CHI DA UN LAGER,
CHI DALLA VITA
Una bella notizia, di quelle che scaldano gli animi. Fra
marzo ed aprile, in quattro diverse occasioni, qualche decina di immigrati
riesce ad evadere dal lager bolognese di via Mattei. Contro un sistema infame
che li vuole rinchiusi solo perché privi dei pezzi di carta giusti, contro
tutte le anime pie antirazziste che vorrebbero dei lager più umani e colorati,
ora sono liberi – in una società ostile e sfruttatrice, ma liberi. Il nostro
cuore è con loro.
Anche altri prigionieri sono evasi, ma per sempre. Si tratta
delle detenute morte durante un assalto ad una prigione irachena, a metà
aprile. Quella che sembrava sulle prime un’azione incomprensibile quanto
disperata, risulterà fin troppo chiara quando si verrà a sapere che le
prigioniere di quel carcere venivano sistematicamente stuprate sia dalla polizia
irachena che dai militari americani. Un loro disperato appello, circolato nei
quartieri, invitava a porre fine, con qualsiasi mezzo, a quelle terribili
violenze. Così è stato.
Le due facce della stessa realtà. Una lontana guerra di
occupazione, fatta di bombardamenti, repressione e stupri. La guerra quotidiana
dello sfruttamento, fatta di miseria, gabbie e razzismo di Stato.
Se avremo il coraggio di guardarla in faccia, questa realtà, non vedremo alcuna separazione fra una lotta contro le espulsioni e la più generale ostilità verso un ordine sociale assassino che sta facendo della guerra infinita la sua stessa condizione di sopravvivenza. Allora la guerriglia sociale irachena si affiancherà, nelle sue prospettive come nel suo attuale isolamento, alle rivolte in Occidente. Allora apparirà sempre più chiaro che chi non è con i fuggiaschi di Bologna è con i secondini dell’Iraq.
La libertà. La breccia nel filo spinato ce ne dava l’immagine concreta.
P.
Levi, Se questo è un uomo