telecom un venerdì, qualche minuto prima delle otto di sera, ora di cena.
A Milano pioveva, un tempo autunnale, non c’era nessuno in giro per lo
sciopero dei mezzi urbani. La tristezza era nell’aria. La voce di
Aznavour cantava “Com’è triste la Borsa a Milano”, ma forse era
solo un’eco in Galleria. Il giorno dopo un Tronchetti dimesso, senza
cravatta, si aggirava in via della Spiga con i parenti. La sera riceveva
nella tribuna d’onore di San Siro attestati di solidarietà simili a
condoglianze. L’Inter, pareggiando con la Sampdoria, aggiungeva una nota
di depressione quasi surreale al fine settimana di Tronchetti. Ma, come
nella migliore tradizione giallistica, bisogna porsi la domanda: chi
è il responsabile della caduta del tronchetto dell’infelicità?
Il nome corso subito sulla bocca di tutti è stato quello di Romano
Prodi, per la sua conformazione da maggiordomo ciclista. Il
maggiordomo è il primo sospettato. Prodi è però da escludere in quanto
persona da sempre non informata sui fatti e, in più, con un consigliere, Rovati,
che inviando a Tronchetti una memoria ‘artigianale’ ha inguaiato tutto
il Governo. La missiva, privata, privatissima, ipotizzava un riassetto del
gruppo Telecom e il tronchetto, da perfetto uomo d’affari, di quelli che
bastava la stretta di mano, l’ha subito passata al Corriere della Sera,
il quotidiano indipendente del salotto buono in cui siede Pirelli. Rovati
si è dimesso. Prodi dovrà riferire alla Camera non si sa bene che cosa,
ma un suo silenzio eloquente potrà bastare insieme a un
lancio di pomodori. Escluso Prodi chi rimane? Per capirlo bisogna tornare
indietro nel tempo. Al tempo dell’Ulivo e di D’Alema.
Il tempo delle privatizzazioni, il tempo dei ‘capitani coraggiosi’, ma
senza una lira. Regnava da poco su Telecom Italia Franco Bernabè,
un regnante dignitoso che aveva dato buona prova di sé all’Eni. Telecom
non aveva praticamente debiti e generava tutti i giorni denaro
sonante. Telecom possedeva società, immobili, aveva, tanto per dire, la
flotta di auto aziendali più grande d’Italia. Un patrimonio costruito
con le tasse di generazioni di italiani. D’Alema, allora presidente del
consiglio, per motivi che nessuna mente umana (e forse neppure aliena) è
in grado di capire avalla la cessione al duo Colaninno-Gnutti.
Colaninno cede Omnitel e lancia un’Opa sulla Telecom. Il ricavo ottenuto
dalla vendita di Omnitel non è certo sufficiente per l’Opa, che va
sostenuta indebitando l’azienda. Per incanto una Telecom senza debiti si
ritrova indebitata fino al collo. Franco Bernabè che aveva cercato di
opporsi sostenendo la fusione con Deutsche Telekom, anche attraverso un
confronto durissimo con il merchant banker D’Alema, noto industriale e
economista, deve dimettersi. Da questo momento la sorte della più grande
azienda del Paese, quella con le migliori prospettive industriali e i
maggiori tassi di innovazione, è segnata. testo integrale pubblicato sul Blog di Beppe Grillo - 26 settembre 2006 |