L'oro nero val bene una guerra
Il rapporto Aie Fino al 2030 la disponibilità di energia è assicurata.
Ma è importante assicurarsi il controllo e la regolarità delle forniture. Soprattutto di gas
di ANNA MARIA MERLO
PARIGI
Mentre l'orizzonte è annerito dalle minacce di guerra, il rapporto dell'Aie (Agenzia internazionale per l'energia, organismo autonomo nel quadro dell'Ocse) sulle Prospettive dell'energia mondiale di qui al 2030, reso noto ieri a Parigi e a Osaka alla riunione Opec, aiuta a chiarire le cause dell'eventuale prossimo conflitto. I dati parlano da soli. «Il mondo ha abbondanti risorse di energia per i prossimi trent'anni - ha spiegato il direttore dell'Aie Robert Priddle - pero' queste risorse devono essere convertite in rifornimenti accessibili, affidabili, cosa che dimostra che le rinnovate preocupazioni rispetto alla sicurezza e al rifornimento sono ben fondate». Se non ci sarà, come fanno temere le tendenze politiche attuali nel mondo, un cambiamento di modello di sviluppo e di scelte energetiche, «nei prossimi trent'anni assisteremo a una crescita regolare della domanda di energia, con una netta dominazione dei combustibili fossili» ha spiegato il direttore dell'ufficio Aie dell'economia e dello sviluppo, Appert. La crescita della domanda sarà al 90% assorbita, infatti, dai combustibili fossili.
Contrariamente alla tendenza dell'ultimo periodo, il Medioriente è destinato a crescere in importanza, assoluta ma anche relativa, come fonte di approvvigionamento, creando cosi' una situazione di dipendenza crescente verso un numero limitato di paesi. Questo vale per il petrolio, ma anche per il gas. La Russia, che ora è il primo esportatore di gas, continuerà ad aumentare le vendite all'estero (ma buona parte le consumerà all'interno), ma sarà superata e lasciata indietro dal Medioriente. Il Medioriente a breve termine diventerà il primo esportatore mondiale di gas. «Al di là del 2010 - spiega Appert - l'essenziale della crescita della domanda sarà assicurato dall'Opec e al suo interno, dai paesi del Medioriente». Il peso del petrolio nel commercio mondiale globale crescerà dal 45% attuale al 58%, mentre nel 2030 esisterà un mercato mondiale del gas , che dal peso del 16% crescerà al 28%. Nei prossimi trent'anni, le proiezioni parlano di un raddoppio della domanda di gas, poiché il 48% dell'elettricità dipenderà da questa fonte. Per il momento l'America del Nord è in equilibrio per quanto riguarda il gas: ma nel 2030 questa regione sarà importatrice «in termini importanti». Di qui l'interesse per il Medioriente, che va anche oltre il petrolio. Per i Quindici attuali membri dell'Unione europea, la dipendenza dalle importazioni raddoppierà, dal 31% attuale al 62% nel 2030.
Nel faccia a faccia tra paesi ricchi e paesi produttori si inserirà nei prossimi decenni un terzo fattore: i paesi in via di sviluppo, in particolare Cina e India. Questo paese avrà bisogno di importare 10 milioni di barili al giorno nel 2030, più o meno quanto l'Europa. Nei prossimi trent'anni, il 62% della crescita della domanda avverrà nei paesi in via di sviluppo e l'essenziale del consumo si concentrerà in Asia. La pressione della domanda in crescita è destinata a far crescere i prezzi dell'energia: l'Aie ha calcolato, sulla base di un prezzo del petrolio oggi di 20 dollari (è la tendenza degli ultimi anni, anche se adesso il barile sfiora i 30 dollari, ma si tratta di una situazione contingente), nel 2030 la media sarà di 29 dollari. Anche i prezzi del gas saranno rivisti al rialzo. «Il mondo diventerà più complesso», dicono all'Aie. Ci saranno enormi bisogni di finanziamenti, soprattutto in Medioriente (e in Russia) e qui il terreno deve essere reso sicuro.
Un'altra sfida importante è quella ambientale: ma, stando alle proiezioni dell'Ocse, il Protocollo di Kyoto è nato morto. Solo se ci sarà un cambiamento radicale della politica energetica, gli impegni presi potranno essere mantenuti. Le emissioni di Co2 sono destinate ad aumentare del 70% nel mondo dal 2000 al 2030, più 133% nei pvs, più 33% nell'Ocse (anche se escludono gli Usa, che non hanno firmato Kyoto, la promessa non sarà tenuta). Le emissioni nocive aumenteranno dell'1,8% l'anno, mentre la domanda di energia salirà dell'1,7% (energia sempre più sporca, cioè, a causa della cosiddetta «ricarburizzazione» del sistema energetico, perché l'energia rinnovabile, che rimarrà trascurabile anche se in crescita, non permette di sostituire il nucleare - destinato a un netto calo soprattutto in Europa, unica buona notizia del rapporto - e per la crescita della domanda di carbone nei pvs). Le energie rinnovabili creranno, dicono le preivisoni, a un ritmo elevato - il 3,3% l'anno - ma partono talmente dal basso che nel 2030 rappresenteranno soltanto il 4% del mercato dell'energia.
Il rapporto, come vuole oggi il bon ton delle organizzazioni internazionali tipo Fmi o Banca Mondiale, finisce con un breve capitolo dedicato alla povertà: 1,6 miliardi di persone, cioè un quarto della popolazione mondiale, non hanno accesso all'elettricità. «In assenza di vigorose nuove politiche, nel 2030 ci saranno ancora 1,4 miliardi di persone senza elettricità».
testo integrale tratto da "Il Manifesto" - 21 settembre 2002