Ad
amare l’Africa, almeno a parole, siamo in tanti. Sempre di più.
Qualche anno fa, quasi quasi ci conoscevamo tutti. Ormai, invece,
non riusciamo nemmeno a contarci. Giornalisti, uomini di sinistra e
di destra, liberi pensatori, giovani e vecchi, organizzazioni
governative e non governative, turisti semplici o “solidali”,
governi nazionali, sopranazionali e più o meno imperiali, giovani,
donne, nonni, militari e ragazzi…E per un giornalista, il fatto
che possa essere un amore fatto prevalentemente o solo di parole può
essere forse una vaga attenuante, visti gli strumenti dello
specifico mestiere. E alcune medaglie al “valor africano” –
per carità, nessuno equivochi – vanno pure appuntate soprattutto
sul petto dei tanti che hanno testimoniato e testimoniano il loro
vero amore per il grande continente in condizioni spesso molto dure
e difficili, anche a rischio o con perdita della vita. Valga un nome
solo per tutti, al confine tra laici e consacrati: Annalena Tonelli.
Ma ieri quanto vuoto ‘bla-bla’, quanta ipocrisia, quanto
narcisistico compiacimento e quanti malcelati doppi e tripli
interessi, quanto affarismo individuale e collettivo, quanto penoso
pietismo in questo sbracciarsi e sgolarsi intorno all’Africa nel
giorno per essa comandato. Rispuntano qua e là antichi soloni
pontificanti, pseudo-saccenti politici e presunti esperti o
autonominati analisti mentre nell’ombra mandano mefistofelici
bagliori occhi lustri di cupidigia e speranzosi di nuovi e finora
trascurati ‘business’. In fondo è nelle umane cose che sia così.
Eppure cogliere i segni di queste cospicue tracce inquinanti, nuovi
seguaci più o meno coscienti di coloro che spudoratamente da tempo
abusano in ogni modo dell’Africa, vedere ingrossarsi e sentir
rumoreggiare le schiere di chi poi è pronto ad ingigantire le pur
grandi piaghe del continente per scopi più o meno confessabili,
tutto questo fa pensare. E può generare sconforto, tristezza. Certe
volte, per intristirsi, basta sentire i toni superficiali, sciatti o
roboanti con cui taluni parlano d’Africa, soprattutto con
insopportabili luoghi comuni e frasi fatte come quelle di molti
afro-pessimisti, ma anche di alcuni afro-ottimisti dell’ultimora.
Tra le grandi voci genuine e convincenti sentite ieri, levatesi alte
e cristalline sul fastidioso brusio degli africanologi e
africanofili ‘della mutua’, a parte quella di Kofi Annan, in
questa notte post-africana (ma ce n’è mai davvero una così
definibile?) mi consolo con quelle pacate ma ferme, serie e concrete
del presidente Carlo Azeglio Ciampi (“Va infine affrontato il
problema del debito….” - vedi anche notizia e “pensiero del
giorno” della MISNA). Che facevano eco, dall’altra parte del
Tevere, a quelle di Benedetto XVI che in pochi giorni di papato ha
già fatto più volte riferimento all’Africa e ieri, oltre a
ricevere alcuni uomini di stato africani, ha aggiunto “pensieri e
preghiere” per l’”amato popolo africano”, incoraggiando le
istituzioni cattoliche a “prestare generosa attenzione” alle
necessità dell’Africa e la comunità internazionale a occuparsi
“sempre di più dei problemi del continente africano”. Ecco
perché forse, nonostante tutto, proprio come Daniele Comboni
scriveva dal Cairo già nel 1870, “favorevoli circostanze sorte di
questi dì senza essere state previste, pare vogliano assicurarci da
parte della Provvidenza che l'ora della salute è suonata anche
pella povera Nigrizia”. E allora, messi da parte i lamenti, almeno
a Roma, avviamoci tutti a vivere questi ultimi giorni di gran finale
di “Italia-Africa 2005”, una manifestazione d’amore unica al
mondo nel suo genere, fortemente voluta sì dal sindaco Walter
Veltroni ma rimasta in gran parte genuina, spontanea e partecipata
come nella prima edizione. Quanti saremo sabato prossimo in piazza
del Popolo per il concerto e la manifestazione finale? Ma sì,
venite tutti…anche i meno genuini forse, tra musica e sorrisi, si
convertiranno.
(Pietro
Mariano Benni)[MB]