DA LECCE...
Giovedì 1 aprile 2004, una quindicina di persone presidiano, con volantinaggio, megafonaggio e striscioni, la cappella dell’Università di Lecce, dove si tiene la messa pasquale celebrata da Mons. Ruppi, Arcivescovo di Lecce. L’alto prelato è a capo della fondazione “Regina Pacis” che gestisce il Cpt di San Foca.
Il presidio va avanti per circa un’ora, nonostante l’intervento delle forze dell’ordine. Alla fine della celebrazione, fortemente disturbata da slogan e discorsi al megafono (i contestatori, di fatti, erano sulla porta della cappella), il Vescovo è stato fatto uscire da una porta secondaria. Nei giorni successivi la stampa locale riporta l’accaduto distorcendo i fatti e vari esponenti politici, tra i quali una rappresentante del “Lecce Social Forum”, condannano la protesta. I contestatori rispondono con un volantino.
UNA MONTAGNA DI MERDA!
"Non parliamo per dire qualcosa, ma per ottenere un certo effetto"
Goebbels
Che gli scribacchini di regime siano da sempre servili, leccaculo e proni nei confronti dei poteri forti è cosa risaputa, ma che le loro menzogne passino impunemente, non possiamo certo permetterlo.
Chi avesse avuto la sventura di ascoltare un TG o leggere un quotidiano locale qualche giorno fa, in seguito alla contestazione dell’aguzzino Ruppi mentre celebrava una messa in una sede universitaria, tutto avrà potuto apprendere meno che una pur minima sembianza di verità. In questo senso, la frase del Ministro della Propaganda nazista sopra riportata, è indicativa di quanto i tempi non siano cambiati poi tanto. D’altra parte, è difficile scrivere qualcosa di almeno veritiero quando non si è presenti e si riportano le veline degli sbirri. Perché questo è in realtà accaduto: nessuno era presente, ma tutti si sono sentiti in dovere di dar vita ad un fastidioso chiacchiericcio. Crediamo quindi importante fare chiarezza su quanto realmente avvenuto.
Tanto per iniziare, non eravamo in otto e sullo striscione non era scritto quello che hanno riportato i servi della carta stampata, e sì che uno sbirro si è anche premurato di trascriverne il contenuto e che lo stesso striscione sia stato anche più volte fotografato in passato; ma d’altra parte, neanche ci aspettiamo che uno sbirro sappia contare o sappia scrivere!
Che sia intervenuta la polizia ad allontanarci è cosa altrettanto falsa; con buona pace di coloro che chiedono più controlli e più polizia per sentirsi più sicuri, possiamo tranquillamente affermare che, se lo avessimo voluto, saremmo potuti andare via prima dell’arrivo degli sgherri; invitiamo quindi gli onesti contribuenti che amano essere spiati nel vuoto delle loro misere vite, ad esprimere le proprie rimostranze per il tardivo intervento della polizia e per quello ancora più tardivo della Digos, probabilmente disturbati mentre pranzavano. Inoltre, il loro tutt’altro che tempestivo intervento non ci ha certo impedito di continuare a volantinare, megafonare, esprimere il nostro sdegno e chiarire i motivi per cui eravamo lì, come invece gli sbirri si sono affrettati di fare apparire.
Quello che in particolare ci teniamo a chiarire poi, è che non siamo andati a trovare il caro Monsignore semplicemente per fare "una chiassata" e neanche abbiamo contestato la gestione del Regina Pacis - come scritto e detto sempre dai vari scribacchini. Il motivo per cui siamo andati a trovare il rispettato Vescovo, è perché questi altro non è che uno sciacallo a capo di un vero e proprio lager in cui vengono deportati esseri umani che hanno la sola colpa di non avere i documenti in regola, lager di cui non contestiamo la gestione - perché non lo vogliamo più umano o più colorato -, ma pretendiamo la chiusura e la distruzione.
Oltre agli scribacchini, altre disgustose persone hanno ritenuto opportuno dare fiato ai denti. In primis don Cesare Lodeserto, segretario del Vescovo e direttore del lager, che ha detto di noi che siamo quelli che "agiscono nel buio dei senza volto"; nella realtà siamo andati a rendere la nostra visita di cortesia di giorno e tutti hanno potuto ben vedere chi fossimo, e ci sembra al contrario piuttosto autobiografica la sua affermazione, essendo invece lui un bastardo capace solo di agire nel buio di un luogo chiuso quale è il lager che dirige per calpestare la dignità umana e compiere abusi di ogni genere. Noi, da parte nostra, saremmo anzi ben felici di poterlo incontrare di persona per un piacevole scambio di opinioni, nel chiarore di chi ha un volto… Oltre a lui, nello stesso buio di cui parla agiscono i giornalisti, che non hanno neanche la decenza di firmare i loro articoli.
Un ultimo pensiero vogliamo riservarlo ai professionisti della contestazione che da anni appestano l’aria della nostra città e che ancora una volta hanno perso una buona occasione per tacere. Che non fossero al corrente di quanto sarebbe stato fatto è cosa ovvia, non ritenendoli nostri compagni di strada ed avendo desideri ed aspirazioni ben diversi; che la nostra visita al Vescovo non crei consenso sinceramente ci importa poco, non facendo noi biechi calcoli elettorali per fini utilitaristici, e se azioni come quella fatta siano opportune o meno, siamo noi che le compiamo a stabilirlo, senza bisogno di suggeritori.
Da parte nostra, possiamo solo garantire che torneremo, nei tempi e nei modi che più ci aggradano…
Qualcuno che c’era
5 aprile 2004
Domenica 18 aprile 2004, è in piazza il “Progetto Marta”. Sotto questo nome, la fondazione “Regina Pacis” tenta di ripulire la propria immagine, raccogliendo viveri e ridistribuendoli tra i poveri, gli immigrati e i senzatetto della città. Alcuni compagni contestano l’iniziativa con un proprio volantino. La polizia interviene per bloccare il volantinaggio ed identificare i presenti. Al loro rifiuto di esibire i documenti seguono spinte, strattonamenti e il tentativo di portare alcuni contestatori in questura. Alla fine però tutti riescono ad allontanarsi senza essere identificati.
Alcuni giorni dopo, in seguito all’affissione sui muri di Lecce di un volantino che riporta l’accaduto, la polizia ferma e trattiene per diverse ore in questura un compagno perquisendolo, fotografandolo e rilevandone le impronte digitali.
PROGETTO MARTA, DOCUMENTI E REPRESSIONE
Da che mondo è mondo, i bastardi, i carnefici e gli aguzzini tra loro si sono sempre riconosciuti ed aiutati, senza mai calpestarsi i piedi. La stessa cosa è accaduta nel pomeriggio di domenica 18 aprile, quando gli organi repressivi dello Stato hanno fatto lo sporco lavoro che sono soliti svolgere, accorrendo per tutelare l’immagine degli aguzzini di turno, che amano nascondersi sotto le vesti di benefattori.
Scenario del loro disgustoso intervento è stata Piazza S. Oronzo, dove era stata istituita una raccolta viveri dal "Progetto Marta", che altro non è che l’ennesima idea della Fondazione Regina Pacis, la stessa che gestisce l’omonimo centro di carcerazione per immigrati a San Foca. Il "Progetto Marta" è un progetto attivo da un anno circa, che si occupa di distribuire pasti in giro per la città a poveri, immigrati e senza casa. Una lodevole iniziativa benefica utile ad aiutare i poveri a restare tali, attraverso la quale la curia leccese dà anche una bella risciacquata alle proprie mani grondanti di sangue e punta a creare consenso e soffocare il dissenso nei confronti del proprio operato.
E proprio per esprimere il proprio dissenso ed informare su chi e cosa realmente si nasconde dietro il "Progetto Marta", nove persone sono scese in piazza a dare un volantino ai passanti, ma la paura di intaccare la verginità che di continuo la fondazione Regina Pacis tenta di ricostruirsi ha fatto materializzare i difensori degli sfruttatori: gli sbirri. Attaccandosi alla solita scusa della mancanza di autorizzazione per volantinare nel centro storico, pretendevano costoro di tapparci la bocca e farci andare via e, naturalmente, di identificarci. Ad un nostro rifiuto di tirare fuori i documenti o declinare le generalità, gli sbirri hanno sentito intaccata la loro autorità ed hanno cominciato prima a strattonare e poi tentato di infilarci nelle auto per portarci in questura, facendo intervenire pattuglie su pattuglie ed usando i metodi poco ortodossi che da sempre li accompagnano, sotto gli occhi piuttosto allibiti di decine di persone e turisti, venuti ad ammirare il barocco e meravigliati dal fatto che possano accadere certe cose per un semplice volantinaggio.
Ci teniamo a chiarire che rifiutandoci di dare i nostri documenti al primo coglione in divisa che ci si para davanti, non lo facciamo certo per un misero gusto del rischio, e non lo facciamo neanche solo perché non amiamo essere continuamente controllati, spiati e schedati da loschi figuri armati che rappresentano una istituzione che non riconosciamo e che disprezziamo profondamente; quella di non fornire generalità è una scelta precisa proprio dal momento che quotidianamente portiamo avanti la nostra lotta per la chiusura e la distruzione dei lager in cui vengono rinchiusi centinaia di esseri umani la cui unica colpa è proprio la stessa di cui ci siamo macchiati noi domenica pomeriggio: la mancanza di un documento. Fino a che questo sarà un reato, continueremo a macchiarcene in solidarietà con chi non può fare altrimenti.
E a chi si sia scandalizzato o abbia avuto modo di riflettere come per un semplice volantinaggio e la mancata esibizione di un documento lo Stato scateni le sue forze repressive che non esitano a mostrare i muscoli e tentano di trarre in arresto nove persone in piazza, vogliamo fare presente che questo è esattamente quanto accade ogni giorno in tutte le città italiane, dove i rastrellamenti e le deportazioni a danno degli immigrati sono la norma, ed accadono quasi sempre nell’indifferenza più totale di chi vi assiste e a spese di uomini e donne che comunque, al contrario di noi, sono considerate inesistenti per legge, e si può quindi fare di loro ciò che si vuole dal momento che, non esistendo, nessuno potrà interessarsi a loro.
Chi finirà con il rinchiuderli, chi si accollerà il piacere/dovere di tenerli dietro le sbarre e impedirgli di fuggire con ogni mezzo necessario - compresi pestaggi e somministrazione di psicofarmaci -, guadagnandoci sopra anche tanto denaro, sono gli stessi che domenica raccoglievano viveri per gli immigrati, e questo è un fatto incontestabile.
A noi e a chi voglia essere nostro complice, invece, spetta il compito di smascherare questi sciacalli e attivarci per distruggere i luoghi di detenzione, per la liberazione di chi vi è rinchiuso per la mancanza di un documento e per la nostra che rischiamo di finirci per esserci rifiutati di esibirlo in solidarietà con loro. Per arrivare a fare un giorno un grande falò dei documenti stessi perché si sa, la carta brucia…
Nemici di ogni frontiera