"Tempo Perso - Alla ricerca di senso nel quotidiano"

La nostra forza
di don Luigi Ciotti

      Se errare è umano, come si sa, perseverare è diabolico. Quando a farlo sono i governi, con quel cinismo della politica che guarda spesso a supposti interessi geopolitici e al business e quasi mai al senso di umanità e di giustizia, insistere nell'errore contro ogni evidenza diventa tragico e imperdonabile. Questo sta succedendo in Iraq da troppo tempo. Contrastarlo diventa allora un dovere, non solo una necessità di testimonianza. Ostacolare e bloccare quel tragico e sanguinoso errore va fatto innanzitutto con la ricerca e la proposta della verità, la quale ha in sé una forza straordinaria, che nessuna arma, nessuna tecnica di addomesticamento dei media, nessuna strategia di morte e volontà di potenza riuscirà mai davvero a impedire. Lo abbiamo visto, da ultimo, con la vicenda delle bombe al fosforo su Fallujah, che, a partire da RaiNews24, è diventata in breve una consapevolezza contagiosa in tutto il mondo. C'è un'informazione che rifiuta il bavaglio e che per questo paga un alto tributo. Nel 2005 sono stati uccisi 69 giornalisti. Nella sola guerra in Iraq, in tre anni, sono 99 gli operatori dei media caduti, 7 in questo mese. E basti pensare che in tutta la seconda guerra mondiale furono 69. L'informazione e la ricerca della verità sono determinanti e vitali, ma non bastano se poi non c'è mobilitazione delle coscienze e capacità di incidere nelle decisioni politiche. I popoli da sempre sono il vero granello di sabbia che inceppa quella catena di montaggio della morte costituita dalla guerra. Anche quest'anno è dunque necessario scendere in piazza a manifestare. Come faremo oggi a Roma. Come abbiamo fatto molte volte in questi anni, a milioni in tutto il mondo.

Non siamo sinora riusciti a fermare guerra e terrorismo, ma certo abbiamo seminato granelli di verità, che non mancano di crescere e irrobustirsi, avvicinando così il tempo della pace e della giustizia. Dall'inizio dell'occupazione in Iraq il terrorismo, che continua a fare strage di innocenti, è cresciuto in modo vistoso e devastante. Lo dicono gli stessi dati del Dipartimento di Stato Usa: i gravi attacchi sono quadruplicati nel giro di un anno e continuano a intensificarsi. Come una pianta maligna che trae alimento da una guerra ingiusta e da un'occupazione insostenibile, cui purtroppo si è prestato anche il nostro paese. Per fermare il terrorismo, che rischia di colpire anche le nostre strade, bisogna interromperne il nutrimento: bisogna fermare la guerra.

Questo grideremo a Roma, in una manifestazione pacifica e colorata, numerosa e nonviolenta. Con la ricchezza, questa sì potente, delle diversità che dialogano e si riconoscono, che tiene assieme movimenti e pezzi delle forze politiche, sindacati e associazioni, laici e credenti di religioni diverse. E non deve essere sottovalutato il contributo dei cattolici e della chiesa, che da subito ha sensibilizzato e mobilitato le coscienze contro la strage quotidiana che ha già ucciso decine di migliaia di civili, che ha alimentato le mafie del narcotraffico, del commercio di armamenti e del traffico di esseri umani e che è costata e sta costando cifre enormi, con le quali si potrebbero invece restituire dignità e futuro ai troppi poveri del mondo: solo negli Usa le spese per la Difesa - ma non sarebbe più onesto chiamarla «Offesa»? - il prossimo anno supereranno i 500 miliardi di dollari. Lo stesso papa Benedetto XVI, sin dal suo insediamento, ha mandato un messaggio forte e chiaro, quando ha spiegato di aver voluto scegliere il proprio nome per riallacciarsi idealmente a Benedetto XV, che definì la prima guerra mondiale una «inutile strage» e che, ha ricordato l'attuale pontefice, «fu coraggioso e autentico profeta di pace e si adoperò con strenuo coraggio dapprima per evitare il dramma della guerra e poi per limitarne le conseguenze nefaste», impegnandosi altresì a ricalcarne il percorso: «sulle sue orme desidero porre il mio ministero a servizio della riconciliazione e dell'armonia tra gli uomini e i popoli».

Pace, riconciliazione, giustizia. Sono valori alti e un programma chiaro davanti al quale le forze politiche non possono tirarsi indietro, né nascondersi dietro sofismi e calcoli elettorali.

* Presidente di Libera

testo integrale tratto da "Il Manifesto" - 18 Marzo 2006