Lo stretto sentiero del dialogo

SUL CRINALE TRA REAZIONE E SMEMORATEZZA

di Gianfranco Ravasi

«Vita grama per voi ecumenici e dialoganti!»: intriso di sarcasmo, è stato più o meno questo il monito che ha accompagnato chi aveva scelto da tempo di tessere un rapporto di pensiero, di coesistenza e di impegno con le altre religioni e culture durante  i mesi successivi a quella sorta di dead-line che è divenuta la data dell'11 settembre 2001. Da quel momento, infatti, si erano aperte le serrande che lasciavano passare cateratte di rabbia e di orgoglio, la fanfara apocalittica intonava i suoi inni e gli opposti fondamentalismi potevano celebrare in pompa magna  i loro reciproci esorcismi per fortuna quasi sempre solo verbali. Imperava una rozza semplificazione e la sensazione più genuina  era quella che lo storico  Franco Cardini ha definito col titolo della raccolta di saggi di autori vari appena edita da Laterza, La paura e l'arroganza. Certo, già mezzo secolo fa nei suoi Labirinti Borges rileva che "è più facile morire per una religione che viverla assolutamente". E c'è un filo ininterrotto di pensatori che hanno messo allerta contro radicalismi ideologici in materia religiosa ( e anti-religiosa) a partire dallo scettico  Lucrezio e dal suo lapidario «tantum religio potuit  suadere  malorum» del De rerum natura (I, 101). Per qualche mese. perciò di fronte agli abissi della malvagità enerati da una religiosità impazzita noi, ritenuti "ecumenici" e "dialoganti", siamo rimasti un po' abbacinati o silenziosi. A distanza di un anno le cose , però, sono cambiate. E non solo perchè i capi delle grandi religioni hanno accettato di riportare tutti verso il cuore autentico delle fedi: il grande incontro di Assisi, convocato da Giovanni Paolo II, ne è stato l'emblema più alto. Il mutamento è avvenuto anche a livello di riflessione teologica e sociale: in questi ultimi mesi è stata pubblicata una vera e propria mini-biblioteca di testi che ripropongono la fecondità dell'autentico messaggio religioso, a partire proprio  da quell'Islam che - dopo l'11 settembre - era stato ridotto allo status di sorvegliato speciale. Ma anche nella platea più vasta dell'opinione pubblica ci sta sempre più rendendo conto che una vita fatta solo di duello non ha futuro. Cosi, rifonderare le lame, anche in Italia si comincia a distinguere e a guardare con maggiore attenzione  al di là della siepe ove si raccolgono gli 800mila (pare)  musulmani presenti da noi, con le loro tre mosche ufficiali (Roma, che è la moschea più importante d'Europa, Milano e Catania) e coi loro 130 luoghi di preghiera variamente ricavati. In una città di provincia come Mazara del Vallo sono ben 5mila i mussulmani tunisini residenti e , se si prende in mano la recentissima  Enciclopedia delle Religioni in Italia (Elledici 2001), si scopre che la sezione «Islam e movimenti di matrice islamica» elenca una trentina di tipologie differenti, tutte con la loro collocazione precisa spaziale e "virtuale".

Martedì scorso si è concluso a Palermo il tradizionale incontro interrelogioso promosso dalla Comunità di S.Egidio, il cui titolo era significativo: «Religioni e culture tra conflitto e dialogo» E ancora una volta, come nei bei tempi del dialogo si sono visti allo stesso tavolo parlare senza imbarazzo di violenza e religione un rabbino, Giuseppe Laras di Milano e niente meno che un ayatollah iraniano, Mohamed Ali Tashkiri. Le 24 tavole rotonde che coinvolgevano almeno 400 personalità e leader religiosi di 40 Paesi diversi, ma anche intellettuali "laici" , non sono mai state disertate da una folla che, dopo aver temuto e sospettato , ora vuole capire e giudicare. L'ormai celebre tesi di Huntington  sul " crash tra le civiltà" che produce una serie di crash simbolici e reali come quello delle Twin Towers curiosamente è ora più cara ai  fondamentalisti mussulmani che non agli analisti dei fenomeni storico-sociali perché è proprio ciò che i primi volevano e vogliono sentirsi dire e propugnare. Certo, il dialogo, che si rialza un pò impolverato dalle macerie delle Torri. è ora più sorvegliato e attento nelle sue prassi e nelle sue riflessioni. L'antico filosofo  ebreo alessandrino Filone (I sec. d.C.) era convinto che il saggio è meth'orios, cioè un uomo da crinale, che vigila sul rischio presentato dai due versanti che sia aprono sempre sotto i suoi piedi. Da un lato, infatti, si può scivolare verso un irenismo sincretistico  che alla fine si configura come relativismo ideologico e smemoratezza storica. E'questo l'ecumenismo ingenuo , la mistura liofilizzata delle fedi su un denominatore comune cosi basso da risultare inconsistente. D'altro lato, c'è il rischio del fondamentalismo integralistico che alla fine si configura come esclusivismo isolazionistico e come iconoclasmo di tutto ciò che è diverso, temuto e rigettato come ostile. L'uomo da crinale fa, certo , somma fatica, - soprattutto ora  - a mettere un piede dopo l'altro su quella cima tagliente, ma è solo cosi che riesce a tutelare, approfondire, elaborare la sua identità, ma anche ad aprirsi al caleidoscopio  delle culture e delle fedi in un confronto, che, volenti o nolenti, è obbligatorio. Un confronto che riconosce la differenza ma anche la concordanza,la diversità ma anche l'osmosi.

E' proprio il cristianesimo , « la lingua materna dell'Occidente», come diceva  Goethe , ad aver da sempre praticato questo esercizio prima col mondo ebraico, poi con quello greco-romano, poi coi barbari e successivamente con la stessa cultura musulmana (non si dimentichi che nel Medio Evo Aristotele  arriva in Occidente  attraverso al mediazione araba) e cosi via di secolo in secolo,   nella certezza, come dicevano, i Padri della Chiesa, che i semina Verbi sono effusi in tutte  le fedi e culture. Di questa pluralità è consapevole lo stesso Corano che riconosce come volere divino l'iridescenza dinamica della verità nella storia e che attende però la comunione escatologica. Si legge nella sura quinta: «A ognuno di voi noi abbiamo assegnato una regola e una via. Se Dio avesse voluto, avrebbe fatto di voi una comunità unica, ma ciò non ha fatto per privarvi in quello che via ha dato. Gareggiate, dunque, nelle opere buone perchè a Dio voi tutti tornerete e allora Egli vi informerà di quelle cose per quali ora siete in discordia »(V,48)

 

testo integrale tratto da "Il Sole-24Ore" - 8 settembre 2002