Il popolo della pace dice NO alla guerra

di Gregorio Battaglia

Barcellona ha espresso in modo corale il proprio dissenso dalla linea del governo italiano che si è schierato decisamente dalla parte di Bush e di tutti coloro che hanno interesse a fare questa guerra. In questo senso la nostra città non è stata lontana dal sentire generale del paese, che nella manifestazione di Roma ha fatto sentire il proprio orientamento e le proprie preoccupazioni.

L’aspetto nuovo della mobilitazione cittadina è dato soprattutto dall’aver visto convergere sulla stessa posizione di condanna di questa guerra e di richiamo ai valori della Costituzione italiana una bella fetta del mondo cattolico legato a parrocchie e ad associazioni e le tante anime della società civile al di là dei vari schieramenti. Se si tiene conto della resistenza che generalmente le parrocchie oppongono ad iniziative che non sono riconducibili ad aspetti devozionali, la manifestazione di sabato 15 febbraio va considerata come un grande successo e come segnale che l’influenza dei mezzi di comunicazione non è poi così totale da riuscire ad annebbiare completamente le menti delle persone.

Il documento preparato da parrocchie ed associazioni ha ricevuto più di duemila adesioni, che sono state inviate al Presidente della Repubblica e al Presidente del Consiglio, ed allo stesso tempo la petizione popolare promossa da Emergency (e sostenuta a Barcellona dal Comitato per la pace) è stata sottoscritta da un buon numero di persone.

Di fronte a questa evidente voglia di esprimere la propria volontà in merito a scelte che sono di tutti e che sono capaci di condizionare in modo negativo il prossimo futuro, fa certamente pensare la lontananza del governo dal sentire della gente. Sembra che la guerra sia un affare dei vertici pensanti dello Stato e che al cittadino competa soltanto di accettare le decisioni che altri hanno preso per il suo bene, anche se lui non riesce a rendersene conto.

Ciò che suscita ancora più stupore è che governi che hanno fatto dei sondaggi il metro per valutare e adeguare le loro scelte, nel caso di questa guerra hanno capovolto il loro atteggiamento cercando di asservire tutti i mezzi di comunicazione al fine di convincere la cosiddetta “gente” o “pubblico” che c’è un corso ineluttabile degli eventi che non si può fermare. Ed in più, per meglio far digerire la scelta di una guerra, si ricorre al grande stratagemma di dividere il mondo in americani e terroristi. Ognuno deve sapere che non ci sono vie di mezzo: o si è americani, e quindi buoni, civili, democratici, progrediti; o si è terroristi, e quindi diversi, contro il progresso, contro la democrazia.

Se nel delirio dei governi occidentali non c’è altro modo di garantire l’ordine mondiale se non per mezzo di guerre preventive, a cosa possono servire le manifestazioni già fatte e quelle che si pensa di programmare? Credo che sia onesto porsi questi interrogativi per non dover vivere una seconda frustrazione davanti alla determinazione di chi oggi ha in mano le leve del potere e che con fare arrogante ritiene che non ci sia altra scelta se non quella di essere americani.

Se ha un senso continuare a prendere iniziative in favore della pace e contro lo stesso concetto di guerra preventiva, tutto questo non può essere legato a risultati immediati. L’impegno deve essere visto intanto in funzione di noi stessi, in quanto ci può rendere più sensibili a prendere le distanze da un modo violento di concepire i rapporti economici e quelli tra persone e tra popoli ed allo stesso tempo a far lievitare nel cuore di tanti il gusto della “convivialità delle differenze”.

pubblicato da "La Città di Barcellona Pozzo di Gotto" - Marzo 2003