"LOTTA ALLA POVERTA' MA NON A SENSO UNICO"

dall'inviato a Rimini - Giovanni Ruggiero
 

C’è da essere contenti per quanto l’Europa e l’Italia fanno per i poveri? La risposta di Rocco Buttiglione è no. E se il pollice verso viene da un ministro, la risposta può essere presa per buona. L’imperativo è "governare la globalizzazione", almeno di quella parte del mondo che può essere considerata nostra vicina di casa: gli ex Paesi dell’Est, i Balcani, il Medio Oriente e l’Africa. «Sono nei progetti del governo italiano; - assicura il ministro per le Politiche comunitarie - il programma va realizzato non costruendo la "fortezza europea", ma allargando le frontiere».

Fin qui i programmi. Ma in concreto cosa si fa? Le note diventano più dolenti, come farà notare anche monsignor Paul Josef Cordes, presidente del "Cor Unum", l’organismo che coordina e progetta tutta la carità della Chiesa Cattolica. Oggi l’Italia riserva ai poveri (che sono nel mondo un miliardo e 200 milioni) lo 0,13% del Pil. Poco, rispetto allo 0,39% stabilito a Barcellona. Tale obiettivo potrebbe però essere raggiunto entro la fine di questa legislatura dal governo Berlusconi, assicura il ministro. Tutto chiaro e confortante?

Non proprio e non esattamente. «I governi - dice monsignor Cortes - non si possono chiamare fuori dalle loro responsabilità». Italia compresa, e fa notare che lo 0,13% si riferisce agli ultimi anni.

La realtà è ben diversa: «Nella metà degli anni ’80 la parte riservata ai poveri - ricorda il presidente del "Cor Unum" - era solo lo 0,7% e non pochi governi hanno tenuto fede all’impegno di aumentarlo. Ciò nonostante nei primi anni ’90, questa fetta del Pil già esigua si è ridotta. Anche i Paesi in via di sviluppo hanno le loro responsabilità, perché non tutti hanno avuto il coraggio, la forza e l’intelligenza di programmare il cambiamento sociale».

Nel dibattito che ha per tema l’avvertimento di Gesù: "I poveri li avrete sempre con voi", monsignor Cortes cita due esempi di questi Paesi in via di sviluppo che fanno poco per combattere la loro povertà: l’India, che ha l’atomica e 225 milioni di poveri, e il Congo il cui territorio, se messo a coltura, potrebbe sfamare tutta l’Africa, ma dove una gestione personale del potere ha ridotto alla fame la popolazione. Nel dibattito del Meeting si è discusso anche di remissione del debito estero e di politiche demografiche. Buttiglione si è detto scettico su tale remissione, perché - ha spiegato - è stato incassato da "certi governi": «Semmai, andrebbe incassato dalle popolazioni, che hanno patito le scelte dei loro governi, attraverso meccanismi di sviluppo da escogitare». Buttiglione ha però confermato che la Ue si è offerta di sostituire gli Usa nel finanziamento di programmi di riduzione demografica che prevedono anche l’aborto. «Ma queste scelte - ha detto Buttiglione - dovranno poi passare per il Consiglio d’Europa e il Parlamento europeo, e lì noi avremo molte cose da dire».

Al dibattito ha partecipato anche Giorgio Salina, membro del Consiglio "Giustizia e solidarietà" che si occupa di remissione del debito estero ai Paesi poveri per la Cei. «I poveri - ha detto - non sono nostri clienti o persone da accontentare, ma nostri fratelli che non hanno avuto la possibilità di mettere in pratica quelle virtù che il Signore ha dato anche a loro». Anche per Salina la politica della cooperazione della Ue non presenta un strategia politicamente chiara ed è dunque tutta da rivedere e da ripensare.

 testo integrale tratto da  "Avvenire" - 22 agosto 2002