"Tempo Perso - Alla ricerca di senso nel quotidiano"

Musulmani e cristiani insieme nel tempio

di KHALED FOUAD ALLAM

Il viaggio di Benedetto XVI non è soltanto un viaggio nella Turchia, nell´Islam o nelle relazioni fra islam e cristianesimo: è un passaggio che porta con sé una massa storica sconvolgente. Perché in questo preciso momento storico la scelta del Papa assume una forza e una responsabilità che sarà determinante nelle relazioni storiche fra islam e cristianesimo, e per il futuro di quelle relazioni in un mondo totalmente cambiato dopo l´11 settembre 2001, e in un contesto che ha visto negli ultimi anni il progressivo degradarsi delle relazioni tra Islam e Occidente.degradarsi che molti hanno vissuto attraverso le guerre, i conflitti, e la convivenza quotidiana con la diaspora musulmana in Europa. Tutte le cronache locali vanno in un´unica direzione: come instaurare e costruire una relazione con l´Islam, con i musulmani. Così le questioni del velo e della costruzione delle moschee hanno scandito in questi ultimi anni il ritmo, le preoccupazioni, l´intensità del dibattito fra l´Islam e l´Europa. Certo, questo viaggio si inscrive in realtà nella prospettiva già tracciata da Giovanni Paolo II, che fu il vero architetto di un rapporto con l´Islam, colui che ne intuì la necessità. Già nel 1985, durante il suo viaggio a Casablanca in Marocco, Giovanni Paolo II tenne un celebre discorso di fronte alla gioventù marocchina: «Cristiani e musulmani, ci siamo generalmente mal compresi, e qualche volta nel passato ci siamo opposti e anche sfiniti in polemiche e in guerre... ». Oggi il dialogo non è più solo una necessità, è un´urgenza dei nostri tempi. Ma il dialogo ha bisogno di fondamenti, e dopo il tracciato architettonico deve venire la costruzione delle fondamenta su cui il dialogo dovrà basarsi, in un mondo che però è totalmente cambiato, che è oggi un mondo plurale, un mondo che vuole coniugare democrazia e pluralismo. In una intervista al settimanale francese La Croix, Benedetto XVII affermava: «La Chiesa vuole continuare a costruire dei ponti di amicizia con i fedeli di tutte le religioni, affinché si possa trovare il vero bene in ogni persona e nella società nel suo insieme (...) in un mondo spesso segnato dai conflitti, dalla violenza e dalla guerra». Il Santo Padre sa benissimo che le religioni ci aiutano a gestire una quantità di violenza costante, inerente all´insieme al quale apparteniamo, e sa che spesso noi stessi non dominiamo la violenza che ci affligge. Il gesto del Santo Padre, che si raccoglie in preghiera nella splendida Moschea blu costruita dal sultano Ahmed nel 1600, va in questo senso: il suo gesto ha la valenza di un gesto individuale ed ha però una portata collettiva, una portata storica. E´ attraverso la preghiera che si giunge alla pace: e laddove le contraddizioni delle opposizioni storiche si sono territorializzate, si sono fatte frontiera. Nemmeno il suo predecessore, quando fu invitato nel 2001 alla moschea di Damasco, si mise a pregare ma ascoltò umilmente il discorso del gran Muftì di Damasco e la parola coranica affermando così il mistero di ogni rivelazione. Credo che la preghiera intesa in questo senso non rappresenti assolutamente un cedimento ad un facile ecumenismo che spesso non ha aiutato il dialogo; essa è invece un punto di partenza, un momento di fondazione. La preghiera cristiana quando si rivolge a Dio nello spazio di una moschea simbolica come quella blu, stabilisce che l´incontro è possibile solo se si è consapevoli della propria identità, e che quest´ultima non rappresenta un freno, ma un´apertura. La preghiera annuncia qualcosa, e a quel qualcosa riferisce un bell´articolo di padre Maurice Boormans che fu professore al Pontificio Istituto di Studi Islamici a Roma, articolo dal titolo «Cristiani e musulmani hanno qualcosa da dire o da dare insieme nel mondo di oggi?». Di fronte a una visione pessimistica dell´uomo di oggi che cede alla propria violenza, cede alla distruzione, perché pensa che comunque le relazioni fra l´Islam e il cristianesimo siano impossibili, la fondazione e la costruzione di un dialogo ci dice che insieme si può rendere migliore questo nostro mondo in preda alle ingiustizie, alla discriminazione e al fanatismo. Certo, anche se molte ombre pesano oggi sui rapporti fra Islam e Occidente, il testo del Santo Padre rinnova la possibilità di un dialogo. Quando la Spagna era sotto dominio islamico, nella moschea di Cordoba i musulmani avevano lasciato uno spazio per i cristiani affinché potessero pregare anche loro. Oggi abbiamo bisogno di questi gesti positivi: per i nostri figli, per il mondo che lasceremo.

 testo integrale pubblicato da  "La Repubblica" - 1 dicembre 2006