Finanza
insostenibile
Presentata l'intesa Banca mondiale - Onu. Ma il
progetto non convince il summit
di ANTONIO
TRICARICO*
JOHANNESBURG
Nonostante le grandi attese, l'iniziativa congiunta Banca
mondiale e Programma delle Nazioni unite per l'ambiente (Unep) per il
finanziamento dello sviluppo sostenibile delude. Il mega-evento stile Banca
mondiale al quartier generale della Nedcor Bank, ha il marchio anche del Fondo
monetario internazionale. Ma in sala il Fondo non c'è e poche sono le banche
private, le vere protagoniste di un'iniziativa che vorrebbe rappresentare il
quadro di riferimento per le partnership volontarie pubblico-privato nel
campo finanziario. La Banca mondiale tenta il colpaccio, ma a differenza della
conferenza di Rio nel 1992, non convince. Dieci anni fa aveva anticipato tutti
con la creazione della Global Environmental Facility (uno strano ibrido,
gestito principalmente dalla stessa Banca, per progetti ambientali) per
presentarsi tinta di verde al vertice su ambiente e sviluppo. E una settimana fa
ci ha riprovato, pubblicando il suo rapporto annuale sullo sviluppo, strizzando
l'occhio al vertice. Ha proposto un fatalismo senza precedenti nel suo scenario
ambientale al 2030, pur di accattivarsi le simpatie della società civile e dei
paesi del Sud, senza però proporre alcuna ricetta innovativa per conciliare
crescita economica e sviluppo sostenibile.
Kristalina Georgieva, del dipartimento ambiente della BM, si concentra sul ruolo
del pubblico nelle partnership. Servono maggiori aiuti allo sviluppo per
raggiungere gli obiettivi del millennio Onu nella lotta alla povertà e nella
promozione dello sviluppo sostenibile entro il 2015: almeno 40-60 miliardi di
dollari l'anno in più (ossia il raddoppio dell'attuale aiuto globale allo
sviluppo) ed altri 25 miliardi l'anno soltanto per l'ambiente. Bisogna spendere
meglio i soldi pubblici a livello nazionale nei paesi in via di sviluppo e
ridurre i «sussidi perversi» nei paesi ricchi dell'Ocse, che ammontano ad un
miliardo di dollari al giorno a livello globale, dice la Georgieva. Poi si
inoltra nel terreno minato dell'energia, denunciando come i sussidi siano
maggiori nei paesi del sud, sebbene la rimozione di questi debba essere
accompagnata dalle reti di salvataggio sociale per i più poveri. Una ricetta
vecchia, che nasconde l'interesse della Banca a spingere l'apertura dei mercati
elettrici dei paesi del sud con conseguenti privatizzazioni, facendo pagare i
servizi a chi oggi è fuori dal mercato. E' vero che la lotta ai cambiamenti
climatici deve coinvolgere anche i paesi in via di sviluppo, ma la Banca
dimentica di aver finanziato, da Rio ad oggi, con 22 miliardi di dollari ben 200
progetti per lo sviluppo dei combustibili fossili nel sud del mondo, contro
soltanto 900 milioni per le energie rinnovabili.
Intanto, Jacqueline Aloisi de Larderel, dell'Unep, illustra come utilizzare «in
maniera creativa» le risorse esistenti e gli investimenti aggiuntivi del settore
privato. Gli investimenti diretti esteri sono passati da 36 miliardi di dollari
nel 1992 a 160 miliardi nel 1999, ma riguardano soltanto le economie emergenti.
Per portare questi anche nei paesi più poveri serve unire il sostegno al settore
privato con l'aiuto allo sviluppo; insomma, un approccio berlusconiano alla
cooperazione. Come prevedibile non si parla di linee guida ambientali e sociali
per gli investimenti delle banche private che secondo la Larderel iniziano a
promuovere già da sole lo sviluppo sostenibile.
Al vertice ufficiale ieri si è discusso di acqua ed i conflitti sono aumentati.
Non c'è invece divisione nella società civile: è nato un nuovo gruppo, i
"Sopravvissuti delle dighe del Lesotho". Unisce coloro che sono stati spostati
dalle dighe corrotte del vicino regno delle montagne e gli attivisti della
township di Alexandra nella richiesta di eque compensazioni e nella lotta
per il diritto all'acqua. Nel pomeriggio ben pochi in sala stampa hanno fatto
caso alla notizia del rifiuto del presidente nigeriano Obasanjo di pagare i
servizi sul debito del paese pari a 33 milairdi di dollari. Un preannuncio di
default stile Argentina che potrebbe scuotere finalmente l'agenda di
questo vertice insostenibile, rimettendo al centro del negoziato il dramma del
debito dei paesi del sud.
*Campagna per la riforma della Banca mondiale
testo integrale tratto da "Il Manifesto" - 29 AGOSTO 2002