Il Romaticismo scacchistico: seconda parte.

La decadenza.

Come la sua controparte letteraria, anche il romanticismo scacchistico, alla lunga, divenne estremamente noioso, pretenzioso, barocco... Tutti cercavano di portare a tutti i costi il "colpo magistrale", la "botta geniale", sacrificando pezzi su pezzi in posizioni dove questi sacrifici non erano possibili e buttandosi a capofitto nel tempestoso mare magnum delle combinazioni a tutti i costi. Il sacrificio divenne un feticcio e chi lo rifiutava veniva bollato come un vile, ma dopo la ventata d'aria fresca che i romantici immisero nell'ambiente scacchistico, questa divenne ben presto stantia e loro stessi patetici.
Riguardando molte di quelle partite in ottica moderna, anche le più famose, si scopre facilmente che erano basate su presupposti troppo fragili, i "geniali sacrifici" erano velleitari e per lo per lo più scorretti e soprattutto non esisteva la tecnica della difesa. La famosa "Immortale di Anderssen" per esempio, è una partita veramente "brutta" e mediocre, dove la vittoria è colta in seguito ad alcuni madornali errori del suo avversario. Anderssen, Zukertort e Blackburne sapevano giocare bene a Scacchi e produssero delle partite notevoli per quei tempi, ma la moda imperante allora le svilì e le scartò a favore di partite mediocri ma che contenevano sacrifici. Si era arrivati al punto che i grandi giocatori di allora erano costretti a giocare "brillantemente" e poterono sviluppare al meglio le loro capacità potenziali. Verso la fine, il Romanticismo finì con lo snaturare l'essenza degli Scacchi, il gioco usciva dal suo alveo naturale per trasformarsi in uno spettacolo pirotecnico e come disse Steinitz, non si giocava più per vincere, ma per fare sacrifici brillanti.


Il fenomeno Morphy.

La Scuola Romantica non finì i suoi giorni repentinamente, ma in maniera quasi impercettibile, "sgonfiandosi" piano piano. Un giovane nordamericano, originario di New Orleans, raggiunse in poco tempo formidabili trionfi, utilizzando senza dubbio lo stile combinativo di sapore romantico e in poco tempo raggiunse la vetta dello scacchismo di allora, battendo in modo clamoroso tutti i suoi più forti rappresentanti. Paul Morphy, questo era il suo nome, fu visto dai romantici come il loro nuovo formidabile paladino ma, paradossalmente, fu proprio lui a demolire il romanticismo e a decretarne la fine. Nel suo gioco infatti comparve qualcosa di nuovo e di inafferabile per i suoi contemporanei, impegnati com'erano ad ammirarne le spettacolari combinazioni: la strategia. Questo sfuggì completamente ai suoi contemporanei e solamente il grande Capablanca, molti anni più tardi, mise il dito nella piaga affermando:«Contrariamente all'opinione comune, frutto dell'ignoranza, la forza principale di Morphy non risiedeva nel suo potere combinativo, ma nel suo gioco posizionale e nel suo stile generale, poichè nella maggiornaza delle sue partite e dei suoi grandi match Morphy vinse in maniera diretta e semplice, ed è in questo potere semplice e logico che consiste la vera bellezza del suo gioco, esaminato dal punto di vista dei Grandi maestri.».
Infatti Morphy introdusse un elemento nuovo e non considerato dai fautori della Scuola Romantica: lo sviluppo come finalità iniziale della lotta. Vale a dire che iniziando la partita egli non andava a mai a ricercare le combinazioni e i tatticismi, ma si limitava ad un razionale e veloce sviluppo dei pezzi, senza preoccuparsi di altro. Solo dopo aver portato a termine lo sviluppo Morphy iniziava le operazioni offensive e si trovava così a partire da una posizione nettamente superiore dove si limitava "solamente" a raccogliere i frutti del suo miglior sviluppo. I suoi avversari invece non badavano minimamente a questo e si intestardivano alla ricerca della "combinazione che non c'è", ad aprire prematuramente la posizione e muovendo ripetutamente gli stessi pezzi, cosa che portò Morphy a cogliere quelle fulminanti vittorie che lo resero famoso in tutto il mondo. La sua morte prematura gli impedì di portare avanti le sue innovative idee e soprattutto di trasmetterle ai suoi contemporanei, ma egli segnò senz'altro una svolta nella storia del pensiero scacchistico, reintroducendo il fattore strategico nella conduzione della partita e riportando gli Scacchi nell'ambito della logica.