"Tempo Perso - Alla ricerca di senso nel quotidiano"

Le cooperative agricole ripartono dopo gli attentati

Locri, il codice della festa contro l'intimidazione mafiosa

di Rosario Carello

Come reagisce un mafioso quando gli fanno la festa? Lo diciamo in senso letterale, non malavitoso: celebrare un evento, esprimere esultanza. Ieri la Locride ha festeggiato. E nella lotta alle cosche fa il suo ingresso il codice della gioia. Cinque mesi fa il "festino" era stato della 'ndrangheta. Barbari calati come lupi su un'azienda agricola sana, una cooperativa nata fra le pietre per impulso del vescovo Bregantini, in collaborazione con il Trentino Alto Adige, nel Progetto Policoro della Chiesa italiana. I barbari avevano calpestato la terra, avvelenato diecimila piantine di lamponi e illuminato la notte con il rogo di tutti gli impianti. Fuochi d'artificio con il lavoro e gli investimenti di 10 anni. Punivano l'alternativa. Che qualcuno si impegnasse a fondo nella legalità e smontasse l'idea che qui lo sviluppo è impossibile. Ma la festa dei barbari è durata pochi giorni. Da tutta Italia sono arrivati aiuti e contributi, addirittura più di quanto servisse, così si si sono potute finanziare altre iniziative, e investire ancora. Ieri l'azienda agricola "Frutti del sole" ha riaperto. Poteva farlo in silenzio. Lasciando che i barbari capitalizzassero per sempre il successo di 5 mesi fa e magari in futuro non disturbassero più. La vecchia Locride l'avrebbe fatto. Avrebbe avuto rispetto della "potestà" dei barbari. La nuova, no. La nuova Locride si è inventata la "Festa della ripiantagione" e in fondo alla valle, per solennizzare l'occasione, sono scesi in centinaia, qualcuno è venuto pure da fuori. Mai tanti forestieri, come si dice da queste parti. E se l'incendio aveva fatto parlare, la ripresa l'ha fatto di più. Se la distruzione era stata poco più che un fatto locale, la riapertura è diventato un evento nazionale. La novità non è soltanto la semina nella serra distrutta, bensì l'idea che l'avvenimento vada pubblicamente celebrato e accompagnato con allegria. Finora chi ricominciava lo faceva quasi in punta di piedi, qualcuno maledicendo la sorte, tutti confidan do più nelle statistiche (quanti attentati si possono ricevere in una vita?) che nella pubblica sicurezza. Ora è la leggerezza a minacciare la 'ndrangheta, e i barbari sono impreparati. Allenati a combattere basandosi sulla paura, non hanno armi contro la levità di una sera d'agosto in cui si fa festa perché ciò che era stato tolto è riconquistato. Non ci sono minacce contro i canti di una Messa, come quella celebrata ieri sera. Quali agguati contro le risa di una sera? Se il popolo smette le marce e gli striscioni (anche se non il timore) ed è il tempo dei sorrisi vuol dire che c'è una consapevolezza nuova. Una risata vincerà? Il codice della festa è potente, antimafioso per definizione, si propaga come la musica e fa comunità. Vince chi grida di più? Allora vince Locri, che canta.


 testo integrale pubblicato da  "Avvenire" -  24 agosto 2006