ROUGH TRADE BODY 14
words and music by Tania G Rizzo
© 1996-1997 Tania G - ConCept Italia



Probabilmente in tutto ciò sono nati dei problemi più grossi del dovuto perché la mia maturazione fisica è arrivata piuttosto in ritardo, quindi il mio ingresso negli ambienti universitari era più quello di una ragazzina che non di una donna.

Poi naturalmente il rapporto col mio corpo, tutt'altro che sereno, ha contribuito non poco. E, di conseguenza, incontri sbagliati con persone per cui ero già la persona sbagliata.

Alla fine quello che ho avuto chiaro e tondo nella testa è che la mia emotività era talmente disastrata dall'incapacità di definirmi un ruolo nel mondo.

Per un bel pezzo ho pensato di essere un caso unico, il che è un pensiero veramente pericoloso. Poi ho anche imparato che se esistevano delle cose che facevano parte della mia persona e non potevo condividerle con altri, era buona cosa accantonarle per risolverle in momenti migliori.

E spesso i momenti migliori non vengono tanto presto, o non vengono affatto.

Si fa qualche tentativo ulteriore per frequentare dei sottogruppi di persone che condividono un sotto problema. Sennonché ogni sotto problema è un problema a sé e ogni persona non è parte di un gruppo ma persona e basta.

Mi pare poi che accomunarsi attorno ad un problema sia già un problema, in quanto l'argomento è poi sempre il problema più che la soluzione.

Io ho imparato che col tempo e la pazienza alcuni problemi decantano, ma intanto permetti alle tue cose buone di emergere ed agire.

Quello che rimane ho imparato ad accettarlo, dato che non mi sembra molto utile fingere. Purtroppo, e lascio qui, alla fine, una nota di pessimismo, le reali disabilità comportano sempre rinunce, non opportunità. Se qualcosa ti è negato non significa che valga gioire della peculiarità, o costringere gli altri a subire l'affronto del pensiero e la colpa della tua situazione.

Però molta gente è immatura, e io non mi aspetto che cambino. Se per gli altri l'interesse e la condanna per il mio corpo era conseguenza non tanto del corpo in sé ma della confezione e della pubblicità che ne veniva fatta, sono qui a scusarmi.

Ma non sono cambiata, e ciò nonostante, ancora qualcuno non capirà.

Nei primi tempi, da quando andai via da casa, pur con qualche errore, ho cercato di seminare nel terreno della mia vita.

Ho posto delle basi per la mia crescita culturale, artistica, scolastica e professionale. Spero anche quella umana, ma è difficile a dirsi.

Dal gruppo di Pesaro, a Montpellier, al clubbino universitario, fino a ora, a Internet, ai saggi sulla letteratura popolare, all'arte cinetica, e via dicendo, ho tenuto a mente una cosa fondamentale, costruire.

E ho anche fatto serenamente, o quasi, sia le scuole che avevo scelto, sia svariati lavori saltuari, perché ho chiarito a me stessa, almeno, che l'arte non è privilegio ma missione.

Però un Nobel, chi me lo toglie ?