Preti
pedofili?
La Chiesa sia
credibile
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Una
macchia che coinvolge il 3% del clero:
la
stessa percentuale dei ministri di culto di altre confessioni che
finiscono in tribunale ma sono ignorati dai giornali
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di FILIPPO DI
GIACOMO
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E’ la Chiesa Cattolica la "grande
prostituta" del mondo»? Il pregiudizio urlato dal leader
degli unionisti calvinisti dell'Ulster davanti a Giovanni Paolo II,
nell'emiciclo di Strasburgo l'11 ottobre 1988, fa parte dei vari
linciaggi subiti attraverso i secoli dalla gerarchia e dal clero
cattolici. Un pregiudizio antico quanto il cristianesimo,
particolarmente coltivato e diversamente declinato in ambiente
anglosassone da quando la riforma protestante prima e
l'illuminismo poi gli hanno anche attribuito un valore
confessionale e nazionalistico con un mix gradito alla politica.
Un pregiudizio tira l'altro e, man mano che la marea immonda dei
preti cattolici accusati di pedofilia montava, sui media
anglosassoni negli ultimi due decenni si è letto spesso: «è la
Chiesa il vero pedofilo». Una macchia, attribuita alla
persistenza della legge sul celibato per i sacerdoti cattolici di
rito latino, ed estesa, proprio per questo, a decine di migliaia
di chierici. In realtà, fonti non confessionali stabiliscono allo
0,3 per cento del clero la percentuale di infamia che si riferisce
alla Chiesa Cattolica. Una percentuale del tutto simile a quella
che colpisce i ministri di culto di altre confessioni religiose i
quali forse perché non cattolici e perché operanti in terre
anglosassoni, finiscono in tribunale ma vengono ignorati dai
giornali.
L’infamia di una parte
Una percentuale notevolmente inferiore alle condanne per pedofilia
inflitte agli educatori e agli insegnanti delle scuole pubbliche
statunitensi e irlandesi, i due Paesi dove la pruderie di Sex
crimes and the Vatican - il video che ha tanto eccitato Santoro e
i suoi - ha pescato, casualmente, nel torbido. È stato il Wall
Street Journal, in un editoriale di qualche anno fa, a
elencare, per stigmatizzare e rigettare, la spendibilità politica
a stelle e strisce della «grande prostituta». Sull'Unità
del 29 maggio una intervistatrice chiedeva a uno scrittore
anticattolico irlandese: «Di cattolicissimi restiamo solo noi
italiani: ci faccia sognare, ci dica, come è avvenuto nel suo
paese il crollo del cattolicesimo?». Il giornale per il quale
scrive la giornalista con i sogni, in teoria, si rivolge a un
elettorato che in un recente sondaggio si è dichiarato «credente»
al 70% e «praticante» per quasi il 30%.
Se qualcuno spera di tradurre politicamente l'infamia di una parte
del corpo clericale della Chiesa, moderando così la spinta verso
il centro intravista nelle ultime (e nelle future) tornate
elettorali, vuol dire che, almeno politicamente, non abbiamo più
argomenti.
Il «mistero dell’iniquità»
E che, nello specifico del problema pedofilia, ancora non vogliamo
dire realisticamente nulla; visto che, secondo i dati dell'Onu, è
un problema che colpisce circa 150 milioni tra bambini e bambine.
Le vere inchieste, quelle per cui vale la pena mettere in campo la
libertà di stampa, dovrebbero riguardare fenomeni come il turismo
sessuale, la pedopornografia, lo sfruttamento sessuale di
minori...
Proprio per questo motivo, è particolarmente importante che la
Chiesa ci dica con tutta sincerità come mai è successo che,
anche al suo interno, quel «mistero di iniquità» che Giovanni
Paolo II aveva riconosciuto nel mondo ha così pervicacemente
colpito. Dovrà dirci ancora, con parole credibili, come farà a
ricostruire quella fiducia tradita che tanti papà e mamme avevano
riposto nella loro Chiesa. Perché, al di là di ogni fatto
confessionale, l'immonda macchia della pedofilia ha gettato sulla
testimonianza della Chiesa quel «tradimento» definito e
stigmatizzato con dolore da Giovanni Paolo II, il Giovedì Santo
del 2002, il giorno del sacerdozio ma anche il giorno di Giuda, in
una memorabile omelia. Un tradimento, del tutto simile a quello di
Giuda, dell'umano che è in tutti noi.
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testo integrale tratto da "La Stampa" - 1 giugno 2007
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