Una «rivoluzione» che tocca la dimensione più umana dei cittadini
Piccoli ospedali e grandi problemi
Il problema "Sanità" diventa di fatto la cartina di tornasole del livello etico, culturale e sociale di quelle "autonomie locali" che hanno come fondamento proprio la dignità della persona
di Giuseppe Cacciami
Le trasformazioni che stanno avvenendo nella
Sanità meritano un'attenzione che non si limiti a superficiali valutazioni
enfatizzate dal clima emotivo.
E' sul tappeto la prospettiva di un profondo cambiamento, nella complessa e
mutevole "filosofia" della gestione del comparto Sanità. Per certi versi,
sarebbe giusto parlare di ripresa di un piano di riordino che già nel decennio
scorso aveva conosciuto delle vampate di clamore, interessando in particolare
alcune zone del Paese. Ora, tocca ad altre e - pare - molto più numerose, in
ragione di una spinta capillare proveniente dalla politica.
Si intende articolare - nel nuovo progetto - la centralità tradizionale
dell'ospedale, non solo portandolo ad un livello scientifico e strutturale più
alto e più funzionale, adeguandolo alla fase acuta della malattia e riducendo i
tempi di ricovero, ma affiancandolo con una rete di assistenze intermedie sul
territorio, sviluppandone i servizi loc ali e domiciliari.
In progetto, dunque, un minor numero di ospedali ma più efficienti e per acuti,
collocato in una rete di servizi più distribuiti. Occorre, senza assolutismi
cocciuti, parlarne con realismo e pacatezza, ancorandosi ad alcuni principi
irrinunciabili, visto che si tratta non di un'operazione semplicemente
tecnico-pragmatica ma di una "rivoluzione" che fatalmente tocca la dimensione
più umana dei cittadini.
Il clima polemico che la riforma sta innescando con particolare vivacità in
alcune zone (chi scrive opera nella Provincia del Verbano-Cusio-Ossola dove le
diatribe bollenti forniscono cronache quotidiane alla stampa nazionale),
suggerisce di accentuare l'attenzione su alcuni punti fermi che aiutino a
coniugare realtà presente e cammino verso un futuro migliore.
Anzitutto è utile per tutti convergere in uno sforzo di ricerca unitaria che non
si lasci irretire da viscerali campanilismi, ma neppure dimentichi che il
rapporto cittadino-ospedale è da sempre, soprattutto sul territorio, un rapporto
che ha segnato, per generazioni, iniziative di solidarietà che sono un valore
aggiunto preziosissimo. Quindi, con la massima attenzione ad un dato concreto,
su cui mi pare ci sia diffusa convergenza tra gli esperti, e cioè che ospedali
di aggiornatissimo livello scientifico, professionale e strumentale, sono una
garanzia preferibile per l'ammalato meglio di una miriade di nosocomi
inadeguati, va ribadita comunque l'urgenza di vigilare rigorosamente perché
l'introduzione dei nuovi criteri non porti a inattese discriminazioni o a
ulteriori ingiustizie verso le fasce di popolazione già poco protette.
Ovvio il richiamo ai responsabili delle istituzioni ed a tutte le forze
politiche nazionali e regionali cui compete programmare la destinazione delle
risorse. Le priorità di spesa, visto che si tratta della vita e della salute dei
cittadini, non devono essere dettate da valutazioni astratte, né ispirate da
progettualità chimeriche, né sostenute da preoccupazioni esclusivamente
economicistiche. In uno Stato articolato e moderno tutti devono essere sensibili
alle esigenze finanziarie, e tuttavia la politica è arte anche della mediazione,
della gradualità, della progressiva condivisione attorno a scelte recepite in
termini sempre più plausibili. Ma questo può avvenire - siccome nessuno né in
alto né in basso ha in mano la bacchetta magica - a due precise condizioni:
* che la "querelle" non diventi un duello rusticano ad arma bianca tra fazioni e
gruppi di potere politico e finanziario territoriale
* che sia privilegiata e ritenuta ineludibile la massima informazione a tutta la
popolazione, una più aperta comunicazione pubblica, un confronto e dialogo
costruttivo tra tu tti coloro che sono, su qualsiasi fronte, impegnati nel
servizio della collettività.
Se una comunità non riesce a trovare comuni punti d'intesa al capezzale delle
persone ammalate, allora il problema si fa inesorabilmente "morale" e "politico"
nel suo più nobile significato. In questo senso, siccome quanto accade oggi nel
mondo della Sanità, tocca da vicino lo stesso significato ed il ruolo fondante
delle "autonomie locali", il problema "Sanità" diventa di fatto la cartina di
tornasole del livello etico, culturale e sociale di quelle "autonomie locali"
insostituibili che hanno come fondamento proprio la dignità ed il valore della
persona umana. Indebolendole, si produce solo l'antico, sterile e pericoloso
centralismo "coloniale" i cui frutti sono arcinoti.
testo integrale tratto da "Avvenire" - 29 agosto 2002