«Un no in nome dei poveri»
Parla Alex Zanotelli: il pericolo maggiore? Quello atomico
A. MAS.
ROMA
«Come missionario comboniano, dopo aver vissuto nella spaventosa baraccopoli di Korogocho, in Kenya, il mio punto di vista è quello dei poveri. E dopo aver visto tanta disperazione, non posso dire sì alla guerra». Otto anni da missionario in Sudan, prima dell'espulsione a causa della solidarietà al popolo Nuba, e altri 12 in Kenya hanno spinto Alex Zanotelli, veronese diplomato in teologia negli States, ad impegnarsi dalla parte dell'80 per cento della popolazione mondiale, quella che vive al di sotto della soglia di povertà ed è spesso vittima di guerre e carestie. E contemporaneamente a denunciare i traffici di armi, gli affarismi della cooperazione allo sviluppo e l'apartheid sudafricano.
Padre Zanotelli, quali rischi presenta secondo lei questa «guerra preventiva»?
Innanzitutto quello atomico. In un documento di Pax Christi americana, sottoscritto da 242 vescovi, si denuncia come gli Stati uniti si apprestino a sperimentare nuove armi nucleari, in barba a tutti i trattati. A questo è connesso un rischio ecologico: dove butteranno le armi obsolete? Inoltre, la guerra sarà percepita nel mondo islamico come un conflitto tra l'Occidente e il loro mondo. Con conseguenze devastanti.
Cosa può fare un movimento pacifista per opporsi ad essa?
Noi vogliamo utilizzare un processo democratico, vogliamo vedere l'Italia imbandierata di stracci bianchi per la pace. Così potrà anche darsi che l'Italia decida di scendere in guerra, ma lo dovrà fare sapendo che c'è la maggioranza degli italiani che dice no. Purtroppo, temo che Berlusconi voglia fare questa guerra.
Un anno fa, subito dopo Genova, lei scrisse una lettera sulla non violenza come unico elemento discriminante rispetto alla partecipazione agli appuntamenti del cosiddetto «movimento dei movimenti». Fra poco più di un mese, a Firenze, il Forum sociale europeo scenderà in piazza contro la guerra. E c'è già qualcuno che gioca ad alzare la tensione.
Su Genova io penso, come ha scritto Amnesty international, che sia stato il più massiccio esempio di violazione di diritti umani in Europa. Mi dispiace soltanto che alcuni si siano prestati a questo gioco, cosicché nella gente comune è passato il messaggio che i no global sono degli sfasciavetrine. Ora, se noi lavoriamo per un sistema alternativo, bisogna cominciare dal rifiuto della logica della violenza. Non è tatticismo, ma una scelta fondamentale. O facciamo questo scatto o moriremo. Capisco che, se è difficile far passare questo concetto nella chiesa, figurati all'interno di un movimento così vario.
testo integrale tratto da "Il Manifesto" - 28 settembre 2002