L'ENCICLICA
Passioni
politiche
L'enciclica
programmatica di Benedetto XVI:
l'amore
di Dio come pilastro della Chiesa
di
FILIPPO GENTILONI
Finalmente. Dopo tanti rinvii, anticipazioni,
indiscrezioni, la prima lettera enciclica di Benedetto XVI vede la luce.
«Deus caritas est», dalla prima lettera dell'apostolo Giovanni, che così
prosegue. «Qui manet in caritate in Deo manet et Deus in eo». Un testo
fra i più belli di tutta la Bibbia. Un testo che si apre a tutto l'amore
, al di là dei confini che la storia - anche quella delle religioni - ha
cercato di imporgli.Un testo che, comunque, non ha cessato di creare un
certo imbarazzo. Anche perché «amore» è un termine vago, generico,
carico di mille e mille significati. Così nel passato, così anche oggi,
come l'enciclica conferma e cerca di chiarire. Anche oggi, due le
accezioni principali, spesso congiunte ma spesso anche contrastanti
dell'amore: agape e eros, i due grandi amori che rischiano di dividere
l'umanità. Come accordarli perché non si escludano a vicenda? Come
evitare che l'eros rimanga nella grande casa degli egoismi, anche se vanta
una forma di abitazione nella casa dell'amore? Potrà mai - e come -
l'agape riscattare l'eros?Interrogativi sui quali il pensiero cristiano
riflette da sempre, basti pensare a Sant'Agostino e alle sue «Confessioni».
Ora l'enciclica aggiunge a quelle riflessioni uno sguardo sul mondo
moderno e la sua cultura.Uno sguardo che è sostanzialmente negativo, in
linea, d'altronde, con la visione del mondo e della cultura contemporanea
tipica del pensiero di Ratzinger, prima e dopo l'elezione al pontificato.
L'eros appare più scatenato che mai e sembra molto difficile che l'agape
possa calmarlo, accettandolo sotto le sue ali. Se riuscirà, sarà a ben
determinate condizioni, e con l'inevitabile sostegno di alcune istituzioni
cristiane di regolamento, se non addirittura di controllo. Altrimenti il
caos sfrenato, un caos nel quale trionferà l'eros senza agape.E' il
discorso amaro, pessimista, che sottosta alle pagine dell'enciclica appena
sfogliate. Bisognerà leggerle con più calma. Comunque si può osservare
già dalle prime riflessioni il passaggio da un «incipit» aperto e
sereno alle amare conclusioni che riguardano la necessità che la chiesa
si impegni nel sociale (ben distinto, però, dal politico) in tutte le
forme possibili. L'enciclica rivendica con forza il diritto-dovere della
chiesa di intervenire da protagonista nella società e nei suoi problemi.
Altrimenti quell'abbraccio fra agape ed eros sarebbe impossibile. La carità
cristiana può e deve prendere forma organizzata. Ratzinger, così, chiama
Ruini e viceversa.
testo integrale tratto da "Il
Manifesto" - 26 gennaio 2006