UNA PRIMAVERA A TORINO
• Alla fine di marzo un corteo contro la guerra in Iraq si chiude con pesanti cariche. In pieno centro cittadino i gendarmi travolgono lo spezzone formato per lo più da donne e bambini immigrati e bastonano chiunque si metta in mezzo. Subito dopo a Porta Palazzo, il quartiere della città che ospita più stranieri, cassonetti incendiati accolgono l’arrivo della polizia alla ricerca di altri manifestanti da manganellare. L’imam Bouchta pretende le scuse dalla questura e, contemporaneamente, convince i suoi correligionari a non partecipare più ai cortei, ormai troppo pericolosi per gli immigrati: da quel momento in poi dovrà essere lui solo a rappresentarli in piazza. La settimana successiva, sempre a Porta Palazzo, italiani e stranieri insieme bruciano la bandiera italiana e quella di altri Stati impegnati nel conflitto: i giornali affiancano a questa notizia la condanna pronunciata al riguardo da un altro degli imam cittadini, preoccupato per le conseguenze che questo gesto potrebbe avere nelle relazioni tra le differenti nazionalità presenti a Torino.
• Nei mesi di aprile e di maggio riemergono quei piccoli episodi di resistenza di strada alle espulsioni che si erano diffusi in città già negli anni precedenti. In due riprese, nella zona di Piazza Vittorio Veneto, nordafricani proteggono a colpi di sanpietrini i propri compaesani fermati dalle pattuglie della polizia. Nel popoloso quartiere di Porta Palazzo, intanto, i gendarmi che effettuano dei fermi si ritrovano spesso circondati da piccole folle multicolori inferocite e almeno in un caso si vedono costretti a sparare in aria per liberarsi dall’impasse.
• All’inizio di maggio il titolare di una profumeria del quartiere di San Salvario dichiara di voler vendere l’attività: la zona Ë talmente piena di piccoli criminali stranieri – spiega ai giornalisti – che nessuno dei suoi vecchi clienti ha più il coraggio di frequentare la bottega. Diversi esponenti politici cittadini e l’associazione commercianti accorrono ad offrirgli solidarietà, il sindaco da parte sua si impegna a ripulire la zona. Iniziano così mesi di rastrellamenti e di caccia all’uomo. Questa faccenda del profumiere, in realtà, Ë solo l’occasione per inaugurare una nuova fase delle operazioni decise dal Ministero degli Interni (chiamate, di volta in volta, alto impatto, vie libere, strade pulite) per colpire i clandestini con la scusa della criminalità. Fino a quella data, i vari momenti dell’operazione vie libere avevano già portato nella sola Torino all’arresto di 627 persone e all’espulsione di 715 clandestini, di cui 334 rimpatriati con la forza. Le retate di maggio sono dure e volutamente spettacolari, con interi quartieri militarizzati, pestaggi in mezzo alla strada ed inseguimenti. Il sindaco in persona si reca sul posto a consolare i poliziotti, spossati dal troppo sforzo. Il profumiere, intanto, racconta con disappunto ai giornalisti che solo neri e cinesi vogliono comprare il suo prestigioso negozio e accusa gli arabi della zona di avergli inchiodato nottetempo l’entrata della bottega. I rastrellamenti continueranno ancora per qualche mese, svuotando la città da molti dei suoi ospiti indesiderati e riempiendo il Cpt di C.so Brunelleschi.
• Alla fine di maggio, cinque anarchici tentano di mettersi in mezzo durante un rastrellamento a San Salvario e vengono arrestati insieme agli immigrati. Una piccola folla muta assiste alla scena. Chi indifferente, chi soddisfatto e chi impaurito: nessuno interviene. Della trentina di stranieri fermati alcuni vengono espulsi, mentre i cinque vengono rinchiusi nel carcere delle Vallette. Dopo qualche giorno, il giudice li rinvia a giudizio e li fa scarcerare. La Lega Nord, indignata dal lassismo della magistratura, indice un presidio nel quartiere per il sabato successivo. Al presidio partecipano Mario Borghezio – eurodeputato leghista – e qualche militante, protetti dal cordone di polizia. Dall’altra parte della strada, una cinquantina di facinorosi li disturbano con slogan e sfottò. Lo stesso pomeriggio, ignoti entrano nella sede di Torino Cronaca, il giornale cittadino che da anni si distingue per la sua becera propaganda razzista: qualche computer della redazione viene danneggiato e i muri si riempiono di scritte.
• A giugno, un certo clamore si leva intorno all’arresto di alcuni carabinieri abitualmente di pattuglia a San Salvario. Sono accusati di essere consumatori e spacciatori di stupefacenti e di aver ricattato la madre di un tossicodipendente. L’inchiesta sarà presto insabbiata, ma oramai da qualche anno, nelle strade di alcuni quartieri torinesi, l’intera Arma dei carabinieri Ë conosciuta per le rapine ai danni degli immigrati clandestini, per i ricatti contro presunti spacciatori e per i sequestri a fini privati di sostanze illegali.
Alcuni abitanti di S. Salvario
San
Salvario, ora basta!
Maggio
è arrivato e a San Salvario è cominciata la stagione della caccia. I reparti
d’assalto dei gendarmi sono ad ogni angolo, i loro drappelli armati
battono il quartiere in cerca di prede. Davanti a loro corrono scodinzolando
alcuni bravi cittadini della zona, segugi volontari che indicano ai cacciatori
dove colpire. Dietro, tanta gente che guarda e sta zitta, che assiste alla
caccia facendo finta di nulla – come se fosse una cosa normale, come il cambio
delle stagioni o lo scorrere delle nuvole portate dal vento. Ma in questo mese,
a San Salvario, si è aperta la caccia all’uomo.
Niente
di nuovo, in realtà, sotto i cieli torinesi. Controlli, pattugliamenti, retate
e pestaggi sono all’ordine del giorno in tutta la città, da qualche anno
ormai. Ma ora i reparti d’assalto
danno il meglio di sé a San Salvario: li vediamo in azione tutti giorni, ed è
proprio quello che siamo costretti a vedere per le strade del nostro quartiere
che ci impedisce di tacere.
Tutto
il male che si dice a San Salvario sull’operato della polizia e dei
carabinieri è vero, e nessuno può ignorarlo. È vero che i gendarmi,
all’ombra dei cespugli del Valentino, derubano e ricattano gli immigrati che
capitano loro a tiro. È vero che i metodi sono sempre stati spicci nelle
caserme e nei posti di polizia. È vero anche che le prostitute che vengono
fermate debbono spesso sottostare alle voglie dei questurini.
Ma
quel che sta succedendo in questi giorni è che l’arroganza e la violenza dei
gendarmi non ha più bisogno di nascondersi nelle stanza discrete della questura
o ripararsi nella desolazione dei parchi pubblici: ora, alla luce del sole e di
fronte ai passanti, la polizia può inseguire, aggredire e malmenare chi è
sospettato di non avere i documenti giusti per respirare l’aria delle nostre
città.
Quel
che ci angoscia e ci fa rabbia non sono i lamenti di alcuni commercianti che
chiamano la polizia per vendere qualche profumo in più; non sono le pacche che
il sindaco distribuisce sulle spalle dei soldatini dei reparti
d’assalto, spossati per il troppo lavoro; non sono le menzogne e gli
allarmismi dei giornali; non sono neanche le violenze dei gendarmi ad
indignarci. Tutti questi fanno il loro mestiere, più o meno come sempre.
Quello
che ci fa tremare i polsi è l’indifferenza di chi guarda. Chi ci fa paura
sono tutte quelle brave persone che, dopo aver appeso la bandiera della pace sul
proprio balcone, non si accorgono o fanno finta di non accorgersi che la guerra
è proprio sotto casa. Come è possibile non avere niente da ridire quando
poliziotti armati fino ai denti inseguono donne la cui colpa è quella di
ritrovarsi in strada per sopravvivere? Come è possibile che i cuori non
sobbalzino quando le speranze e i progetti di tanti uomini e tante donne che
arrivano a Torino si infrangono sulle portiere delle volanti? Come riuscire a
stare ancora fermi e tranquilli quando, pesti e ammanettati, questi vengono
rinchiusi nel lager di Corso
Brunelleschi?
Chi
oggi accetta tutto questo senza battere ciglio, presto sarà pronto ad accettare
qualsiasi cosa. Se oggi la caccia al clandestino è una cosa normale,
domani diventerà normale che i reparti
d’assalto sfondino nottetempo le porte delle nostre case in difesa di un
potere sempre più totalitario e repressivo. Allora sì che San Salvario sarà
pulita e lucidata, ma a tutto profitto degli speculatori del comune e delle
agenzie immobiliari, e non ci sarà più posto per chi non è un ricco, un
padrone, un giornalista, un poliziotto - o anche solo un piccolo, pidocchioso
mercante di profumi.
Alcuni
abitanti di San Salvario
Lunedì 19 maggio 2003 dalle ore 17,30 sotto i portici di via Nizza PRESIDIO contro le retate, le espulsioni e contro i gendarmi nel quartiere