"Tempo Perso - Alla ricerca di senso nel quotidiano"
L´INTERVISTA
Bindi: così crea distanza con la gente mi fa soffrire"
ROMA
- Bussano. "Cosa c´è, un´altra scomunica?", domanda Rosy
Bindi. No, questo è un mazzo di fiori: il biglietto porta la firma di un´attrice.
Sollievo, breve pausa per un succo di frutta. Sul tavolo del salottino del
ministro le notizie del giorno. In cima: il Papa "preoccupato".
Lui personalmente, Benedetto XVI. Subito sotto l´agenzia di stampa dei
vescovi, poi l´Osservatore romano, poi Radio vaticana: �i Dico
sono una minaccia per la società´. In coda Mastella. "Radio
vaticana ha solo trasmesso un commento di D´Agostino, il presidente dei
giuristi cattolici..." Ministro Bindi, possiamo anche minimizzare ma
si tratta di un´offensiva formidabile e univoca, il Santo Padre in testa.
"Non voglio minimizzare. Cosa vuole che le dica? Ogni giorno ha la
sua pena". Cosa risponde al Papa? "Non sono abituata a
rivolgermi direttamente a Lui. Non nego che per me sia un momento di
grande sofferenza. La maggiore è quella dell´incomprensione. Abbiamo
scritto una legge giusta che tutela i più deboli, riconosce diritti alle
persone discriminate e non crea nessuna figura giuridica che possa
attentare alla famiglia. Non è negando diritti e doveri a chi è in
difficoltà che si difende la famiglia. Soffro come credente prima che
come politica". Soffre del fatto che la Chiesa sia arroccata su
posizioni distanti dal sentire comune persino di molti cattolici? "E´
così. Mi domando perché una Chiesa che assolve in confessionale e che
vive accanto a chi ha bisogno poi invece nella sua parola appaia sempre
giudicante. Questo crea una distanza. L´insegnamento cattolico dice un´altra
cosa: parla di valore della giustizia, di pace, di libertà personale, di
accoglienza appunto persino nell´errore. Di carità e di
misericordia". Viene in mente il funerale negato a Welby. "Ecco:
c´erano gli estremi per dire di no, la decisione era corretta. Proprio
per questo sarebbe stato possibile dire di sì, in qualche forma: si
sarebbero capiti meglio i motivi del no, sarebbe stata chiara la grandezza
della Chiesa. La strada per comunicare la verità è la misericordia. La
strada per cercarla è il dialogo". Lei ha detto che il momento in
cui ha capito di dover andare avanti da sola è coinciso col "non
possumus" dei vescovi. "Certo. Io ho parlato in questo mese con
tutti: con le associazioni degli omosessuali, dei notai e degli
avvocati..." ...con il segretario della Cei Betori, col ministro
della famiglia della Santa Sede Trujillo... "Con tutti, e
assiduamente con il mio mondo di riferimento come è normale. Con Trujillo
abbiamo avuto rapporti istituzionali fra ministri. Poi però quando il
dialogo si interrompe unilateralmente resti da solo: sono momenti
difficili in cui devi fare appello alla tua coscienza. Sto andando adesso
alla messa in ricordo di Bachelet, un vero laico cristiano. Diceva:
bisogna essere autenticamente figli della Chiesa e cittadini del proprio
Stato". Cosa le ha detto Prodi il giorno del �non possumus´?
"Ci siamo detti andiamo avanti. Era molto sereno". Non teme che
essere �scomunicata´ dalle gerarchie possa accreditare altri, nel
suo partito, come referenti del Vaticano? "Un politico non deve
sentirsi il referente di nessuno. Il mio riferimento è il Paese, certo
anche il mondo cattolico che fa parte del popolo italiano. Mi sento un´erede
della Dc: era un partito di cattolici ma un partito laico. E´ lì che ho
imparato". Come va con Rutelli? "Abbiamo avuto momenti di
discussione animata giusto fino a ieri. Ora meglio. Abbiamo raggiunto uno
scopo comune: non volevamo creare una figura giuridica alternativa al
matrimonio. Questo è". Da sinistra dicono: troppo poco. Il progetto
iniziale prevedeva un registro delle convivenze, questo testo certifica
quel che già esiste. Si va all´anagrafe e si mette una postilla:
"convivenza affettiva". "Non è affatto poco. Si assegnano
diritti ai più deboli: pensi al convivente che non lavora, a quelle
coppie in cui uno dei due non può o non vuole sposarsi, a due sorelle
anziane, a una coppia di omosessuali a cui sinora nessun diritto e dovere
era riconosciuto. A una zia e una nipote, ho qui una lettera, ecco: una
zia e una nipote che vivono come madre e figlia da trent´anni". Nove
anni per attivare il diritto alla successione sono molti. "Sono un
anno meno di un mutuo decennale. Si parla di trasferimento di beni in caso
di morte". Da destra dicono che così eredita il convivente e non i
figli di un eventuale precedente matrimonio, che per attivare diritti
bisogna assumersi responsabilità: sposarsi, insomma. "E´ falso. I
figli ereditano sempre la quota legittima. Tra l´altro se i nuovi
conviventi si sposassero i figli precedenti erediterebbero di meno. E
comunque c´è chi non può e non vuole sposarsi ma non per questo il
legame può essere ignorato". Lei farebbe un Dico? "Con mia
sorella, coi miei nipoti. Lo farei, ma io non ne ho bisogno. Le coppie
omosessuali celebri e potenti non ne hanno. Dobbiamo uscire dall´ipocrisia:
in questo paese chi se lo può permettere vive come vuole. E´ chi non ha
tutela che deve essere protetto". Lei crede che l´offensiva della
chiesa si trasformerà in una campagna paragonabile a quelle contro il
divorzio e l´aborto, o anche solo all´opposizione di piazza a Zapatero?
"Io non sono Zapatero, come è del tutto evidente. Questa legge fa
riferimento all´anagrafe istituita da Tambroni nella Dc degli anni
Cinquanta. Mi auguro davvero che non ci siamo campagne, sarebbe
anacronistico. Credo che nel dibattito parlamentare potremo dimostrare che
diamo qualcosa a qualcuno senza togliere niente a nessuno". La verità:
quanto ha pesato la sfida del Partito democratico? "Ha pesato. E´
stata una prova di dialogo, di responsabilità politica e di laicità.
Senza questi tre elementi il Partito democratico non si può fare".
Un lavoro di donne, ha detto anche. "Sicuro. Gli uomini devono sempre
marcare il territorio e segnare il �più uno´. Chi vince chi
perde, ha presente? Le donne meno: hanno in mente il risultato". testo integrale pubblicato da "La Repubblica" - 10 febbraio 2007 |