STORIA
DI ROMA Caio
Giulio Cesare - Primo triumvirato
Caio
Giulio Cesare
- I°
triumvirato di Cesare, Pompeo e Crasso
- Prima di procedere nel racconto degli eventi, è bene conoscere da vicino una delle figure più importanti della storia romana. Caio
Giulio Cesare nacque il 12 luglio del 100 a.C., proveniva da una delle
più nobili famiglie patrizie (i Giulii) discendenti diretti,
secondo la tradizione, di Enea ed Ascanio, e quindi della stessa Afrodite.
I Giulii non erano fra i più ricchi "clan" della città
e non avevano avuto, fino ad allora, grande ascendente politico. Cesare
aderì al partito democratico per le parentele che i componenti
della sua famiglia avevano contratto con esponenti del partito: una
sua zia, Giulia, era stata moglie di Mario, Cesare stesso era sposato
con una figlia di Cinna, Cornelia. Proprio il legame con Cornelia lo
aveva messo in urto con Silla, il quale gli impose di separarsi dalla
moglie. Cesare rifiutò e dovette nascondersi per parecchio tempo
tra i Sabini. Quando Silla, grazie all'intercessione della famiglia
e degli amici di Cesare, perdonò il giovane, Cesare preferì
comunque recarsi in Asia Minore, dove inizio la sua carriera militare
(Silla aveva detto di lui: "Cesare da solo è più
pericoloso di diversi mari"). Alla
morte di Silla, Cesare tornò a Roma e aderì ufficialmente
al partito democratico, quindi si recò nuovamente in Oriente,
a Rodi, per poi tornare a Roma nel 74 a.C.
Alla morte di Catilina, Pompeo ritornò a Roma forte del bottino di 20.000 talenti. Ma il senato, attribuitogli il trionfo, non volle comunque retificare la sua redifinizione delle province asiatiche, temendo di dare eccessiva importanza a un solo uomo e memore dei tentativi di congiura appena sventati. Da parte sua Pompeo non osò opporsi, diligentemente aveva persino sciolto il suo esercito allo sbarco a Brindisi, per dimostrare il suo attaccamento alle istituzioni. Intanto Cesare tornò nel 60 a.C. dalla Spagna per puntare al consolato del 59. La situazione che aveva lasciato prima della partenza non era delle più favorevoli per la sua elezione, occorreva lavorare per riunire le forze democratiche. Cesare ebbe l'idea di fondare un patto tra gli esponenti più forti del partito democratico, e cioè egli stesso, Pompeo e Crasso. Tale patto venne chiamato col nome di "I° triumvirato". In realtà il patto era stato stretto più tra Cesare e Pompeo, mentre a Crasso spettava il ruolo di figura rappresentativa. Cesare e Pompeo, pur mirando singolarmente al potere, avevano al momento bisogno del reciproco aiuto. Il compito del triumvirato era quello di impedire ad altre figure tra gli ottimati e i democratici di ottere eccessiva importanza, ogni avvenimento politico doveva accadere a vantaggio dei tre contraenti. Lo scopo era quello di far eleggere Cesare, una volta eletto egli avrebbe dovuto lavorare per trovare adeguata "sistemazione" agli altri membri del patto. Cesare venne eletto console, e come rappresentante degli ottimati, tra mille difficoltà, venne eletto Marco Calpurnio Bibulo. Cesare promosse subito tre grandi riforme: - La prima consisteva nella ripresa dell'idea di Ruffo. Le terre statali della Campania dovevano essere vendute per l'acquisto di terreni da assegnare ai reduci di Pompeo. Nella distribuzione dei terreni si sarebbe dovuto dare precedenza ai cittadini più poveri, se le terre non fossero bastate, per il loro acquisto si sarebbe dovuto servirsi dei proventi derivanti dalle entrate della campagna orientale di Pompeo. La commissione incaricata di poteri straordinari avrebbe dovuto comporsi di 20 membri; - Il secondo progetto di legge consisteva nella proposta di confermare tutte le conquiste di Pompeo in Asia Minore; - Il terzo progetto consisteva nella diminuzione degli oneri fiscali degli appaltatori di opere. Ovviamente le proposte incontrarono la strenua opposizione degli ottimati e del senato. Per impedire la loro approvazione Catone e gli altri senatori ricorsero abbondantemente all'ostruzionismo (il tempo a disposizione per la seduta era limitato, Catone e gli altri prendevano la parola per l'intera seduta bloccando di fatto ogni lavoro). Per fare in modo di avanzare nei lavori Cesare presentò le proposte di legge direttamente ai comizi tribuni. Fu proposto allora da Bibulo lo scioglimento dell'assemblea popolare per sfavore degli dei, ma Cesare forzò la decisione e si procedette alla consultazione: il giorno delle elezioni i veterani di Pompeo si presentarono con un pugnale nascosto sotto le vesti. Le elezioni, nel generale clima intimidatorio, furono vinte da Cesare, Bibulo fu trascinato via con la forza dai suoi sostenitori, che temevano per la vita del console, Catone fu scacciato dalla folla. Ogni progetto di legge fu approvato, Pompeo e Crasso furono nominati membri della commissione agraria. Bibulo si rifiugò per tutto il suo mandato nella sua dimora, il consolato era di fatto in mano al solo Cesare. Nel 59 a.C. Cesare fece approvare la legge sulla corruzione (lex Julia repetundarum) tesa a stabilire norme di pagamento univoche e ufficiali per i governatori delle provincie, mentre a Roma, per sua iniziativa, si cominciarono a pubblicare i decreti del senato e delle assemblee popolari dei tribuni (acta senatus et popoli romani): in pratica la prima Gazzetta Ufficiale della storia (Cesare mirava ad avere maggiore influenza sull'opinione pubblica). Altra importante questione era l'assegnazione d'ufficio di una provincia al console in scadenza di mandato: Cesare teneva molto alla carica, il senato, sapendo questo, aveva destinato ai due consoli due provincie secondarie. Il tribuno Publio Vatinio, sostenitore di Cesare, propose una legge atta a consegnare allo stesso Cesare la Gallia Cisalpina e l'Illiria per il periodo di 5 anni (lex Vatinia). Il senato, d'accordo con Pompeo, volle assegnarli anche la Gallia Narbonense (un territorio aldilà delle Alpi, scosso da sentori di rivolta e lontano da Roma più di quanto non lo fosse la Gallia Cisalpina). Con questo i suoi avversari intendevano impegnare Cesare su un fronte lontano, in modo da tenerlo distante dal potere. Alla fine del suo mandato consolare, Cesare non abbandonò da subito Roma, ma volle rimanere nei pressi dell'Urbe per sbarazzarsi politicamente dei suoi avversari più agguerriti, Catone e Cicerone. Per fare ciò i popolari favorirono l'elezione a tribuno di Publio Clodio, uno spregiudicato avventuriero, uomo energico e istintivo. Bello e piuttosto incline alle avventure sentimentali, aveva avuto una relazione con Pompea, la seconda moglie di Cesare (Cesare si separò dalla seconda moglie nel 62, nel 59 sposò Calpurnia, con la quale rimase legato fino alla morte). Nonostante questo Cesare perdonò il giovane, intendeva infatti servirsene per i suoi scopi, e Clodio era il personaggio giusto. Questì passò nel 59 dagli ottimati ai democratici: durante l'assenza di Cesare da Roma egli agì da suo agente, promuovendone le riforme. Una prima riforma prevedeva la distribuzione gratuita del pane ai poveri, la seconda la costituzione dei collegi stradali (collegia compitalicia) e la terza la possibilità di costituire assemblee anche nei giorni festivi. Clodio, che odiava personalmente Cicerone, promosse anche una legge speciale ad hoc che stabiliva la privazione "dell'acqua e del fuoco" (acquae et ignis interdicio) per i funzionari che avessero condannato alla pena capitale un cittadino romano senza processo (la legge faceva riferimento allo sbrigativo processo con il quale furono condannati a morte i cospiratori di Catilina nel 63, vedi Capitolo precedente). A Cicerone, nonostante i tentativi di mitigare la pena, non rimase altro che partire per la Macedonia, mentre i suoi beni venivano confiscati. Catone, invece, venne allontanato da Roma col pretesto di una delicata missione a Cipro, cosicché Cesare partì per la Gallia in veste di proconsole avendo ottenuto l'allontanamento dei suoi nemici. Accadde però che Pompeo venne in urto con Clodio a causa della sua politica troppo spergiudicamente demagogica. I sostenitori di Cicerone approfittarono di questo conflitto per ottenere la riabilitazione di Cicerone, il quale rientrò solennemente a Roma nel 57, con i beni restituiti. Pompeo si avvicinò sempre di più al senato, Cicerone, per riconoscenza, gli attribuì poteri straordinari per la durata di 5 anni e lo insignì della carica di proconsole. |