"Tempo Perso - Alla ricerca di senso nel quotidiano"

Tragedia umanitaria

Ascoltiamo il grido che viene dal Darfur

di Giulio Albanese

La tragedia del Darfur continua nell'indifferenza del mondo. Ogni giorno persone innocenti subiscono violenze e vengono uccise, in totale impunità, da schiere di miliziani, mentre fame ed epidemie minacciano i sopravvissuti, ammassati nei campi profughi.
Si tratta di un'umanità ridotta allo stremo: bambini, donne e anziani sacrificati da coloro che compiono, ispirano o permettono un genocidio nel cuore dell'Africa. Tutto ciò mentre l'interesse dell'opinione pubblica internazionale sembra orientato altrove, complici i grandi network d'informazione, impegnati su altre crisi.
Sul piano diplomatico prosegue il botta e risposta fatto di accuse, minacce, temporeggiamenti e falsità tra l'Onu e le autorità sudanesi, che si ostinano a rifiutare ogni interferenza straniera sul proprio territorio. È di queste ore la notizia secondo cui la bozza di risoluzione proposta dal rappresentante britannico al Consiglio di Sicurezza, la quale prevede l'invio nella regione di 17mila soldati e 3mila poliziotti, è stata seccamente respinta dal Congresso Nazionale, il partito sudanese al potere, responsabile di gravi violazioni dei diritti umani. E, come se non bastasse, la mattanza del Darfur indebolisce l'Unione africana, che assiste inerte alle violenze, benché un suo (fantomatico) contingente sia dispiegato sul campo, militarmente e politicamente incapace di garantire la sicurezza dei civili.
La galleria degli orrori s'arricchisce, purtroppo, ogni giorno. Nei vasti territori del Sudan occidentale è tuttora consuetudine, da parte delle fazioni belligeranti, reclutare, rapire e assassinare anche i bambini, pure esposti agli abusi sessuali nelle scorribande dei guerriglieri. Lo ha denunciato il segretario generale dell'Onu Kofi Annan in un rapporto che punta il dito rispettivamente contro le forze armate regolari di Khartum e la milizia filogovernativa dei Janjaweed («diavoli a cavallo»), composta da predoni appartenenti alla "etnia estesa" dei Baggara, che comprende vari gr uppi semi-nomadi. Da sempre queste tribù arabe hanno ridotto in schiavitù le popolazioni nilotiche "nere", scagliandosi contro chiunque si opponga al regime sudanese.
L'amministrazione americana e il governo britannico hanno invitato martedì scorso le autorità di Karthum a un incontro a porte aperte con rappresentanti di Nazioni Unite, Lega araba e Organizzazione della conferenza islamica. Ma sono in molti ad esprimere scetticismo sul possibile successo di questa iniziativa, anche perché Khartoum, godendo della protezione del governo cinese e di alcuni Paesi arabi, si oppone fermamente all'invio dei caschi blu nel Darfur, temendo che ciò possa portare all'arresto di personaggi eccellenti del regime.
Ancora una volta la "real-politik" delle cancellerie, fatta di meschini compromessi legati non secondariamente a forti interessi economici - il Sudan Occidentale "galleggia" sul petrolio -, sembra soffocare le ragionevoli e legittime istanze degli illuminati assertori della pace e della giustizia, esponenti autorevoli della società civile sudanese, in cui militano instancabilmente le Chiese cristiane.
Il grido di dolore che giunge dal Darfur merita dunque, oggi più che mai, l'attenzione e l'impegno della comunità internazionale

 testo integrale pubblicato da  "Avvenire" -  25 agosto 2006