L'affare dell'11 settembre di Alex Zanotelli Mentre si indaga ancora sulle dinamiche dei tragici avvenimenti dell'11 settembre dell'anno scorso, che pian piano fanno emergere spezzoni di verità, un punto appare d'indubitabile verità: l'Occidente, e in primis gli Stati Uniti, ha scoperto la propria vulnerabilità e cerca di combattere in ogni modo la "paura da terrorismo". In che modo? Essenzialmente col ricorso alle armi. La militarizzazione dell'economia e della società, statunitense e non, è sotto gli occhi di tutti e mentre non si è riusciti ancora ad acciuffare alcun "terrorista", è certo che il complesso industrial-militare statunitense ha approfittato dei fatti dell'11 settembre per rilanciare l'economia americana e mondiale, in recessione, attraverso l'ennesima economia di guerra. Dopo la caduta del muro di Berlino l'ideologia del nemico è entrata in crisi. Con l'11 settembre si è inaugurata la nuova fase che, individuato finalmente l'obiettivo, si presenta come "guerra al terrorismo", ieri in Afghanistan, domani in Iraq. Ma quanto più è indefinito il nemico da combattere, e generale la sua minaccia, tanto più massiccio sarà il potenziale bellico da mettere in campo. Lo dimostrano inequivocabilmente le cifre relative alle spese militari nel mondo. Secondo il SIPRI, la spesa militare mondiale nel 2001 ha raggiunto gli 839 miliardi di dollari, una stima che non considera le spese supplementari che l'11 settembre ha indotto a stanziare: il Congresso degli Stati Uniti, ad esempio, ha stanziato ben 40 miliardi di dollari in più per attività di lotta al terrorismo. E il 2002 non si annuncia per nulla diverso dall'anno scorso: se Stati Uniti ed Europa insieme spenderanno quest'anno circa 750 miliardi di dollari in armi, è molto facile che a livello mondiale raggiungeremo la stessa cifra spesa negli anni della guerra fredda. In questo panorama, desta serie preoccupazioni il ricorso all'arma atomica. Già Clinton aveva dovuto cedere al complesso industrial-militare americano e, a metà degli anni '90, chiedere al Congresso 60 miliardi di dollari per rinnovare l'armamentario atomico, con l'obiettivo dichiarato di poter usare le armi atomiche laddove fossero minacciati gli interessi vitali della nazione. Intento sostenuto anche dall'amministrazione Bush, come dimostra la Quadrennial Defense Review resa pubblica qualche mese fa. Insomma, un vero e proprio riarmo nucleare, in terra e nello spazio, sotto l'evidente propaganda di un apparente disarmo atomico, come dimostra il trattato firmato a maggio tra Bush e Putin a Mosca (e al quale si riferisce un documento di Pax Christi USA pubblicato in questo numero). Tutto questo è conseguenza di che cosa? Del ritorno del vecchio mito del nemico, si diceva. In realtà il vero nemico da combattere sono i poveri, quell'80% della popolazione planetaria, dal quale il restante 20% deve difendersi per mantenere i propri privilegi. Alla domanda su che cosa considererebbe vittoria nella nuova guerra al terrorismo, il Segretario americano alla difesa Ramsfeld ha risposto che la vittoria si raggiungerà quando gli Usa potranno continuare a mantenere il loro stile di vita. E questo è il cuore del problema. Di fronte a questo dramma, le Chiese devono avere il coraggio di denunciare la deriva verso la quale si muove il pianeta. Si tratta di vita o di morte: le Chiese devono porsi questo problema morale ed esprimersi. testo integrale tratto da "Mosaico di Pace" Richiedi una copia saggio a: mosaicodipace@paxchristi.it oppure tel. 080-395.35.07
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