"Tempo Perso - Alla ricerca di senso nel quotidiano"
L'islam violento interpretato da papa Ratzinger di Filippo GentiloniIl
viaggio del papa in Baviera sta rivelando a tutti il vero pensiero di
Ratzinger, quello che spesso rimane nascosto fra le pieghe della
prudenza e della diplomazia. Non soltanto espressioni di affetto per
la sua terra ipercattolica e di nostalgia per i tempi felici dell'infanzia
e per le prime esperienze sacerdotali: il papa in Baviera chiarifica
il valore delle sue speranze e rinnova le sue condanne. Fra
queste, in maniera sempre più esplicita, l'evoluzionismo. Il
pensiero cattolico ne discute dal tempo di Darwin, con alti e
bassi. Negli ultimi decenni, una certa sincera accettazione. Oggi,
invece, una solenne marcia indietro. Ratzinger, con decisione:
«La tesi dell'evoluzionismo è irragionevole. I conti sull'uomo
senza Dio non tornano» e il papa non sembra voler considerare
la possibilità di un evoluzionismo che non escluda Dio. Una condanna,
questa dell'evoluzionismo, che appare veramente epocale. In
rapida sintesi: la società cristiana si sta sfasciando, per colpa di
una eccessiva secolarizzazione e di un corrispondente indebolimento
della sua dottrina cristiana. Anche - se non soprattutto - per questo motivo
si trova imbarazzata nei confronti di chi, invece, sostiene posizioni
decise, tali da coniugare insieme religione e politica, fede e civiltà.
Anche per questi motivi l'islam appare al mondo forte, addirittura
vincente. Il cristianesimo a differenza dell'islam, ha detto il
papa, rifiuta la conversione attraverso la violenza, non esiste nelle
fede cristiana il concetto di jihad perché Dio non si compiace del
sangue, la violenza è in contrasto con la natura di Dio, «non agire
secondo ragione è contrario alla natura di Dio». Nella religione musulmana,
viceversa, argomenta Ratzinger, la natura di Dio è totalmente
trascendente, non è legata a nessuna categoria umana «fosse
anche quella della ragionevolezza». In Baviera e in tutto il mondo,
dunque, il cristianesimo deve apparire più coerente e coraggioso,
più sicuro di sé. «Le
popolazioni dell'Africa e dell'Asia - ha detto il papa - ammirano le
nostre prestazioni tecniche e la nostra scienza, ma al contempo
si spaventano di fronte a un tipo di ragione che esclude totalmente
Dio dalla visione dell'uomo, ritenendo questa la forma più
sublime della ragione, da imporre anche alle loro culture». Una
svolta nel pensiero di Ratzinger? E soprattutto: una svolta nel
pensiero del cattolicesimo moderno, quello che si è sforzato di
accettare l'illuminismo e che ha portato al concilio? Non è facile
rispondere alle due domande. Gli studi sul pensiero di Ratzinger
ci parlano di oscillazioni sul giudizio del mondo e della cultura
moderne, oscillazioni che lo hanno accompagnato nei lunghi anni
del concilio e soprattutto del dopo concilio. Oscillazioni sul
giudizio della cultura moderna, dall'illuminismo in poi. Oscillazioni
che, d'altronde, hanno accompagnato il pensiero di tutti, o quasi, i teologi
cristiani, cattolici e non soltanto. E gli stessi pontefici: basti
accostare alle espressioni piuttosto pessimiste di Benedetto XVI
quelle ottimiste di Papa Giovanni, alla apertura del Concilio. Poi
è venuta la sempre maggiore indipendenza della cultura laica e della
stessa etica: sono venute le guerre, accompagnate dal
terrorismo, dal successo mondiale dell'islam e dalle difficoltà
dell'ecumenismo. Il panorama appare decisamente peggiorato e
Ratzinger ritrova i temi negativi di una parte - non tutto - del suo
magistero precedente. Perciò
quella sottolineatura del relativismo come del male maggiore del
secolo. Una sottolineatura estranea, a dir poco, a buona parte
della cultura moderna e anche della teologia cattolica. Una
sottolineatura che spinge inevitabilmente il discorso pontificio verso
le posizioni di tipo neocons. Le varie forme di integrismo si
avvicinano, mentre il pensiero moderno, con le sue incertezze e aperture
agli altri e alla storia, si allontana. Sembra quasi che il papa
desideri un cristianesimo non soltanto più forte ma addirittura
più islamico. Comunque più supportato da quella civiltà che
sarebbe la «sua». Quasi che il messaggio evangelico da solo,
senza lo stato e le sue leggi, non abbia la forza di affermarsi e una
sufficiente credibilità. Ancora una volta, come molte altre nel corso della storia, ci troviamo di fronte a proposte cristiane diverse. Mentre il non cristiano può stare a guardare, il cristiano dovrà scegliere quella che gli appare più convincente, se il cattolicesimo bavarese di Ratzinger o quello più incerto e «relativo» di papa Giovanni. testo integrale pubblicato da "Il Manifesto" - 13 settembre 2006 |