AVVISO AI CORRISPONDENTI

Tempi di guerra nasce per soddisfare un’esigenza, quella di mettere in corrispondenza le varie forme di lotta contro le espulsioni e il loro mondo.

La macchina delle espulsioni non è solo un odioso meccanismo repressivo, ma anche uno specchio della realtà in cui viviamo. Se milioni di donne e uomini errano in ogni parte del pianeta alla ricerca di condizioni di vita più sopportabili, spinti dalla guerra, dalla miseria o dai quotidiani disastri della produzione industriale; se ad accoglierli trovano la polizia, i campi di concentramento, la deportazione, quando non la morte al largo delle coste — significa che siamo tutti stranieri in questo mondo. Se un senso di sradicamento si diffonde in ogni piega del sociale, se masse intere di poveri sono diventate inutili ai loro stessi padroni, lasciate a marcire nelle riserve del paradiso mercantile o affidate al racket delle organizzazioni umanitarie — allora la guerra è ovunque, e siamo tutti coinvolti. Una società incapace di attaccare le cause di uno spossessamento così radicale può solo creare falsi nemici e generalizzare la paura. Nelle immagini della propaganda, l’immigrato è un “terrorista” o un amico dei “terroristi”. Ma non sta succedendo forse la stessa cosa con il sindacalista di base, l’anarchico, il comunista o il tranviere incazzato? L’importante, in questa mobilitazione totale “contro i terroristi”, è che continui il terrorismo quotidiano dell’economia e degli Stati. Chiunque disturbi può allora essere espulso o rinchiuso, in un modo o in un altro.

Questo bollettino avrà come angolo d’attacco i lager per clandestini — quelli che la burocrazia dell’eufemismo chiama ´centri di permanenza temporanea e di assistenza' — e tutto ciò che li fa esistere e funzionare. Troviamo semplicemente ripugnante che degli esseri umani vengano internati solo perché non hanno i documenti giusti. Sappiamo che, se questa infamia particolare è il prodotto di un’infamia generale, le responsabilità sono tuttavia ben concrete e specifiche, e non siamo disposti a chiudere gli occhi. I lager non li vogliamo più umani, più colorati, più rispettosi dei diritti e della legalità. Li vogliamo rasi al suolo, punto e basta.

Attraverso le pagine del bollettino cercheremo di far parlare le idee e le pratiche di questa inimicizia senza mediazioni, in una prospettiva che rifiuta ogni logica istituzionale e che mette in discussione, assieme ai lager, il mondo che li genera. Forniremo più documentazione possibile su come funziona la macchina delle espulsioni — strutture e ingranaggi, gestori e collaborazionisti — al fine di capire che non si tratta di una macchina invincibile. Pubblicheremo notizie di rivolte e d’evasioni, di attacchi o semplici iniziative, riporteremo volantini, cronache di lotte, racconti di esperienze vissute ed altri contributi. Cercheremo inoltre di capire come sta progredendo il controllo sociale su tutti, grazie anche all’ausilio delle nuove tecnologie.

Tenuto conto della forma agile di Tempi di guerra, si tratterà di testi brevi, lasciando le analisi più approfondite ad altri contesti. Invitiamo tutti gli interessati a inviarci notizie, informazioni e considerazioni, anche attraverso semplici ritagli di giornale. Il bollettino — di cui sono previste almeno quattro uscite all’anno — cercherà di avere uno sguardo attento su quello che succede a livello internazionale, così come, nei limiti del possibile, sulle esperienze del passato.

Cosa intendiamo, dunque, per corrispondenza? Corrispondere in tempi di guerra è altra cosa dall’accatastare meticolosamente informazioni, dal baloccarsi con le analisi che spiegano tutto, dal descrivere le mosse spietate, evidenti e nascoste, del nemico. E' altra cosa anche dall’elencare le mille e una forma di resistenza. Si tratta di conoscere un meccanismo al fine di incepparlo. Di far emergere le diverse espressioni di insubordinazione dal loro isolamento sociale, storico e geografico, per coglierne lo sfondo e gli aspetti comuni. Di mettere in rapporto vari modi di vivere in questo presente di guerra e di insorgere contro i suoi Campi, segno della miseria e contenitori della tempesta.

Una corrispondenza non può allora essere l’organo di un partito o di un gruppo politico. Gli individui partecipi a Tempi di guerra si considerano, semplicemente, parte di questa corrispondenza, delle sue idee e delle sue pratiche. Il bollettino potrà diventare strumento di collegamento fra varie realtà in lotta, ma ancora non lo è. Si tratta, per il momento, di dar voce ad un’insofferenza che esiste, di darle le sue ragioni, tanto generali che particolari, e approntare strumenti di conoscenza, di scambio e di azione.

Il resto dipende da voi come da noi.