METTERSI D’ACCOR SUI CENTRI DI DETENZIONE...
L’equivalente francese dei Cpt sono i «centri di detenzione» (Centres de Rétention). Occorre tuttavia precisare che la Francia possiede una lunga tradizione di internamenti amministrativi (come semplice misura di polizia), ereditata direttamente dalla sua gestione coloniale (dall’Africa all’Oceania), e che quindi questi campi moderni fanno parte di una lunga catena di infamie che da oltre 150 anni ha visto transitare centinaia di migliaia di ribelli e di indesiderabili. Più recentemente, i rifugiati spagnoli che a migliaia attraversavano i Pirenei a partire dal 1938 sono stati ammassati in una decina di «campi di raggruppamento» nel sud della Francia, mentre tutti gli stranieri «indesiderabili» avevano subito la stessa sorte prima di loro. In seguito, nel 1940, questa misura è stata estesa a tutti gli individui «pericolosi per la sicurezza nazionale » sotto il regime di collaborazione con l’occupante nazista. I «campi di raggruppamento» sono allora diventati «campi di transito» utilizzati come anticamera prima della partenza verso i campi di sterminio nazisti. Nel dopoguerra è toccato agli algerini subire questo internamento amministrativo, durante la guerra d’Algeria e fino al 1961.
Il primo centro di detenzione, che rinchiude gli stranieri irregolari su semplice decisione della polizia, è stato creato nel 1964 ad Arenc, in un hangar su un molo di Marsiglia. Inizialmente raggruppava gli stranieri cui era proibito l’ingresso in territorio francese, poi ha cominciato ad ammucchiare quelli in attesa di espulsione. Ha funzionato in modo clandestino fino al 1975, senza che qualche decreto o circolare interna ne prevedesse l’esistenza. È appunto in tale data, in seguito allo scandalo sollevato da alcuni immigrati che hanno sporto querela per «sequestro», che la sua esistenza è stata rivelata e ufficializzata.
La prima legge che organizza i centri di detenzione viene votata nel 1979: da allora in poi il soggiorno irregolare sarà sanzionato con l’espulsione, mentre la reclusione amministrativa avverrà in campi legalizzati. La durata viene fissata in sette giorni, prorogabili in caso di «urgenza assoluta» o di «minaccia di particolare gravità» (che il governo utilizzerà contro i ribelli sociali di origine straniera al momento del loro rilascio dal carcere, contro gli oppositori politici dei regimi post-coloniali prima e di quelli «islamici» poi). Nel 1981, il quadro legale definitivo dei campi viene stabilito dalla sinistra: il soggiorno irregolare, una semplice infrazione passibile d’ammenda, diventa addirittura un reato punibile con un anno di prigione; quindi crea altri dodici crimini fra il 1983 e il 1984, senza contare le celle improvvisate annesse ai commissariati e alle gendarmerie.
Il tasso reale delle espulsioni resterà tuttavia limitato, giacché lo Stato impiega spesso più di sette giorni per scoprire la nazionalità dei «clandestini» (che non di rado distruggono le proprie carte di identità o se ne inventano una nuova), i funzionari dei consolati hanno qualche difficoltà a riconoscere i soggetti del loro paese e occorre diverso tempo per organizzare una espulsione (trasferimento dai campi periferici verso una imbarcazione o un aereo, prenotazione dei posti, gestione degli effettivi polizieschi necessari in caso di resistenza). Anche per ovviare a questo verranno firmati diversi accordi di «cooperazione economica» con le antiche colonie, di modo che da quel momento in poi determinati paesi riconoscano più facilmente come propri connazionali molti individui internati, e la destra e la sinistra prolunghino ulteriormente questo termine legale (tre giorni in più nel 1993 con la legge Pasqua e due giorni supplementari nel 1998 con la legge Chevènement). Il numero dei campi di detenzione è così passato da tredici a oltre trenta in dieci anni, senza contare le «zone d’attesa» create nel 1992 per le persone che vengono fermate al loro arrivo nelle stazioni, nei porti e negli aereoporti aperti al traffico internazionale, e la cui detenzione legale è di 20 giorni. Attualmente sono un centinaio.
Nel 2003, al fine di accrescere il tasso effettivo di espulsioni del 54% dell’anno precedente, il ministro dell’Interno ha cominciato a fare sul serio: la durata passa da 12 a 32 giorni, l’espulsione di stranieri già segnalati come respinti da un altro paese della zona Schengen diventa automatica, il processo d’appello contro la reclusione in questi campi potrà avvenire... per telefono o videoconferenza, collegati col tribunale direttamente dagli areoporti! Come per la gestione delle carceri, anche la macchina delle espulsioni ha bisogno di parecchi collaboratori. In questo numero di Tempi di guerra ci occuperemo del più famoso fra loro, il gruppo Accor.
Questa multinazionale affittava due interi piani dei suoi alberghi Ibis degli areoporti parigini di Roissy e d’Orly al ministero dell’Interno, da utilizzare come centro di detenzione. Le 120 camere del campo di Roissy hanno talmente concentrato ogni sorta di protesta umanitaria contro le abiezioni che vi avvenivano quotidianamente a partire dalla fine degli anni Novanta (igiene, sovraffollamento, pestaggi), che un nuovo centro è stato costruito. Ed è stato proprio il ramo immobiliare del gruppo Accor a vincere il contratto pubblico per costruire un nuovo campo di 180 posti nell’areoporto, campo che nel gennaio 2001 è stato inaugurato col nome di «Zapi 3» («zona di attesa per persone in partenza»). Accor non ha dunque perso nulla, avendo potuto accumulare notevoli profitti con l’hotel Ibis, per poi passare ad un’immagine più pulita diventando soltanto costruttore del nuovo campo, che ha giustificato in quanto comprende «tutti i servizi al berghieri» richiesti e affidati ad un’altra impresa, la Orlysienne de Restauration (che già gestiva la foresteria, la ristorazione e la manutenzione del centro di detenzione di Mesnil-Amelot, nella periferia parigina).
Beninteso, il campo Zapi 3 è perennemente sovraffollato: ad esempio, nel marzo 2003 a Roissy gli internati erano 400 per una capienza di 294 posti ufficiali, prima che diversi voli charter europei venissero organizzati d’urgenza con destinazione Senegal, Costa d’Avorio e Romania. Gli espulsi parleranno poi alla stampa nazionale di quel viaggio, testimoniando di aver viaggiato ammanettati e bloccati col nastro adesivo, di aver subito percosse e insulti, di essere stati, alcuni di loro, drogati con iniezioni di sedativi. Il ministero è stato costretto a riconoscere che numerosi sono stati i morti durante le espulsioni, la maggior parte dei quali soffocati in seguito a rivolte, come Mariame Getu Hagos, un etiope di 24 anni assassinato il 18 gennaio 2003 da tre poliziotti dopo essere stato sottoposto a schiacciamento per venti interminabili minuti.
Ma non è tutto. Giacché restava un altro filone da sfruttare, quello delle espulsioni propriamente dette. Ed è un’altra filiale del gruppo Accor, la Carlson Wagon-lit Travel (gestita assieme al gruppo americano Carlson), ad aver ottenuto dal ministero dell’Interno il monopolio della prenotazione dei biglietti d’aereo per gli immigrati espulsi, quelli degli sbirri che li accompagnano e l’alloggio fornito a questi ultimi nel paese d’arrivo prima del loro rientro. Incassa il 9% di commissione per ogni trasferimento aereo, considerando che il costo di un solo volo come il charter franco-tedesco del 3 marzo 2003 viene stimato dal ministero in 200.000 euro. Ed era sempre questa filiale a gestire la prenotazione dei biglietti ferroviari allorché gli espulsi venivano trasportati dalle ferrovie francesi dai campi lontani verso gli areoporti e i porti (Marsiglia), prima che fosse la polizia ad occuparsi direttamente del trasporto.
Dall’affitto dei piani degli alberghi Ibis alla costruzione diretta di un campo, dall’alloggio e la ristorazione in hotel per gli agenti della scorta durante gli scali alla gestione e alla prenotazione di biglietti ferroviari e poi aerei con la Carlson Wagon-lit Travel, il gruppo Accor si è arricchito ad ogni livello grazie alla macchina delle espulsioni. E siccome tutte le responsabilità in materia di collaborazione con i differenti ingranaggi della macchina delle espulsioni sono ben visibili e attaccabili, la sua fama ha già procurato al gruppo Accor diverse visite ostili: l’occupazione della terrazza dell’hotel Ibis di Roissy il 23 gennaio 1999 e poi la devastazione della hall di tre alberghi a Parigi per ottenere il rilascio di otto persone arrestate nel corso dell’occupazione, l’occupazione di un hotel Ibis il 20 marzo 1999 a Dijon, il saccheggio di una agenzia Carlson Wagon-lit Travel a Parigi il 6 giugno 1999, l’occupazione della «zona d’attesa» Roissy 3 in costruzione il 16 dicembre 2001, numerose vetrine Ibis e Carlson infrante nel corso di manifestazioni in diverse città.
In effetti non si tratta di una macchina
invincibile e astratta, dato che richiede la partecipazione di numerose
strutture, di amministratori e di collaboratori per funzionare bene. Accor è
uno di questi in Francia, e non il minore.
F.
IL GRUPPO ACCOR
Alberghi - Ibis (in Italia sono a Cremona, Milano,
Padova, Roma, Sesto Fiorentino, Verona), Sofitel, Novotel (Bologna, Brescia,
Caserta, Firenze, Genova, Milano, Roma), Mercure (Alessandria, Bari, Bergamo,
Brindisi, Roma, Foggia, Genova, Milano, Modena, Napoli, Parma, Reggio Emilia,
Rimini), Formule 1, Aria, Thalassa, Coralia, Pannonia, Etap, Hotélia, Parthénon,
Motel 6
Ristorazione - Lenôtre, Courtepaille
Noleggio - Europcar