"Tempo Perso - Alla ricerca di senso nel quotidiano"

Quel disagio che cambia i cattolici

di Franco Garelli

Prima la battaglia sul referendum sulla procreazione assistita, poi la questione dell’eutanasia, culminata - anche simbolicamente - nel rifiuto del funerale religioso a Welby. Adesso il lungo no ai Dico e alle coppie gay. L’ultimo stop riguarda il testamento biologico, per evitare che sia l’anticamera dell’eutanasia. Continua l’impegno pubblico dei vertici della chiesa cattolica sui temi della famiglia e della bio-politica, il suo continuo smarcarsi da scelte di vita e da proposte legislative che ritiene poco rispettose della natura umana e del bene comune. Di questo passo, si chiedono in molti, che cosa si propone la chiesa cattolica? A che cosa mira una Chiesa che non perde occasione per intervenire a tutto campo nel dibattito pubblico?

Ieri come oggi, i vertici della Cei dicono che non è loro intenzione spingere a fondo sull’acceleratore. Il pressing etico di questi anni non è finalizzato a mettere in discussione le leggi sull’aborto e sul divorzio, quanto a dare la scossa a un’Italia che di tanto in tanto è colpita da amnesia della sua storia e identità cristiana. Si tratta di dar voce a un sentimento umano e religioso assai diffuso nel paese, poco riconosciuto da minoranze culturali e intellettuali che pensano e vivono diversamente. La vita è una risorsa troppo sacra per essere ridotta a opzione tecnologica. La famiglia-matrimonio è un bene troppo prezioso per la società, per equipararla a unioni più leggere, che riflettono la voglia di molti di non legarsi stabilmente o di limitarsi a un contratto privato. È importante che si crei un sussulto nel paese, che riaffermi i grandi principi e orizzonti, che richiami i valori irrinunciabili.

Occorre però chiedersi se con tutti questi interventi non si stia modificando il quadro del cattolicesimo italiano; se le battaglie pubbliche che da tempo la Chiesa conduce nel paese (in tema di vita, di famiglia, di bioetica) non possano a lungo andare incrinare quel modello di «cattolicesimo diffuso» che rappresenta la particolare condizione religiosa dell’Italia contemporanea, distinguendola da quanto avviene negli altri paesi occidentali.

Ancor oggi circa l’85% degli italiani continua a riconoscersi nella religione cattolica, anche se sotto questo grande ombrello convivono forme e intensità religiose molto diverse tra loro. Da un lato il sentimento cattolico è ancora molto esteso nella popolazione, pur caratterizzandosi in vari casi per tratti ambivalenti e contradditori. Dall’altro, la Chiesa italiana ha sempre operato per coltivare e alimentare un popolo di credenti, sia evitando scelte religiose elitarie (perlopiù affini alla sensibilità dei credenti più iniziati), sia avanzando proposte religiose capaci di intercettare le domande di un pubblico differenziato. Così il modello ecclesiale italiano tiene insieme sensibilità religiose diverse, devozioni popolari e religiosità più moderne, cattolici impegnati e cattolici per tradizione e cultura, fedeli osservanti e credenti occasionali, persone dalla fede esclusiva e soggetti in ricerca religiosa.

È proprio tra i credenti discontinui o tra i cattolici più tiepidi e distratti (che costituiscono la maggior parte dei «cattolici» italiani) che si registra oggi il maggior fastidio nei confronti di una Chiesa che ha accentuato nel tempo la sua presenza identitaria, che richiama continuamente la gente alla coerenza nei costumi e nelle scelte di vita. I cattolici meno attivi e convinti, sono parte integrante di quella popolazione che ragiona a favore dei Dico e delle simil-famiglie, che è tollerante sulla questione delle coppie gay, che guarda con disagio una Chiesa che si interessa troppo della morale sessuale e familiare degli italiani o che su questi temi tende a sostituirsi ai politici. Magari, questa quota di popolazione non è del tutto favorevole al riconoscimento legale delle unioni omosessuali (come ad altre istanze più libertarie), ma in essa la comprensione sembra essere più forte della voglia di distinzione.

Molti cattolici sperimentano dunque una Chiesa che parla linguaggi diversi, percependola a un tempo come più flessibile sul versante della fede e dell’appartenenza religiosa e come più rigida sulle questioni della morale e delle coppie di fatto. La Chiesa che non è tanto esigente e discriminante nell’amministrare i sacramenti, lo sta diventando sui temi della famiglia e della vita, che ha scelto come baluardo per affermare nell’epoca attuale la distinzione cristiana.

La nuova stagione che la Chiesa sta vivendo può quindi avere conseguenze rilevanti nel ridisegnare la presenza e i confini del cattolicesimo in Italia. Il richiamo ai valori irrinunciabili di cui si fa carico la gerarchia (insieme a vari gruppi religiosi più impegnati) sta forse segnando la fine del cattolicesimo di maggioranza, per far posto a un’appartenenza cattolica più attiva e convinta, ma anche più consapevole del suo carattere di minoranza?

 testo integrale pubblicato da  "La Stampa" - 11 aprile 2007