Niente giustizia per Bhopal: latitante il responsabile della Union Carbide

11.7.2002 - New Delhi. Greenpeace si e' unita oggi, in India, alle proteste dei sopravvissuti del disastro di Bhopal che chiedono giustizia all' americana Union Carbide, responsabile dell'incidente ed oggi posseduta dalla Dow Chemicals, maggiore multinazionale della chimica al mondo, che ha recentemente acquistato dall'Enichem alcuni impianti di Porto Marghera.
Le proteste hanno avuto luogo a Delhi, Bangalore e Mumbai , in seguito alla decisione del governo indiano di chiedere alla Corte di giustizia di Bhopal, che istruisce il processo contro Warren Anderson, presidente della Union Carbide all'epoca del disastro, di trasformare l'accusa a suo carico da "omicidio" a semplice "negligenza".
L'impianto della Union Carbide era talmente fatiscente che le continue fughe di gas facevano suonare in continuazione la sirena d'allarme; il problema fu risolto, seguendo la via piu' economica, disattivandola. Le migliaia di accampati vicino alla fabbrica, alla quotidiana ricerca di un lavoro nell'impianto, non si accorsero neanche della nube tossica che li avvolgeva sprigionatasi alla mezzanotte del 3 dicembre 1984. Almeno 20.000 persone morirono e oltre mezzo milione ancora soffrono di lesioni gravi. Il processo avra' luogo il 17 luglio, ma Anderson e' ancora latitante, oggetto di un mandato di cattura internazionale dell'Interpol.
Tre sopravvissuti del disastro di Bhopal, Satinath Sarangi (48 anni), Rasheeda Bee (45 anni) e Tara Bai (35 anni) sono al dodicesimo giorno di sciopero della fame, per protesta perché la giustizia sembra non arrivare. Tara Bai, era incinta al momento della sciagura del 1984 e aborti' a causa dei gas che si sprigionarono.
Da allora non e' piu' stata in grado di concepire e soffre di problemi alla vista e attacchi di panico. Se passasse la proposta del governo indiano, Anderson potrebbe cavarsela con una leggera multa o al massimo due anni di prigione anziché i 10 anni di reclusione previsti per il reato di omicidio.
Secondo gli studi di Greenpeace, le falde acquifere della zona sono ancora contaminate da cloro e metalli pesanti e tonnellate di rifiuti tossici sono ancora abbandonati sul posto."Il governo indiano non deve tradire il proprio popolo e permettere a chi ha causato questo disastro di passarla liscia - ha detto Ananthapadmanabhan Ananth, direttore di Greenpeace India, nel corso delle proteste a Delhi - Le vittime attendono ancora un risarcimento adeguato per i danni sofferti".
Greenpeace chiede che la Dow Chemicals bonifichi il sito industriale a sue spese, come avviene negli Stati Uniti, assicuri l'assistenza medica e la riabilitazione ai sopravvissuti e fornisca l'acqua potabile alle comunita' che dispongono solo di acqua fortemente inquinata.

Fonte Greenpeace