Persa
un'occasione
per
capire
di
Dario Fo
«LA Fede non va imposta in modo autoritario, può
essere solo donata in libertà». Papa Ratzinger ci sorprende una volta di
più. Il discorso che avrebbe fatto alla Sapienza, il cui testo ho avuto
modo di leggere ieri pomeriggio, non solo riconosce (e sarebbe stato un
riconoscimento coram populo, nella sede universitaria romana), l'autonomia
della scienza e il diritto ad essa, bensì aggiunge precisazioni
sconvolgenti. «...il ministero pastorale è mantenere desta la sensibilità
per la Verità, invitare la ragione a mettersi alla ricerca del vero, del
bene, di Dio». Non basta. Il Papa definisce quelle «sorte lungo la
storia della fede cristiana» soltanto «utili luci». Nessun oltranzismo,
parrebbe, in queste parole. Men che meno, parrebbe, oscurantismo.
In altri termini, il Pontefice sembra proporre Gesù Cristo e la fede
cristiano-cattolica come uno dei percorsi buoni (naturalmente, per quanto
concerne il suo ministero, il percorso privilegiato) per «trovare la via
verso il Futuro». Insomma, a Roma sè persa un'ottima occasione (e l'avremmo
persa tutti, in realtà) per capire finalmente chi sia Ratzinger: non
quello che molti di noi pensano sia. Non vuole imporre, ma consiglia.
Auspica, non ordina. Aiuta, non costringe. Alla fine, ci vorrebbe tutti
uniti e con un unico, augurabile obiettivo comune: la famosa verità.
Perché, allora, mi chiedo da laico e sono stato un estimatore del gesto
carismatico di Wojtyla Ratzinger agisce in modo oppositivo rispetto a ciò
che dice? Perché la sua assenza di aperture, i suoi no, i suoi divieti in
materia di procreazione, di sacerdozio alle donne, le sue scomuniche?
Perché la capacità di togliere di mezzo certe concessioni popolari fatte
dal Concilio Vaticano II, vedi la posizione del sacerdote sull'altare
durante la Messa e l'uso degli idiomi nazionali al posto dell'anacronistico
latino?
Verrebbe da osservare: mistero della Fede. Merita desser letta e riletta,
l'allocuzione che il Papa filosofo avrebbe fatto alla Sapienza di Roma.
Contiene aperture, apparenti o reali che siano, alle quali non eravamo
abituati, almeno non nei fatti. Forse l'ambiente universitario, la città
degli studi, ricongiunge il Pontefice con la pratica della libertà alla
quale anch'egli, prima del soglio (ne sono sicuro) doveva essere abituato.
testo integrale pubblicato da
"Il Messaggero" - 17 gennaio 2008