PALERMO – «Io e Provenzano volevamo uccidere Lumia perché era un martello pneumatico contro la mafia». Così, in uno dei tanti verbali di interrogatorio, il boss Giuffrè ha affrontato l'argomento relativo all'attentato in avanzata fase di preparazione contro l'ex presidente della Commissione nazionale antimafia, Giuseppe Lumia.
L'ex capo del “mandamento” di Caccamo ha raccontato tutti i particolari del progetto che stava per essere attuato ed era in programmazione pochi giorni dopo il 16 aprile, data del suo arresto.
Erano state fatte arrivare le armi da Palermo a Caccamo ed il “gruppo di fuoco” aveva già studiato come entrare in azione.
Il luogo prescelto dai sicari era uno dei tornanti che portano alle Madonie, lungo una strada che il parlamentare avrebbe percorso per raggiungere uno dei paesi di montagna dove Lumia avrebbe dovuto incontrare studenti e insegnanti per parlare di lotta alla mafia. Il capo corleonese Bernardo Provenzano, sentita la richiesta di uno dei suoi “fedelissimi”, aveva dato il suo assenso al progetto di agguato che, nei giorni in cui Giuffrè fu arrestato, era in fase molto avanzata.
«Ho preso tempo – ha spiegato Giuffrè ai pm che hanno raccolto le sue dichiarazioni – e ho perso del tempo perchè era opportuno valutare se Lumia, che reputo una persona onestissima, avrebbe fatto più danni da morto o da vivo. Per la situazione in cui si trova Cosa nostra non potevamo permetterci un omicidio di questa portata senza calcolare le ripercussioni. Poi mi hanno arrestato ed eccomi qua».
Dopo la rivelazione di Giuffrè, le attestazioni di solidarietà nei confronti dell'onorevole Lumia sono arrivate da tutte le forze politiche. Allo stesso tempo però, dall'opposizione è stato sollevato il problema «scorta» per Lumia, che gli era stata tolta nel luglio del 2001, mentre una tutela gli è stata assegnata nel giugno scorso.
L'ex presidente Antimafia, apprese le rivelazioni del nuovo pentito, si è detto «sereno». «Penso che la politica - ha aggiunto - debba dare esempio e fiducia ai cittadini onesti nel promuovere un rigoroso impegno nella lotta alla mafia. Bisogna continuare la battaglia sapendo i rischi che si corrono». Al contempo Lumia ha parlato del problema delle scorte denunciando il «dir poco inadeguato sistema di sicurezza cui sono sottoposti quanti sono impegnati nella lotta alla mafia. Vorrei - ha continuato - che si riflettesse sullo stato precario della lotta alle mafie oggi in Italia».
Il presidente della Camera Casini ha avuto un cordiale colloquio telefonico con Lumia, al quale gli ha manifestato la solidarietà personale e di tutta la Camera dei deputati. Sempre alla Camera, i partiti dell'opposizione hanno presentato una mozione che impegna il Governo «a rafforzare il contrasto della mafia ed in particolare ad assicurare protezione alle persone a rischio».
«E' doveroso che il Viminale compia un accertamento su chi ha avuto la responsabilità gravissima di privare Lumia di un servizio di tutela per oltre un anno e mezzo», ha affermato il componente della commissione antimafia Nichi Vendola, per il quale Lumia «ha rischiato di diventare il doppione di Marco Biagi».
«Esprimo la mia solidarietà più sentita a Beppe Lumia, che non certo con sorpresa si trova al centro del mirino della criminalità mafiosa», ha detto Pietro Folena, per il quale il governo dovrebbe aprire una seria riflessione sulle scorte.
Il presidente dell'Antimafia nazionale, Roberto Centaro, dopo avere espresso solidarietà a Lumia ha aggiunto che il 'pentimento” di Nino Giuffrè può aprire una nuova stagione nella lotta a Cosa nostra».
Leone Zingales
testo integrale tratto da "La Sicilia" - 21 settembre 2002