"Tempo Perso - Alla ricerca di senso nel quotidiano"

 Il vero senso dell’eucaristia

di Enzo Bianchi

Il primo ministro spagnolo Zapatero, in occasione del viaggio di Benedetto XVI a Valencia per il raduno mondiale della Famiglia ha salutato il papa al suo arrivo, lo ha incontrato in un colloquio personale, ma non ha partecipato alla celebrazione eucaristica da questi presieduta di fronte a un milione di cattolici. Un diniego che ha scandalizzato molti, suscitando voci di deplorazione: in verità queste voci sono state più di non cattolici, di “cattolici atei”, in ogni caso di persone che non confessano la fede in Gesù Cristo il Signore, che non di credenti. Si è detto e scritto: “E’ stato un grosso errore politico”, “un modo infantile per enfatizzare la differenza”, “una scelta di rottura anche rispetto all’atteggiamento di atei come Fidel Castro o di capi di stato islamici”, “un atto di scortesia diplomatica”, “un gesto di laicità contrapposta alla religione”... oppure si è voluto intentare un processo alle intenzioni, insinuando che Zapatero abbia voluto evitare di essere fischiato: ma se a questo avesse portato la sua presenza, avremmo avuto una chiara manifestazione di che cosa può diventare oggi un’assemblea eucaristica!

E’ sempre più triste per chi è credente e si sente legato alla grande tradizione della chiesa il constatare l’ormai sempre più raro sensus fidei. Dalla formazione cristiana ricevuta prima del concilio e dalla sua ripresa nel Vaticano II, noi cattolici avevamo imparato che la celebrazione eucaristica è il “mistero della fede” per eccellenza, da celebrarsi con serietà somma e con timore grande. L’eucaristia non è di per sé “opera missionaria”, una fonte della missione, come ben ricordava l’allora cardinale Ratzinger in un intervento al Congresso eucaristico di Bologna: “In quale senso si può parlare dell’eucaristia come origine della missione? Non nel senso che l’eucaristia sarebbe una specie di azione di propaganda, attraverso la quale si cerca di acquisire uomini al cristianesimo. Se si fa questo, si rovina sia l’eucaristia sia la missione”. Per sua natura, infatti, essa va celebrata come la celebrò Gesù, nella “sala superiore”, cioè al cuore della chiesa, non come rito o spettacolo da ostentare di fronte ai non cristiani. Proprio per questo, fin dai primi secoli del cristianesimo, alla prima parte della celebrazione, la “liturgia della Parola”, erano sì ammessi i catecumeni (cioè coloro che si preparavano a ricevere il battesimo), ma costoro erano invitati a lasciare l’assemblea al momento della celebrazione dei santi misteri. Forse a molti è sfuggito che è precisa volontà di Benedetto XVI che al momento della distribuzione della comunione si ricordi a quanti assistono alle celebrazione eucaristica che solo ai cristiani è permesso comunicarsi.

Invece ultimamente, contro lo spirito e il dettato della riforma liturgica, l’eucaristia è celebrata in occasione di funerali, di stato e non, o di manifestazioni pubbliche con la partecipazione di non credenti nelle prime file. Si sono addirittura visti alcuni di loro, che si professano atei, comunicare al corpo e al sangue del Signore e poi, interpellati su quel gesto, li è sentiti rispondere che lo avevano fatto “per solidarietà”. Sappiamo che un simile comportamento appare normale e comunque profittevole a chi auspica una “religione civile”, ma così si offende il sensus fidei dei cristiani e si rende un cattivo servizio all’annuncio del vangelo. Invece – sono ancora parole del cardinal Ratzinger – “proprio quando l’eucaristia viene ben celebrata, ‘nella sala superiore’, nell’ambiente interiore di una fede reverente senza altri fini se non quelli di compiacere a Dio, ne scaturisce la fede”.

Potremmo chiederci se, nei casi in cui appare inevitabile che anche dei non credenti presenzino a celebrazioni cristiane, non sia opportuno pensare a forme liturgiche diverse dalla celebrazione eucaristica. Non sappiamo il motivo per cui Zapatero non ha partecipato all’eucaristia presieduta dal papa, ma in ogni caso i credenti autentici non si sentono offesi: sanno che devono custodire con amore e discrezione il dono grande che il Signore ha fatto loro a favore di tutti gli uomini e che devono celebrarlo in modo tale che non rischi di degenerare in ostentazione celebrativa che ne offuscherebbe la dimensione di fede.

 testo integrale pubblicato da  "La Stampa" - 16 luglio 2006