Bayer: cinque avvisi di garanzia per il
caso Lipobay
Per la procura di Torino l'ipotesi
è «disastro doloso aggravato».
Scoperto un piano
dettagliato per il lancio del farmaco in Italia
di EZIO VALLAROLO
TORINO
Una multinazionale che avrebbe,
volontariamente, messo sul mercato e sostenuto con vigorose campagne di
disinformazione un farmaco di cui erano conosciuti gli effetti negativi per la
salute dei pazienti, alcuni dei quali sarebbero poi deceduti. Questo
l'inquietante scenario emerso grazie all'indagine condotta dalla procura di
Torino e dal pm Raffaelle Guariniello. La multinazionale nel mirino della
procura è la farmaceutica Bayer,
indagata per la diffusione del Lipobay, il farmaco anticolestorolo ritirato dal
mercato nel 2001 per i suoi effetti collaterali. Ieri
cinque dirigente dell'azienda tedesca sono stati raggiunti da 5 avvisi di
garanzia. Si ipotizza il disastro doloso aggravato, reato punito con il carcere
fino a 12 anni. Nei giorni scorsi il pm Raffaele Guariniello ha disposto una
perquisizione negli uffici della Bayer Italia, a Milano, i cui responsabili,
però, non sono indagati: le responsabilità, infatti, sarebbero riconducibili
alla casa madre di Leverkusen. L'ipotesi d'accusa è che l'azienda non abbia
informato adeguatamente le autorità sanitarie sui rischi del Lipobay, sospettato
di avere ucciso oltre cinquanta pazienti in tutto il mondo, in caso di
assunzione combinata con altre sostanze. Al palazzo di Giustizia sono confluiti
i dati su oltre duecento casi di persone colpite da disturbi dopo aver assunto
il Lipobay. I magistrati delle procure di ogni parte d'Italia hanno trasmesso
tutti i dati a Torino, perché è qui che si indaga per il reato - disastro doloso
- considerato più grave, e perché Guariniello è stato il primo pm ad avviare gli
accertamenti giudiziari.
Ma dall'inchiesta stanno emergendo altri particolari sulla condotta della
multinazionale tedesca. Prima di ritirare il Lipobay dal commercio, infatti,
la Bayer
avrebbe cercato di costruire
intorno al prodotto incriminato un clima di fiducia, al fine di favorirne la
prescrizione, assoldando una vera e propria lobby di professori e
giornalisti specializzati in argomenti sanitari: una
squadra di luminari che doveva lanciare il Lipobay in vista dell'introduzione
sul mercato italiano.
Lo scopo sarebbe stato quello di creare, attraverso ricerche scientifiche e articoli su giornali e riviste, un movimento d'opinione favorevole al farmaco anticolesterolo.
Questo è quanto emerge dal materiale prelevato dalla polizia giudiziaria negli uffici della Bayer Italia a Milano: un carteggio in cui si parla di ordinare uno studio facendo attenzione ai costi - in Italia considerati più alti che altrove - e di organizzare un simposio a Parigi fra luminari, momento necessario per riuscire a interessare i contatti «giusti» al fine di avere «un prezioso supporto». Ora gli investigatori torinesi dovranno occuparsi anche dei professori e dei giornalisti che si sono occupati del Lipobay prima dell'esplosione dello scandalo. Non è detto che abbiano commesso dei reati, ma potrebbero esservi delle violazioni deontologiche.
La tesi sostenuta dal procuratore aggiunto Guariniello
è che la Bayer conoscesse almeno dalla fine del 1999 i
problemi legati all'uso del Lipobay, in particolare al mix fra la cerivastatina,
sostanza contenuta nel farmaco, e il gemzofibril, principio attivo usato contro
l'eccesso di colesterolo, ma che li abbia taciuti. La prima
segnalazione di effetti collaterali risaliva al secondo semestre del 1998, e già
nel 1999 la Food and Drug Administration, negli Stati Uniti, aveva preso in
esame il rischio di rabdomiolisi (grave patologia dell'apparato muscolare). Il
15 marzo del 2001, la Bayer ancora magnificava le doti del Lipobay nella parte
del proprio sito internet dedicata all'Italia.
articolo integrale tratto da "IL MANIFESTO" - 28 LUGLIO 2002