L'irruenza di Rudolf Spielmann.


Rudolf Spielmann nacque in Austria nel 1884, in una famiglia di origine ebrea. Era avvocato ma, dato il suo particolare talento, fu sempre un professionista degli scacchi.
Durante la seconda Guerra Mondiale, in quanto ebreo, dovette fuggire dal suo paese natale per rifugiarsi prima a Praga, poi in Olanda e infine nel 1939 in Svezia, a Stoccolma dove morì in povertà. Di carattere mite e tranquillo, davanti alla scacchiera si trasformava in una specie di animale da preda ed imprimeva alle sue partite una violenza inaudita. Paladino del gioco aperto e combinativo, perdeva immediatamente forze ed interesse nelle posizioni semplificate e nei finali e per questo alternava prestazioni ottime a risultati mediocri.
Rudolf Spielmann fu definito "uno degli ultimi giocatori legati alla scuola romantica degli scacchi" ma in realtà aveva ben appreso i fondamenti della scuola Posizionale di Steinitz e per questo le sue combinazioni erano doppiamente pericolose.
Il suo stile di gioco era frizzante, ricco di sacrifici, di spunti brillanti e di feconde idee combinative ed assomigliava molto a quello di Cigorin e Anderssen. Estremamente combattivo, riusciva ad imprimere al gioco una tale carica di violenza tattica che rendeva molto spettacolari le sue partite. Spielmann disprezzava profondamente le famigerate "patte fra grandi maestri", molto frequenti anche allora e per lui la partita doveva avere solo due risultati: vittoria o sconfitta. Notevole la sua prestazione nel torneo di Karlsbad nel 1923, dove nessuna delle sue partite finì patta.
Fu soprannominato il "L'artista dell'attacco" e "L'ultimo paladino del Gambetto di Re".
Nel 1905 a Scheveningen ottenne il suo primo importante successo classificandosi al 3° posto su 14 partecipanti. Nonostante nel periodo della sua attività scacchistica avesse a che fare con un gran numero di autentici fuoriclasse (solo per citarne qualcuno: Alekhine, Capablanca, Lasker, Rubistein, Nimzovic, Reti, Tarrasch, Grünfeld...), Spielmann riuscì ad imporsi in ben 33 dei 120 tornei a cui partecipò.

Il suo periodo più fecondo fu nel decennio dal 1910 al 1920, quando giunse:
  •     1° a Vienna nel torneo Trebitsch del 1910-1911, insieme a Schlechter;
  •     3° a Monaco nel 1911;
  •     1° ad Abbazia nel 1912;
  •     2° a pari merito con Nimzowitsch a San Sebastiano nel 1912, precedendo Tarrasch, Marshall e altri sette maestri;
  •     2° a Pistyan nel 1912, dopo Rubinstein;
  •     1° a Vienna 1913 nel Torneo del Giubileo, davanti a Tartakower, Reti e altri;
  •     2° nel torneo Trebitsch di Vienna dello stesso anno, dopo Schlechter;
  •     1° a Budapest nel 1913;
  •     1° a Baden nel 1914;
  •     1°, a pari merito con Erich Cohn, a Berlino nel 1914;
  •     3° a Mannheim nel 1914;
  •     3° a pari merito con Reti nel torneo Trebitsch di Vienna del 1915.
Riprese l'attività dopo il primo conflitto mondiale e nel grande torneo di Pistyan del 1922, vinto da Bogoljubov, giunse 2° a pari merito con Alekhine, davanti a Reti, Sämisch, Tartakower e altri tredici maestri.
Vinse i tornei di Scheveningen 1923 (ex aequo con Paul Johner); di Vienna 1926; di Semmering 1926, precedendo Alekhine, Vidmar, Nimzowitsch, Tartakower e altri tredici maestri;
di Magdeburg 1927; di Vienna 1930 (torneo di Trebitsch) ex aequo con Kmoch; di Sopron 1934; di Helsinki 1935, alla pari con Böök.

Fu uno dei pochi giocatori a pareggiare il computo delle partite con il grande Capablanca.

Spielmann scrisse un libro il cui titolo è significativo del suo carattere: "L'arte del sacrificio negli scacchi" nella presentazione del quale si legge:
"Una delle distinzioni essenziali operate da Spielmann è quella fra 'pseudo-sacrifici' e 'sacrifici reali'. I primi sono così chiamati perché la cessione di materiale è solo apparente: in realtà è forzatamente calcolabile la sua riconquista, con gli interessi o addirittura con il matto. Nei secondi, invece, la limitata visione analitica umana non arriva a trovare né una confutazione né una conferma della bontà del sacrificio, ma un giudizio obiettivo sulla posizione consente di capire se l'offerta era giustificata o meno."

Tartakower lo definì "L'ultimo bardo del gioco di gambetto" con riferimento alla sua predilezione per i giochi aperti.
Di lui Richard Réti disse:
"Dà dimostrazione di inusuali capacità proprio nelle situazioni più complicate."
Lui stesso disse:
"Un buon sacrificio è quella mossa, non necessariamente buona, che però lascia l'avversario confuso e incerto."

Per renderci conto del gioco spumeggiante ed ingegnoso di Spielmann vediamo il frammento di una partita giocata nel torneo di Sopron del 1934 (che vinse). Questa partita inoltre, fu meritatamente vincitrice del Premio di Bellezza. Il Commento è del G.M. Tibor Floriàn.


Gereben - Spielmann
Sopron, 1934

Il Nero è stato più bravo del suo avversario ed ha portato a termine più velocemente la fase di apertura. Al Bianco però mancano due sole mosse: Ad3 e O-O, per completare lo sviluppo e mettere al sicuro il Re. Se il Nero vuole attaccare deve perciò farlo subito. Ma come fare? Linee aperte contro il Re non ve ne sono, gli alfieri non hanno alcuna prospettiva d'attacco sulle diagonali e l'unica linea aperta, la colonna "c", non offre alcuna speranza d'attacco. Rudolf Spielmann però, non si lasciava scoraggiare da simili "inezie" e se vedeva nella posizione la benchè minima possibilità di attaccare, non si tirava mai indietro ed era disposto a sacrificare pezzi e pedoni pur di aprire linee di penetrazione alle sue truppe.
12... e5! 13.fxe5 Cxe5! (il Bianco adesso non può ignorare il sacrificio, perchè dopo 14.Ae2 Cc4! il Nero impediva ugualmente l'arrocco ed iniziava l'attacco.) 14.dxe5 d4! (il Nero ha così eseguito la tanto desiderata apertura di linee. La domanda che ci poniamo però è se ciò non gli sia costato troppo. Questo tipo di sacrifici è quasi sempre "intuitivo" ed è impossibile, a tavolino, calcolarne in modo preciso le varianti. In questo caso o il Nero trionferà nell'attacco o il Bianco, se riesce a difendersi, vincerà il finale. Certo è però che il Bianco avrà una partita molto delicata e rischiosa...) 15.Cd1 Axe5 16.e4! (impedendo l'apertura di nuove linee: colonna "d" e diagonale dell'Ae5) 16... Axe4 17.Cf2 Ad5 18.Dh3 (il difendente ha ottenuto qualche successo, difendendo la casa g2 e parando la minaccia Dh4+. Adesso egli sperava, con Ad3, di mantenere ancora chiusa la posizione e, grazie al suo vantaggio materiale, di guardare con fiducia  al futuro.) 18... De7 19.Ae2 (la mira del Bianco - l'arrocco al più presto - è comprensibile. In questa posizione però non doveva permettere lo scacco di scoperta poichè. dopo 19.Ad3 Af4+ 20.Rd1 Axd2 21.Rxd2 Db4+ 22.Rc2 Da4+ 23.Rd2 Dxa2 il Nero avrebbe avuto, oltre all'attacco, tre pedoni per il pezzo sacrificato. Secondo Spielmann la miglior difesa sarebbe stata 19.Rd1!) 19... d3! (Questo sacrificio apre ancor di più la posizione) 20.Cxd3 (oppure 20.Dxd3 Axg2 21.Tg1 Ab7; il Bianco non può arroccare e cadrà vittima sotto l'attacco delle torri nemiche lungo le molte colonne aperte) 20... Tfe8 (minaccia 21... Ag3+ quindi De2#. E' il momento di arroccare? Purtroppo no, poichè il Nero si riprenderebbe la figura sacrificata con cospiquo interesse: 21... Ad4+ ecc...) 21.Rf1 Axb2! (Anche l'attaccante deve fare la massima attenzione! Dopo l'apparentemente più forte 21... Ac3? 22.Axc3 Dxe2+ 23.Rg1 Te3, il Bianco se la cava con 24.Cf4!) 22.Te1 Df6 23.Cf2 Ad4 24.Dg3 Te4!

Qui ci sono varie risposte per il Bianco ma nessuna è sufficiente, ad es.: 25.Df3 Txe2!, oppure 25.Ad3 Tg4! E' lampante che il pezzo di vantaggio del Bianco non serve a nulla, in quanto la Th1 è sepolta viva e il suo povero sovrano si trova sotto il fuoco incrociato di tutti i pezzi neri.
25.h4 Tae8 26.Ab5 Txe1+ 27.Axe1 Te3! 28.Dg5 Txe1+ e il Bianco abbandonò qualche mossa più tardi.