Prima gli affari, poi l'ambiente


Dietro le quinte Il documento "informale" di Usa e Ue: aiuti solo ai paesi che attuano le riforme economiche. Consigliate dal Wto

di MARINA FORTI
INVIATA A JOHANNESBURG


L'esibizione musicale della vigilia non è bastata a sollevare il tono del Vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile, che ieri mattina ha formalmente cominciato i lavori del Convention Centre di Sandton, distretto commerciale molto chic di Johannesburg - un insieme di shopping mall, uffici e grandi hotel dove negli ultimi anni si sono trasferite gran parte delle grandi aziende e la Borsa, abbandonando il centro della città al degrado. Nel mondo luccicante di Sandton, la dieci giorni del Vertice dell'Onu è cominciata con qualche frase di circostanza del presidente del Sudafrica Thabo Mbeki sull'«interesse comune dell'umanità» a salvare il pianeta dall'effetto combinato di «povertà, sottosviluppo, diseguaglianze tra le nazioni e all'interno delle nazioni stesse, insieme al peggiorare delle crisi ecologiche». Dieci anni dopo il vertice di Rio de Janeiro su «ambiente e sviluppo», questo nuovo appuntamento delle Nazioni unite non ha l'obiettivo di varare nuovi trattati mondiali ma solo un «piano di attuazione» degli impegni assunti allora. «Questo è un Vertice della messa in pratica, della responsabilità e trasparenza e della partnership», ha detto nel suo discorso inaugurale Klaus Toepfer, direttore del programma dell'Onu per l'ambiente (Unep). E ancora, un piano d'azione con obiettivi chiari e impegni concreti sarebbe un successo: nessuno però qui sembra farci molto conto. Jan Pronk, ex ministro olandese dell'ambiente (nel governo di centrosinistra caduto qualche mese fa), ora consigliere speciale del segretario dell'Onu Kofi Annan sulle questioni dello sviluppo, ha fatto notare che i dieci anni trascorsi da Rio sono stati di crescita economica sostenuta per i paesi industrializzati: eppure «c'è stato un fallimento completo nel risolvere i problemi della povertà. Tutta questa crescita è stata nell'interesse dei soli paesi già ricchi, e negli anni `90 è aumentato sia il loro commercio che il loro protezionismo». L'Agenda 21 approvata allora con grande clamore («Agenda per lo sviluppo sostenibile nel 21esimo secolo») è rimasta inattuata. E dopo l'11 settembre del 2001, continua Pronk, l'accento sulla sicurezza rischia di identificare gli stranieri come la nuova minaccia: «quello che dovremmo fare è creare un mondo sicuro, alloggi, lavoro, così che i poveri e gli esclusi non vivano nel risentimento perché questo alimenta anche la violenza». Ma tutto questo è solo il davanti della scena, la sostanza sembra ben altro. L'apertura formale del Vertice è stata preceduta da due giorni di contatti «informali» tra le delegazioni governative per appianare i punti di contrasto emersi nei lavori preparatori. E questi negoziati dietro le quinte si sono concentrati sulle questioni della finanza e del commercio mondiale (vero cuore del problema), e sulle questioni della governance, quali regole e quali istituzioni debbano governare le politiche globali su ambiente e sviluppo. E di «globalizzazione, commercio e finanze» tratta una sorta di documento comune di Unione Europea e Stati uniti circolato nel fine settimana: si chiama non-paper, «non documento», la sua esistenza era stata dapprima smentita (finché ne abbiamo vista copia: esiste). Un semplice documento di indirizzo: Europa e Usa affermano che «la crescente integrazione tra le economie e le società nel mondo offre opportunità e sfide per lo sviluppo sostenibile» e che bisogna promuovere l'accesso equo, aperto, regolamentato e non discriminatorio ai mercati e ai sistemi finanziari. Insomma: si richiamano alle conclusioni dell'ultimo vertice dell'Organizzazione mondiale del commercio (Wto) a Doha. E al vertice dell'Onu sulla «finanza per lo sviluppo» che la primavera scorsa a Monterrey (Messico) ha accettato l'idea (statunitense) di condizionare gli aiuti e investimenti all'apertura dei mercati, la trasparenza, le riforme economiche (leggi: tagli alla spesa pubblica, risanamento del deficit dello stato etc). Neppure una parola sull'autonomia degli accordi multilaterali in materia di ambiente: quando i trattati ambientali entrano in conflitto con le norme del libero commercio, quale deve prevalere? Se l'Unione europea rifiuta di importare la carne statunitense perché contiene ormoni, è una legittima precauzione per la salute pubblica o un'inaccettabile barriera commerciale? Al «non documento» sembra ispirata una bozza informale di piano d'azione su cui ora lavorano le delegazioni governative.

Il documentino firmato da Unione europea e Usa ha suscitato commenti di fuoco da parte delle organizzazioni non governative qui presenti. «La protezione ambientale, il diritto delle comunità ad accedere alle risorse e la lotta alla povertà sono sacrificati agli interessi aziendali del nord industriale», ci dice Charles Secrett, direttore di Friends of the earth del Regno unito: «Il Wto prende il sopravvento su questo vertice con la sponsorizzazione di Europa e Stati uniti». Antonio Tricarico, del gruppo italiano Campagna per la riforma della banca mondiale, rincara: «Non c'è alcun riferimento a due pilastri degli accordi di Rio, il principio di precauzione e quello della responsabilità comune e differenziata».



testo integrale tratto da "Il Manifesto" del 27-08-2002