TELL AL-MASHHAD
Le attività della Missione Archeologica Italiana
a Tell al-Mashhad (Regno Hascemita di Giordania)
Luglio-Agosto 2011
La quinta campagna di scavi e ricerche archeologiche nel sito di Tell al-Mashhad, in Giordania, si è tenuta tra il luglio e l’agosto 2011.
La Missione, diretta da Francesco M. Benedettucci (Associazione OLIM di Roma), era composta da uno staff di sei persone: oltre al responsabile, erano presenti il Dr. Luca Aprile (topografo e naturalista –Associazione OLIM-), il Dr. Angelo Ghiroldi (Archeologo -Centro Studi Diyala di Roma-), il Dr. Dario Scarpati (Archeologo -Direttore del Museo Civico “E. Nardi” di Poggio Mirteto-) e gli studenti Giulia Marciani e Nicolò Pini (entrambi dall’Università degli Studi di Siena).
In rappresentanza del Dipartimento delle Antichità del Regno di Giordania, è stato presente il Dr. Khaled Ahmad al-Hawawreh, dal Museo Archeologico di Madaba.
Il rilievo topografico e le ricerche naturalistiche
(Dr. Luca Aprile)
LINEAMENTI DEL CONTESTO GEOLOGICO – FISIOGRAFICO
Per comprendere l’importanza naturalistica del sito Tell Al Mashhad occorre inquadrarlo da un punto di vista geologico e fisiografico. A grandi linee questo sito è parte del Rift Jordano, frattura della crosta terrestre, che si è formata dalla separazione delle placche tettoniche africana e araba. La parte nord della Rift Valley forma la valle del fiume Giordano che scorre generando il lago Hula, il mar di Galilea ed il Mar Morto. A sud del Mar Morto la Rift Valley è occupata dal Wadi Araba ed ancora più a sud dal golfo di Aqaba e dal Mar Rosso. La Rift Valley giordana risulta in continuità fisica con la Rift Valley Africana; questo corridoio naturale ha permesso a molte specie animali e vegetali di diffondersi dall’Africa al Medio Oriente e viceversa (Horzowitz A. 2001). Nel Rift Giordano Possiamo distinguere quattro domini fisiografici, geologici e biogeografici:
- L’area di Rift, cioè la depressione generata da un sistema di faglie distensive, che ha portato ad evidenti effetti sul clima, sulla idrologia e sulle attività antropiche. La parte depressa, anche definita graben, è colmata da sedimenti quaternari. Il graben in corrispondenza del Mar Morto raggiunge i 400 m sotto il livello del mare attestandosi come il punto più basso della superficie terrestre. La parte nord della Rift Valley è utilizzata a scopi agricoli perché ricca dell’acqua proveniente dal Giordano e dai numerosi punti sorgivi che si trovano sui fianchi cioè nelle scarpate.
- Le aree di scarpata ad EST e ad Ovest delimitano la depressione del Rift con superfici sub verticali incise da profonde valli fluviali meandriformi. Queste profonde e suggestive valli (Wadi) sono scavate sulle formazioni sedimentarie del Cretaceo Superiore (Ajlun Group), sulle sottostanti formazioni rocciose del Cretaceo Inferiore (Kurnub Group), ed in qualche caso, sulle formazioni Jurassiche (Zarqa Group). A diverse quote, all’interno delle valli si trovano le alluvioni terrazzate (sedimenti fluviali con superfici sub-orizzontali) che confermano gli stati di stazionamento fluviale nel corso del quaternario. I terrazzi più antichi sono quelli situati alle quote più elevate.
- Le aree dell’altipiano Giordano ed il Plateau. Le aree di altipiano sono costituite da formazioni del Cretaceo profondamente incise. Tali formazioni raggiungono i 1200 m per degradare dolcemente verso il Plateau Giordano a est, il quale risulta caratterizzato da superfici piane leggermente incise da wadi che drenano verso alcune depressioni ad est. Le emissioni basaltiche creano un rilievo con forme dolci e arrotondate.
- Deserto Giordano a Sud – zona arida caratterizzata da affioramenti di arenarie Paleozoiche, dune sabbiose e rocce del basamento cristallino.
IL SITO
I siti Tell al Mashhad (516 m slm) e il sottostante Wadi Ayon Musa (450m slm) sono parte del dominio della scarpata est del Rift. In particolare il Wadi Ayon Musa incide profondamente i sedimenti del Cretaceo, nella fattispecie: calcari selciferi, calcilutiti e arenarie profondamente tettonizzate con sinclinali, anticlinali e falde di ricoprimento. Lo stesso wadi ha inciso terrazzi quaternari a diversa quota evidenziando interessanti stratigrafie contenenti spesso industrie paleolitiche.
LA FLORA
Le precipitazioni annue oscillano fra i 150 e i 200 mm e per questo, tale sito può essere inquadrato nella zona climatica stepposa. La specie vegetale dominante nella zona risulta il cespuglio spinoso Sarcopoterium spinosum.
Per quanto concerne il sottostante sito Ayon Musa (secondo la tradizione biblica la sorgente di Mosè) sono necessarie alcune precisazioni. Realisticamente possiamo parlare di almeno due zone sorgive di cui una sottostante al bancone calcareo che forma un riparo sottoroccia profondo 20 m ed alto 8 m; e l’altra sorgiva che si trova poche centinaia di metri a sud-ovest in corrispondenza degli Eremitaggi Bizantini segnalati nella carta archeologica. A partire dalla zona sorgiva verso ovest la valle cambia la sua fisionomia. Nella parte più bassa, infatti, si trovano terrazzi fluviali quaternari a diverse quote coltivati ad ulivi e viti; i contadini hanno canalizzato le sorgenti per sfruttare al massimo la poca acqua della zona.
Nelle immediate vicinanze della sorgente possiamo segnalare: la canna comune da fiume Arundo donax, il Salice Salix acmophylla Boiss, l’Ephedra aphylla Forrsk. il Ficus carica, il cappero Capparis spinosa L. e tantissime specie di Compositae non meglio riconosciute perché non in fioritura ad eccezione di alcuni esemplari del genere Echinops (Fg. 1). Nel riparo sottoroccia della sorgente sono presenti diverse igrofite fra cui diverse specie di Muschi ed Epatiche, e un’unica Pteridofita, il capello di venere, Capillis veneris.
Fg 1 Gen. Echinops sp.?. in fioritura, aggredito da insetti coleotteri pronubi
LA FAUNA
Mammiferi
Nel corso della missione sono stati avvistati: la Volpe (Vulpes vulpes), il Gatto selvatico dal colore fulvo (Felis silvestris), diverse famiglie di Chirotteri (pipistrelli).
Anfibi
Nel piccolo ruscello che si forma nelle immediate vicinanze dalla zona sorgiva vivono almeno due specie di Anuri (Rane) non meglio classificate.
Rettili
Gli avvistamenti hanno riguardato una specie appartenente alla Famiglia dei Geconidae, si tratta del Ptyodactylus guttatus ( Rubben I. & Dissi. 2006) (Fg. 2). Il corpo è lungo 6 cm, la coda 5 cm, timido ed elusivo geco che vive nascosto nelle fratture verticali dei calcari e delle arenarie. Preferisce esporre il proprio corpo al sole rimanendo comunque aggrappato alle pareti sub verticali delle scarpate. Gli esemplari osservati, al minimo sentore di pericolo, compiono dei piccoli salti da una roccia all’altra per nascondersi nelle strette fratture, che all’intensissima luminosità del giorno appaiono buie. Il Ptyodactylus guttatus è stato avvistato sia alle quote più alte che a quelle più basse dell’area di studio.
Fg. 2 Ptyodactylus guttatus
Un altro abitatore del sito è un grosso rettile simile ad una lucertola appartenente alla Famiglia Agamidae, Laudakia stellio (Rubben I. & Dissi. 2006) (Fg. 3), corpo 10 cm, coda 14 cm. Difficilissimo da osservare vive in comunità nel fondo valle del Wadi Ayon Musa. Si trastulla al sole sui crolli di fondo valle stendendosi su superfici sub orizzontali per nascondersi al minimo pericolo sotto i grossi massi. Contrariamente al Geconidae questo rettile non è stato mai avvistato nella parte alta del sito, quindi sembrerebbe preferire il fondo del Wadi.
Foto 3 Laudakia stellio
Artropodi
Sono stati individuati almeno due specie, non meglio identificate, appartenenti all’Ordine Scorpioni, Famiglia Buthidae, emersi dalle loro tane durante lo scavo archeologico.
Diversi sono le specie di ragni che vivono nella zona di studio.
Insetti
Tante sono le specie osservate appartenenti alla Classe Insecta; per quanto riguarda i grilli, Ordine Orthoptera, i rappresentanti appartengono alla Famiglia Acrididae e a quella Tettigonidae.
In prossimità del piccolo ruscello è ben rappresentato l’ordine Odonata con il Sottordine degli Anisotteri, sono state osservate le specie Sympetrum fonscolombii (Fg. 4) e Orthetrum chrysostigma.
Fg. 4 Sympetrum fonscolombii
Nell’area della stazione topografica 1000 il Dott. Ghiroldi ha osservato uno splendido esemplare appartenente all’Ordine Mantodea, Famiglia Mantidae (D'Aguilar J.L. Dommanget R.P.,1990)
Tante le specie del Superordine Hemiptera sia dell’Ordine Omopthera sia dell’Ordine Eteropthera; di quest’ultimo ordine è stata osservata una specie molto diffusa della Famiglia Lygaeidae Genere Ligaeus sp.? (Fg. 5) (Chinery M. 1998). Tantissime sono le specie appartenenti all’Ordine Coleoptera. Per l’Ordine Lepidoptera avvistamenti hanno riguardato le seguenti specie: Pieris Brassicae della Famiglia Pieridae, Lycaena thersamon della Famiglia Lycaenidae.
Fg. 5 Ligaeus sp.?
Un'altra interessante creatura osservata, di sera, nella parte alta dell’area di studio è un grosso millepiedi Archispirostreptus syriacus (Fg. 6) appartenente alla Classe Diplopodae, Ordine Spirostreptida, Famiglia Spirostreptidae (Rubben I. & Dissi. 2006). Questo grosso artropode avvistato in gruppo di 4 – 5 esemplari probabilmente in accoppiamento, vive solitamente in prossimità dei piccoli ripari sotto roccia esposti a sud-est.
Fg. 6 Archispirostreptus syriacus
Le specie ornitologiche ripetutamente avvistate sono:
La Colomba comune Columba livia; almeno due specie di tortora Streptopelia turtur e Streptopelia decaocto; il falchetto Falco tinnunculus; la bellissima Upupa epos con l’ampia cresta; la Galerida cristata detta anche cappellaccia; il comune merlo Turdus merula (Peterson, Mountfort, Hollom, 1988) (Clark William, 2009). Il gruccione Merops orientalis (Rubben I. & Dissi. 2006) merita un posto di riguardo nella frequentazione del sito Ayon Musa, infatti colonie di circa 30 esemplari di questo coloratissimo ed legante uccello ondeggiano sulla zona umida sfruttando le correnti ascensionali generate dal calore accumulato nella valle. Queste ascendenze termiche sostengono il volo e danno la possibilità di trovare insetti volanti che aspirati dalle ascendenze termiche vengono abilmente catturati.
CONCLUSIONI
Queste poche osservazioni, compiute nell’ambito della ricognizione archeologica e della realizzazione della topografia archeologica della zona, mettono in luce diversi aspetti naturalistici di notevole interesse. Il Wadi Ayon Musa rappresenta un’area di rifugio per molte specie di particolare interesse, soprattutto per quelle sessili. Di notevole interesse, considerando il carattere “insulare” dell’area umida, sono i Muschi, le Epatiche e le Pteridofite, ma anche i diversi Anuri osservati potrebbero appartenere a specie e sottospecie esclusive della zona. Non si è riusciti ad avvistare microammiferi nè tanto meno resti appartenenti a questi piccolo animali. Si può concludere, da questi pochi elementi, che gli studi naturalistici nella zona sono ancora ad un livello primordiale, sarebbe opportuno approfondire le tematiche ecologiche dell’intera valle.
BILIOGRAFIA:
Chinery M. 1998. Guida degli insetti d'Europa. Franco Muzzio Editore.
Clark William, 2009. Guida ai rapaci d'Europa, Nord Africa, Medio Oriente. Franco Muzzio Editore
D'Aguilar J.L. Dommanget R.P.,1990. Guida delle libellule d'Europa e del Nord Africa. Franco Muzzio Editore, 333 pp.
Horzowitz A. 2001. The Jordan Valley. Ed. Swets & Zeitlinger B.V., Lisse
Peterson, Mountfort, Hollom, 1988. Guida degli uccelli d’Europa. Franco Muzzio Editore
Rubben I. & Dissi. 2006. Field Guide to the Plants and Animals of Petra. Ed. Petra National Trust.
Le attività archeologiche
Le attività archeologiche si sono concentrate nel settore interno alla struttura, nel settore presso lo spigolo Nord-occidentale, denominato “Area A” (Fgs. 7-8).
Fg. 7
Fg. 8
Qui erano affioranti alcune pietre lavorate, che si sono rivelate parte di un’ulteriore struttura muraria rivolta a Ovest, con un andamento Nord-Sud; tale muro è stato denominato W1, per distinguerlo dall’antistante muro W.
Si tratta di un muro, la cui altezza media si aggira attorno a m. 1.70, che doveva costituire il limite di un terrazzamento; lo scavo ha rivelato che esso era stato edificato utilizzando pietre di diverso taglio direttamente al di sopra del letto di roccia. Questo, composto da calcare nodulare, affiorava poco a Ovest dello stesso muro W1; esso era stato tagliato e modificato per consentire alle grandi pietre del muro W di essere inserite ed adattate per creare il terrazzamento destinato ad ospitare l’intero edificio. Le stesse pietre del muro W costituivano il piano pavimentale dell’Area A.
Il muro W1 appariva essere sostenuto da altre tre strutture murarie minori, denominate W1a, W1b e W1c, tutte erette con pietre di medio e grande taglio e tutte con andamento Ovest-Est; tra queste, di particolare importanza e monumentalità appariva il muro W1a, costituito da una doppia gradinatura verso il muro W1. La larghezza delle pietre del muro W1a è di m. 1.20 circa; si tratta di una notazione di particolare rilevanza, dal momento che, proprio in corrispondenza del muro W1 (Fg. 9), quest’ultimo presentava un intervallo tra le pietre, che potrebbe essere facilmente interpretato come un passaggio verso il terrazzamento superiore; tale intervallo era ampio circa m. 1.00, quindi minore rispetto alla sopra nominata ampiezza delle pietre del muro W1a; la conseguenza è che quest’ultimo potrebbe essere interpretato come una rampa a doppio gradone connessa con l’apertura in W1 (Fg. 10).
Fg. 9
Fg. 10
I muri W1b e W1c, invece, non avevano caratteristiche analoghe; oltre a dividere l’area A in ambienti di minori dimensioni, essi dovevano fungere come muri di spinta e sostegno del muro W1.
Tra i materiali rinvenuti, vanno segnalati soprattutto alcuni frammenti ceramici, tutti databili al periodo del Ferro IIC (fine VIII-VII secolo a. C.) relativi a vasi da conservazione (essenzialmente giare del tipo “Ridged Neck Jar”, con una cresta all’altezza di metà collo, ma anche crateri con larga imboccatura e piatti con orlo estroflesso); in ambito ceramico, appaiono particolarmente rilevanti soprattutto due frammenti: uno riguarda una rara tipologia di ciotola, con una particolare decorazione a ingubbiatura e lucidatura rossa e una rara impugnatura orizzontale, che trova pochi riscontri nella produzione contemporanea della Transgiordania, ma numerosi in siti palestinesi, quali Samaria e Hazor; il secondo è invece relativo ad un’altra ciotola carenata e con pareti con scanalature orizzontali, che appare in siti dalla buona stratigrafia (come Tell es-Sa’idiyeh, nella valle del Giordano) in contesti sempre di età del Ferro IIC, ma che, nel presente caso, mostra la presenza di una base a tripode, che rendono l’esemplare pressoché unico nel suo genere.
Di grande rilievo è stato anche il rinvenimento di una piccola testa di cavallo in argilla, che mostra diverse analogie con altri esemplari rinvenuti in ambito palestinese e transgiordano; l’esemplare da Tell al-Mashhad presenta tuttavia la particolarità di un canale interno per il passaggio di liquido che ne rendono plausibile l’interpretazione come frammento di un vaso rituale (Fg. 11).
Fg. 11
Tra gli altri oggetti, vanno segnalati soprattutto la conchiglia del tipo Veneroidea (di origine mediterranea), con un foro che ne consentiva l’utilizzo come pendente, e un consistente gruppo di oggetti in pietra, destinati alla macinazione di granaglie, analoghi a quelli portati alla luce durante la campagna 2010.
Il secondo settore di scavo ha riguardato l’antemurale Nord, denominato muro N1 (Fg. 12), antistante il grande muro Nord (o N) dell’edificio quadrangolare. Tale muro corre parallelo al muro maggiore, andandosi a congiungere al muro W e all’antemurale Est (denominato E1); la distanza media dal muro N è di circa m. 1.50, mentre l’altezza media si aggira attorno al metro. Anche questo basso muro, la cui funzione non appare del tutto chiara, era composto da pietre di medio taglio, unite a secco. Il poco materiale ceramico rinvenuto è per caratteristiche simile e contemporaneo a quello portato alla luce lungo il muro N durante la campagna del 2010.
Fg. 12
Le attività svolte dalla Missione Archeologica Italiana a Tell al-Mashhad
con il Sermig-Arsenale della Pace a Madaba
A partire dalla campagna 2011, la Missione Archeologica Italiana a Tell al-Mashhad ha avviato un progetto sperimentale con il Sermig – Arsenale dell`Incontro di Madaba, afferente all’Arsenale della Pace di Torino, durante il quale si prevede la partecipazione di ragazzi giordani ad alcune attività svolte dalla Missione. In questo quadro, il progetto ha visto lo svolgimento di alcuni incontri di due tipologie differenti: due incontri sono stati svolti presso la sede del Sermig con il coinvolgimento di alcuni giovani affetti da disabilità di diverso tipo, nonchè dei loro insegnanti e riabilitatori; in questo ambito, alcuni archeologi hanno proposto agli operatori del Sermig, sulla scorta di alcune esperienze avute in Italia, l’utilizzo dell’archeologia come strumento di intervento durante le attività riabilitative svolte da operatori specializzati nei confronti di persone affette da disabilità. Altri due incontri sono stati invece svolti con ragazzi di Madaba, di estrazione sociale, religiosa e culturale diversa, che prendono parte alle attività organizzate dal Sermig stesso; il primo incontro si è svolto presso la sede madabese dell’organizzazione italiana, mentre il secondo ha visto lo svolgimento di una visita guidata nell’area oggetto dello scavo da parte della nostra Missione.
Per quanto riguarda la prima tipologia di incontri, l’incontro con i ragazzi disabili è stato preceduto da quello preliminare tra operatori italiani e giordani in cui sono state esaminate le dinamiche relazionali tra i ragazzi e gli operatori, nonché analizzati gli eventuali problemi da affrontare, quali la non scolarizzazione dei ragazzi. Il concetto di “storia”, e di conseguenza l’idea di “profondità temporale” è stato affrontato con metodi che prevedono l’utilizzo di termini conosciuti (partendo dalla famiglia, come si vedrà, per estendere i passaggi all’indietro).
Si è inoltre discusso delle differenti metodologie d’approccio con le disabilità, coordinando gli interventi e stabilendo le priorità e gli obiettivi dell’incontro: rendere partecipi i ragazzi dell’emozione della scoperta, evidenziare le loro potenzialità logiche ed espressive, utilizzare i cinque sensi. Obiettivo principale di questo incontro preliminare è stato l’elaborazione di un metodo che possa essere, in futuro, su più vasta scala.
L’incontro con i ragazzi disabili si è svolto il 28 luglio 2011. Dopo una breve presentazione di tutti i presenti, necessaria per rompere il ghiaccio e per iniziare una positiva relazione tra tutti i soggetti, si è passati al lavoro pratico e teorico sul materiale. Alcuni frammenti di materiale d’uso quotidiano sono stati fatti passare tra i ragazzi, i quali, dopo averli esaminati e tenuti tra le mani per alcuni minuti, sono passati a descriverne forma e colore e ad immaginarne la funzione. Da qui si è partiti per compiere quel viaggio all’indietro progettato nell’incontro tra gli operatori.
Il materiale è stato successivamente lavato (Fg. 13) e disegnato (Fg. 14) dai ragazzi, sempre discutendone forma e funzione; infine, i partecipanti hanno imbandito una mensa immaginaria, ma conseguente all’età storica in esame, inserendovi elementi “possibili” e ricette più o meno note o inventate, ma sempre dal vago sapore antico.
Fg. 13
Fg. 14
I risultati dell’incontro sembrano essere stati incoraggianti per tutti, ragazzi, archeologi ed operatori. Soprattutto, è apparso di grande importanza lo sforzo che i partecipanti hanno fatto per poter partecipare attivamente alle attività proposte; i ragazzi sono stati costantemente presenti e interessati, con interventi continui e, il più delle volte, spontanei e non sollecitati, dimostrando le possibilità che la scienza e la metodologia archeologica possono offrire a supporto degli operatori di un ambito apparentemente così lontano.
La seconda serie di incontri ha avuto uno scopo differente: favorire l’avvicinamento di ragazzi provenienti da contesti sociali e religiosi diversi, in modo tale da consentire loro di superare le reciproche diffidenze e differenze, partendo dalla presa di coscienza di una comune identità, simboleggiata dal patrimonio storico e culturale. Questo sembra essere particolarmente significativo in una città come Madaba, la cui rinascita, alla fine del XIX secolo, è stata dovuta ad alcune tribù cristiane provenienti da Kerak, città dalla quale erano state scacciate in seguito a contrasti di natura tribale e religiosa con alcune tribù musulmane locali. Madaba ha avuto per lungo tempo la maggioranza di abitanti di fede cristiana, ma negli ultimi anni l’espansione urbana ha portato all’arrivo di un gran numero di abitanti di fede islamica; una simile situazione può quindi essere una possibile fonte di attriti, che appare possibile prevenire favorendo il coinvolgimento, soprattutto di giovani, in attività svolte congiuntamente dalle due comunità. Anche in questo caso, l’archeologia può fornire un valido apporto, soprattutto in nome di un comune passato legato alla ricchezza del patrimonio storico e artistico presente nella città.
Gli incontri realizzati con i ragazzi cristiani e musulmani hanno portato quindi allo svolgimento di un’attività per certi aspetti simile a quella realizzata con i disabili, dal momento che è stata realizzata una dimostrazione di alcune delle attività pratiche legate alla ricerca archeologica, come il lavaggio, la ricomposizione (Fg. 15) ed il disegno del materiale ceramico rinvenuto, attività che hanno destato una notevole curiosità tra i partecipanti, i quali hanno potuto quindi avvicinarsi in modo semplice ma efficace alla scienza archeologica, strumento che consente di toccare direttamente con mano la Storia.
Fg. 15 - Alcuni ragazzi giordani del SERMIG impegnati nella ricomposizione di frammenti ceramici
Da questo punto di vista, estremamente efficace è apparsa la visita compiuta sullo scavo (Fg. 16): qui, i partecipanti hanno potuto vedere direttamente i risultati delle attività operate dalla Missione italiana. In questa occasione, inoltre, molti di loro hanno avuto la possibilità di vedere e capire direttamente il significato di tale tipo di ricerca, che ha destato un notevole interesse, in qualche caso sfociato in vero e proprio entusiasmo. Molteplici sono state le domande fatte sulle strutture portate alla luce, sulla strumentazione utilizzata, sul numero di persone impiegato, sul materiale rinvenuto (analogo a quello che avevano visto e maneggiato nell’incontro precedente); e assai importante è il fatto che molti di loro hanno espresso il desiderio di poter partecipare a delle future campagne.
Fg. 16 - Ragazzi giordani del SERMIG di Madaba in visita allo scavo di Tell al-Mashhad
Per chi ha assistito, poi, è risultata ancora più significativa la loro meraviglia nell’apprendere che tutto ciò che stavano osservando era parte di un patrimonio di tutti, senza distinzioni di razza, religione o sesso.
Le esperienze portate avanti congiuntamente dagli archeologi della Missione a Tell al-Mashhad e dagli operatori del Sermig sono state quindi piccole, ma assai significative ed incoraggianti: soprattutto, appare di grande importanza la capacità che molti aspetti della ricerca archeologica possono avere per il superamento di ogni tipo di barriera, sia essa di tipo fisico, psicologico, ideologico e religioso.
L’auspicabile proseguimento, consolidamento e potenziamento di una simile attività non può che portare a risultati ulteriormente positivi.
FRANCESCO M. BENEDETTUCCI (Associazione OLIM – Rome, Italy)
Realizzato nel 2004 a cura della missione archeologica a TELL AL-MASHHAD
info: fmg_benedettucci@libero.it