UN
APPELLO
Lettera da dietro le mura di un carcere italiano: come
dobbiamo fare per vivere e non morire “sotto tortura”?
Il motivo per cui ci troviamo in carcere è dovuto all’accusa di appartenere ad un gruppo di “terroristi mussulmani”, che avrebbe operato in Italia, collegato addirittura con Bin Laden e Al Quaeda. Ma a questo proposito vogliamo far sapere che, secondo noi, il terrorismo islamico in Italia non esiste e ciò è dimostrato dal fatto che, malgrado la scandalosa campagna denigratoria fatta ai danni degli arabi da giornali e televisioni, e i numerosi arresti, non è mai successo nulla.
La cosa che teniamo a sottolineare è quella che, dopo essere stati inizialmente e ingiustamente accusati di terrorismo in seguito, non avendo riscontrato nulla a nostro carico, siamo stati condannati solo per gli articoli 81/416/110/648 che nulla hanno a che vedere con il terrorismo.
Per questo primo motivo già siamo stati giudicati e condannati da tribunali militari tunisini, in contumacia e senza alcuna possibilità di difesa per noi che sino alla conclusione del processo non ne eravamo neppure a conoscenza. Quindi se il governo italiano o le autorità preposte dovessero decidere per la nostra estradizione, teniamo a sottolineare che, in Tunisia, per noi ci sarebbe una inimmaginabile sequenza di torture con il finale della nostra morte.
La sorte, infatti, degli oppositori politici del governo tunisino è notoriamente rimessa all’arbitrio dell’autorità militare che risponde unicamente ad esigenze ed interessi del potere politico e ciò in piena inosservanza delle regole democratiche vigenti nei paesi europei ed in Italia.
La Tunisia è, sotto gli occhi di tutti, un regime che non ammette oppositori e che, pur di garantirsi il potere, viola i diritti umani, civili e politici propri dei cittadini. È notizia nota, per essere stata pubblicata, tra gli altri, su Il Manifesto in data 15.12.02, l’aggressione subita da un ex giudice, Sig. Mokhtar Yahyaoui, per aver reclamato l’indipendenza della giurisdizione; lo stesso trattamento veniva riservato al suo avvocato Saida Akremi Bhiri. Per cui appare superfluo ribadire la fine che naturalmente faremmo noi se venissimo espulsi dall’Italia e portati in Tunisia. Da tanto tempo avevamo inviato istanze a molti centri politici, questure di vari paesi, ad Amnesty International, senza avere mai nessuna risposta che ci dia la speranza di poter sopravvivere ed appunto: come dobbiamo fare per vivere e non morire “sotto tortura”?
Chiediamo a questo punto a tutti coloro che si adoperano per i diritti e\o la dignità dell’uomo di valutare ed aiutarci per la nostra difficile posizione e lasciarci ancora una speranza per vivere. Io e i miei coimputati attendiamo con ansia una vostra cortese e generosa risposta.
Distinti saluti.
Essid Sami Ben Khemais
Essid Sami Ben Khemais - Via Trodio, 8 - 89015 Palmi (Rc)
Charaabi Tarek - Via San Biagio, 6 - 81030 Carinola (Ce)
Kammoun Mehdi - Via Lamaccio, 2 - 67039 Sulmona (Aq)
Ben Soltani Adel è già stato scarcerato e portato nel Cpt di Agrigento
Bouchoucha Moktar - Carcere Badu’E Carros - 08100 Nuoro
Aouadi Mohamed - Via Andria, 300 - 70059 Trani (Ba)