Lo
chiamano «Makbarat Al Mefkudim», il cimitero dei perduti. Una
sorta di terribile memento della brutalizzazione, la versione
irachena del milite ignoto nella guerra civile. E' un grande
campo, circondato da filo spinato sulla strada tra Bagdad e le
città sante sciite di Najaf e Karbala. Ogni settimana alle
migliaia di tumuli si aggiungono un centinaio di tombe fresche. «Tanti
sono i cadaveri che rimangono privi di identità. Non possiamo
tenerli tutti nelle celle frigorifere, ogni sette giorni dobbiamo
farli seppellire», dicono i becchini dell'obitorio centrale a
Bagdad, controllato dagli sciiti.
Sulle
tombe non ci sono nomi. Solo un numero. All'entrata si trova una
sorta di casamatta presidiata dai soldati dell'Esercito del Mahdi,
la milizia dell'estremista sciita Moqtada Al Sadr. Sono loro che
si preoccupando di lavare i morti e seppellirli con le preghiere
del rito musulmano. E quotidianamente decine di auto arrivano
dalla capitale cariche di gente che vuole leggere il registro
nelle mani dei miliziani. A ogni numero corrisponde la foto del
cadavere con il giorno del ritrovamento. Ma sono poveri resti.
Sovente si guarda soltanto ai vestiti per cercare qualche cosa di
famigliare. Uno dei modi per provare a riconoscere l'identità è
il tipo di torture. Le vittime sciite dei sunniti sono spesso
maciullate dalle esplosioni, oppure sono state giustiziate in modo
sommario con un colpo alla nuca. I cecchini migliori sono ancora
sunniti, provengono dalle unità scelte del vecchio esercito
baathista. Da oltre un anno le milizie sciite sono comunque
passate al contrattacco. Ultimamente si sono specializzate con i
mortai. Le loro vittime sunnite in molti casi sono state
torturate: tagliati via naso, labbra, orecchie, spesso gli occhi,
qualche volta i genitali. E' stato per esempio il caso di diversi
tra 68 piloti assassinati della vecchia aviazione di Saddam
Hussein, che avevano partecipato ai bombardamenti sugli impianti
petroliferi iraniani durante la guerra degli anni '80. In segno di
sfregio, le milizie filo-Teheran li hanno prima evirati. Dalla
primavera 2005 si è imposta inoltre la «moda» del Black &
Deker. E non ha bandiera. I terroristi nei due campi, quando ne
hanno il tempo, prima di assassinare i loro prigionieri li
martoriano con il trapano. I media locali illustrarono con
immagini raccapriccianti la fine del celebre cardiologo sunnita
Abdel Qader Mahmud e di sua moglie nel luglio 2006. Furono
ritrovati coperti di sangue nel quartiere di Shole, le loro teste
perforate da parte a parte e legate assieme da un chiodo di ferro.
Come animali al macello.
Nel
«cimitero dei perduti» le famiglie sciite hanno relativamente
facile accesso al registro delle tombe. Quando la loro ricerca ha
successo, pagano cifre che variano tra i 100 e i 400 dollari a chi
si è preso cura dei loro cari. E se ne vanno dopo aver pianto e
scritto il nome sulla tomba. Ma per i sunniti la situazione è
diversa. Lo racconta Jassem Mohammad Khalil, che una settimana fa
non trovava il fratello ventenne Mohammad, ex soldato della
Guardia Repubblicana di Saddam scomparso mentre andava a fare la
spesa al mercato di Beiah. «Per tre giorni l'abbiamo cercato in
tutti gli ospedali sunniti. Alla fine abbiamo chiesto a Abdel Al
Yasser, un vecchio vicino sciita, di andare all'obitorio centrale.
Per noi è troppo pericoloso, i miliziani del Mahdi ci
prenderebbero. Con lui abbiamo un accordo. Lui verifica per noi
nelle istituzioni sciite e noi facciamo lo stesso in quelle
sunnite in caso lui abbia bisogno. Così ha individuato e
recuperato il cadavere di mio fratello. E noi non abbiamo dovuto
versare le centinaia di dollari che ormai chiedono regolarmente le
milizie nei due campi», spiega Jassem. E' il nuovo business sui
morti. Un giro d'affari in crescita, proporzionale all'incremento
del tasso di violenza quotidiano. Ultimamente il prezzo per il
recupero di un cadavere in un cimitero o un obitorio nel campo
opposto può toccare i 1.600 dollari. Per molte famiglie
impoverite dalla guerra rappresenta una cifra impossibile.
Se
è vero che studiare il modo di morire, i suoi riti, i suoi miti e
le sue rappresentazioni, costituisce uno dei parametri per
comprendere una società, alloca questi racconti non possono che
illustrare la catastrofe irachena. I gruppi dell'estremismo
utilizzano i telefonini per diffondere le loro «prodezze» e
incutere terrore. I filmati della morte arrivano via sms,
raggiungono internet.
Hanno
iniziato i sunniti legati ad Al Qaeda con le decapitazioni già
nel 2004. Ma gli sciiti sono stati ottimi studenti. Negli ultimi
tempi sono state messe in rete le immagini della fine dell'imam
della moschea sunnita di Shenshen, nel quartiere di Al Jihad.
Piedi incatenati, mani legate dietro la schiena. Cosparso di
benzina da un gruppo di uomini incappucciati di nero. Poi le grida
muoiono tra le fiamme, mentre i carnefici esclamano: «brucialo,
brucialo».