"Tempo Perso - Alla ricerca di senso nel quotidiano"
Cattolici e islamici ai funerali di suor Leonella Fianco a fianco le saranno piaciuti di Giulio Albanese Suor Leonella è morta insieme alla sua
guardia del corpo, un uomo di fede islamica. In apparenza potrebbe
sembrare una strana coincidenza del destino, eppure, a pensarci bene, ci
troviamo di fronte a un misterioso segno della Provvidenza. È in fondo
questo il forte messaggio lanciato ieri da monsignor Giorgio Bertin,
arcivescovo di Gibuti e amministratore apostolico di Mogadiscio. Il
presule ha infatti rilevato, nel corso della sua toccante omelia, come
cristiani e musulmani potendo morire insieme, possano anche vivere
insieme. testo integrale tratto da "AVVENIRE" - 22 SETTEMBRE 2006 ----------------------------------------------------- Lei e le consorelle consapevoli del pericolo che correvano Suor Leonella con gli occhi spalancati lungo i sentieri del martirio di Giulio Albanese Suor Leonella sapeva molto bene che
stando a Mogadiscio avrebbe rischiato la vita. Eppure è rimasta al suo
posto, assieme a quel minuscolo drappello di consorelle che da anni si
prodigano a servizio dei più poveri e abbandonati. Per chi le ha viste
all’opera nell’orfanotrofio Sos Kinderdorf o prodigarsi nel vicino
ospedaletto di pediatria, sembrano essere una sorta di piccolo manipolo
"non violento" di caschi blu di Dio col velo in testa, una
straordinaria forza d’interposizione evangelica dispiegata per seminare
i germi di una nuova umanità. Lungi da ogni forma di proselitismo, suor
Leonella ha testimoniato l’amore di Dio, in quella remota periferia del
mondo, dimenticata da tutto e da tutti, non lontano dal tristemente noto
“check-point pasta” in cui nel luglio del 1993 morirono tre soldati
del nostro contingente di pace. In fondo ciò che stava davvero a cuore a
suor Leonella era il riscatto di quella umanità dolente immolata
quotidianamente sull’altare dell’egoismo umano dai famelici Signori
della guerra. «Dulce et decorum est pro patria mori», scriveva Orazio:
«è cosa dolce e degna morire per la patria». Ma per questa missionaria
della Consolata il sacrificio della vita è andato ben oltre l’eroismo
avendo il suo impegno un orizzonte molto più ampio, quello della fede.
Vengono alla mente le parole del beato Charles de Foucauld: «Appena ho
creduto che c’era un Dio, compresi che non potevo fare altrimenti che
vivere solo per Lui». Di questa stoffa sono fatti i martiri come suor
Leonella. Ecco perché sarebbe auspicabile che l’Italia rendesse omaggio
a questa nostra connazionale la quale ha camminato lungo il sentiero del
martirio, in quella terra dove sono già caduti altri missionari – ahimè
in gran parte ignorati dalla grande stampa – del calibro di monsignor
Salvatore Colombo (1989), padre Pietro Turati (1993), la dottoressa della
Caritas Graziella Fumagalli (1995) e la missionaria laica Annalena Tonelli
(nel vicino Somaliland, 2003). Tutti uomini e donne che han no reso onore
al nostro Paese affrontando gratuitamente, senza alcuna protezione di
sorta, ogni rischio e avversità nel nome di una fraternità universale,
unico vero antidoto ai fautori della violenza. Quello che caratterizza la
celebrità mondana è la visibilità nel regno dell’effimero, mentre nel
caso di queste sentinelle della carità, cadute nella vigna del Signore,
ciò che davvero contava più di tutto era la visione di un mondo
capovolto, quello delle Beatitudini. Affidandosi completamente a Dio
queste anime hanno superato l’inevitabile paura della morte. Non a caso
nel libro dell’Apocalisse leggiamo che i martiri «hanno vinto
l’Accusatore dei nostri fratelli, colui che li accusava davanti al
nostro Dio giorno e notte». Essi hanno infatti cancellato ogni sospetto
sull’autenticità della loro fede attraverso un sacrificio totale che
non poteva garantire loro alcun effimero vantaggio. Una cosa è certa. Le
missionarie della Consolata presenti in Somalia sono sempre state
“venerate” dalla loro gente. Si tratta di uomini, donne, vecchi e
bambini i quali, sebbene pratichino rigorosamente la fede islamica e
alcuni addirittura nutrano sentimenti di avversione nei confronti
dell’Occidente, hanno saputo cogliere nella testimonianza di queste
nostre connazionali uno straordinario messaggio di speranza. È vero,
domenica alcune menti perverse hanno aperto il fuoco contro suor Leonella,
proprio come avvenne agli altri missionari falciati impunemente dalla
violenza jihadista. Ma sarebbe ingiusto fare di tutte le erbe un fascio,
pensando che in Somalia – Paese senza Stato dal lontano 1991, quando
cadde il regime di Siad Barre – siano tutti pervasi dalle folli dottrine
degli assertori della guerra santa. Perché tutti sanno, a Mogadiscio e
dintorni, che le suore della Consolata hanno conquistato il cuore della
popolazione soccorrendo i più bisognosi, facendosi incondizionatamente
“prossime” ai più deboli, come il Buon Samaritano. Non a caso, un
anziano del quartiere di Huriwa avev a saggiamente ammonito che se un
giorno la Somalia avesse perso queste religiose, il Paese sarebbe rimasto
come un cielo senza stelle. testo integrale tratto da "AVVENIRE" - 20 SETTEMBRE 2006
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