"Tempo Perso - Alla ricerca di senso nel quotidiano"

 

Caro Scalfari,

 troppi pregiudizi

di PIERLUIGI CASTAGNETTI

Caro Scalfari, il suo editoriale di domenica 5 agosto sulla questione cattolica ha suscitato in me amarezza e preoccupazione. Amarezza perché dimostra come certa cultura laica continui a restare attaccata ai suoi confortanti pregiudizi quando parla di Chiesa e di cristiani rifiutando la fatica di mettersi in discussione.
Preoccupazione perché lei e la Repubblica non siete un semplice intellettuale e un giornale come gli altri per i lettori e gli elettori del centrosinistra e, dunque, quelle parole in qualche misura sembrano dare voce a un sentimento più o meno latente nell'animo del popolo della sinistra.
Mi pare che il suo ragionamento, questa volta più esplicito e provocatorio di altre, nasca da quel benedetto sondaggio dell'Ipsos. Sondaggio che ha detto ciò che tutti sapevano ma che fingevano di ignorare e cioè che una buona parte dei cattolici impegnati nelle elezioni del 2006 ha abbandonato il centrosinistra: dal 42% delle
precedenti elezioni sono passati al 26%. Dunque, di che cosa ci si dovrebbe preoccupare, sono così pochi! A me invece quel dato inquieta assai. Non dimentico che i voti dei cattolici delle parrocchie e del volontariato "fecero la differenza" nelle elezioni del 1996 e, dieci anni dopo, trasformarono invece una vittoria annunciata in una
"vittoricchia" e – io temo e lavoro perché ciò non accada – potrebbero fare definitivamente la differenza a favore del centrodestra nelle prossime.
Sarebbe una iattura, sicuramente per la Chiesa che si troverebbe schiacciata, parte tra le parti, sul centrodestra, ma nondimeno per la democrazia italiana che non sopporterebbe una regressione di decenni nella vita civile e politica.
Vedo che lei, caro Scalfari, ama molto il profilo economico di questa discussione: soldi, prebende, finanziamenti alle scuole cattoliche, otto per mille, eccetera. Qualcuno del mondo cattolico potrebbe risponderle in termini contabili cercando di dimostrare che la monetizzazione (se fosse possibile) del valore del lavoro dei preti, delle suore e dei volontari a favore della comunità nazionale è molto superiore a ogni cifra che si possa immaginare.
Ma non è questo che a me interessa. Interessa discutere del dato riguardante l'esistenza in Italia di una parte consistente dei credenti cattolici (dieci, venti per cento?), il cosiddetto mondo cattolico, che ritiene debba esservi un nesso fra la fede e i comportamenti politici e quando questo nesso non lo vede reagisce. 
Dall'altro lato sappiamo che esiste una parte rilevante del mondo laico che reclama a gran voce la "privatizzazione della fede", contestando non solo il diritto-dovere della Chiesa di pronunciarsi sui temi di rilevanza pubblica, ma la stessa correttezza dei comportamenti dei politici cattolici sospettati di essere condizionati dalla loro fede. 

Sospetto che ovviamente non viene sollevato a carico di chi sostiene, legittimamente e coerentemente con la propria cultura, posizioni diametralmente opposte.
È questa la questione? Allora discutiamone.
Personalmente auspico che il Partito democratico l'affronti con chiarezza e coraggio sapendo che la nuova questione cattolica deve fare i conti in primo luogo con la conoscenza rigorosa di una Chiesa cattolica che negli ultimi anni è cambiata e che – non fossaltro per indebolimento del sistema politico – ha finito per esercitare nella vita pubblica nazionale un peso oggettivamente rilevante (ma, sia detto per inciso, non è vero che anche altri mondi – sul versante
laico, per usare un eufemismo – pretendono, per di più in modo tutt'altro che trasparente, di esercitare un'influenza ben maggioresulle scelte del paese?). Ma nondimeno il Partito democratico dovrà fare i conti con la rilevanza culturale e politica che ha assunto la cosiddetta nuova questione antropologica: caro Scalfari, quand'è che
la sinistra italiana cercherà di capire cosa è successo nel referendum sulla legge 40 del 2005 ? Lei pone poi un altro tema a proposito del recente intervento "di sprovveduta ingenuità" di Romano Prodi su chiesa ed evasione fiscale.
È vero, c'è un problema, come diceva Moro, di «amore dello Stato» da parte dei cattolici. È lecito però chiedersi se il così diffuso disamore di oggi riguardi solo o principalmente i cittadini cattolici e solo o principalmente la loro cultura. Ciò che non mi pare discutibile, invece, è che nella loro fede almeno c'è un aggancio, un comandamento non ambiguo («a Cesare quel che è di Cesare a Dio quel che è di Dio») da cui è possibile ripartire per ricreare quel senso
del dovere di cittadinanza virtuosa che va oltre i limiti della prigionia culturale dell'esclusivo parametro dei diritti soggettivi.
Lei poi riconosce amabilmente alla cultura laica il merito di avere indotto, almeno in una parte dell'area cattolica, quella per intenderci del documento dei sessanta parlamentari in cui mi riconosco, il valore dell'autonomia e della responsabilità.
Mi consenta la civetteria di ricordare che nella nostra storia ci sono stati Sturzo, De Gasperi, Vanoni e Moro e soprattutto, c'è stato il Concilio che qualcosa in proposito avevano fatto e detto.
Caro Scalfari, non voglio certo farle cambiare idea ma, mi creda, in questo tempo in cui sembrano sciogliersi tanti legamenti civili ed etici e tutti più o meno lamentano la sindrome da spaesamento, è giusto – sia per lei che per me – attaccarsi alle proprie certezze, ma non lo è di meno evitare di sottovalutare o, peggio, buttare alle ortiche quella riserva di valori, testimonianze, coerenza, generosità e gratuità rappresentata dal mondo cattolico italiano. Dopotutto, anche rispetto alla politica, la fede non è un di meno, ma un di più.
Una ulteriorità che può giovarle, io credo soprattutto oggi.

 testo integrale pubblicato da  "Europa" 7  agosto 2007