LA
GUERRA DI TROIA
I
due schieramenti
- I
motivi della guerra -
Ostacoli
alla partenza - L'assedio
- L'ira
di Achille -
Tra
i molti miti e le molte leggende del popolo greco, uno sembra avere
un certo riscontro storico e suscita ancora oggi un grandissimo fascino:
la guerra di Troia. Troia sorgeva all'imbocco dello stretto dei Dardanelli (l'Ellesponto), sul lato turco, e sembra che all'epoca dei fatti (circa il 1200 a.C.) avesse una considerevole importanza strategica. Data la sua posizione poteva controllare ogni traffico diretto verso il Mar Nero e la Colchide (la regione a nord-est del grande bacino). Si dice che fosse un grande emporio per l'oro e per l'argento e che vi arrivasse la giada dalla Cina. Gli eventi di Troia sono narrati nell'Iliade e sono la causa di ciò che viene narrato nell'Odissea e nell'Eneide, di Virgilio. Attorno a questi importanti poemi vi sono poi tutta una serie di altri miti e leggende, e altre ancora si sono perse nell'oblio. Dunque da una parte la migliore nobiltà greca, anzi, achea. Gli Achei occupavano il Peloponneso, probabilmente provenienti dal nord, e dominavano la Grecia, tanto da diventarne sinonimo nell'età mitica di cui narra Omero. Atreo (per questo la stirpe viene anche detta atride) era il padre di Agamennone e Menelao, i due re achei da cui tutto partì. Assieme a loro altri eroi della stessa stirpe, tra cui Odisseo (Ulisse) e Achille. Dall'altra
parte la nobiltà che controllava Troia. Erano forse micenei,
non certamente turchi, visto che, secondo Omero, parlavano la stessa
lingua dei greci. Troia era probabilmente una colonia micenea con
una popolazione di origine asiatica. E' molto probabile che i veri motivi che spinsero gli achei ad attaccare Troia fossero legati ad una questione di supremazia politica ed economica nella regione, ma qui si tratteranno principalmente i motivi legati al mito. Dietro
la guerra c'è notoriamente il rapimento di una donna. Elena
era figlia di Zeus e di Leda ed era la più bella donna del
mondo. Andò in sposa a Menelao e da lì iniziarono i
guai, perché si sa, l'invidia era molto in auge a quei tempi
in Peloponneso e nell'Olimpo (e forse anche oggi, nel mondo). Gli Achei, vista anche una promessa fatta a Tindaro, il padre mortale di Elena, non ci pensarono due volte ad organizzare una spedizione per riportare il "bottino" in patria.
Non
fu così facile riunire i migliori tra gli Achei. Per
Achille si sapeva che se fosse partito non avrebbe più fatto
ritorno.
I genitori lo nascosero a Sciro, travestendolo da donna e facendolo
passare per una delle figlie del re Licomede.
L'assedio di Troia durò dieci anni ma gli eventi decisivi accaddero nell'ultimo anno. Per
nove anni i greci assediarono Troia e le sue mura possenti e respinsero
gli attacchi dei troiani che tentarono delle sortite, ma col passare
del tempo erano sempre più stanchi e pessimisti sulla possibilità
di scardinare le difese avversarie. Sottratta Briseide, Achille si rifiutò di combattere e i greci dovettero fare a meno del loro "centravanti". Agamennone gli restituì il bottino e gli offrì doni aggiuntivi, ma Achille fu irremovibile. I
greci senza Achille erano in difficoltà. Patroclo, comandante
dei Mirmidoni, chiese ad Achille di prestargli l'armatura per incutere
maggior terrore ai nemici. Achille accosentì e Patrcolo potè
battersi con onore pur non riuscendo ad evitare la morte per mano
di Ettore. La reazione di Achille fu tremenda. Caddero sul campo molti troiani e alla fine egli si trovò solo davanti ad Ettore. Questi, preso dalla paura, scappò, e ad Achille non restò che inseguirlo per ben due giri attorno alle mura della città nemica. Quando Ettore si decise ad affrontare il nemico non potè che soccombere, trafitto alla gola dalla lancia di Achille. Morendo, Ettore implorò Achille di non far scempio del suo cadavere, ma l'ira del suo assassino non era ancora placata. Achille legò il corpo di Ettore a un carro e lo trascinò attorno alle mura di Troia, fra lo sgomento generale dei nemici. Poi, stanco, abbandonò il cadavere tra le tende dell'accampamento greco. Gli onori funebri a Patroclo furono eclatanti. Sulla pira destinata alla cremazione furono gettati dodici troiani. All'alba, Achille trascinò per giorni il corpo di Ettore attorno al tumulo che raccoglieva le ossa dell'amico ucciso. Furono indetti giochi funebri, quali lotta, corsa dei carri, corse a piedi, combattimenti, tiro con l'arco e del disco. Ma gli dei erano stanchi e indignati dello scempio del corpo di Ettore. Zeus mandò Iride, suo messagero, a Troia per comunicare a Priamo l'intenzione di riscattare il corpo del figlio. Il vecchio re fu scortato segretamente alla tenda di Achille da Ermes. Priamo riuscì a intenerire Achille che gli restituì il corpo del figlio. Ettore potè finalmente essere sepolto, secondo la tradizione funebre troiana. Dopo la morte di Ettore, vennero in aiuto dei troiani le Amazzoni, guidate dalla loro regina Pentesilea, e gli Etiopi comandati da Mnemone, ma Achille uccise entrambi. Tuttavia egli non poteva sfuggire al suo destino. La madre Teti, appena nato il figlio, volle che diventasse immortale e invulnerabile, e per fare ciò lo immerse nelle acque dello Stige, il fiume infernale, tenendolo per il tallone. Ma destino volle che Achille fosse colpito da un freccia di Paride, il rapitore di Elena, proprio al tallone (l'unica parte vulnerabile del suo corpo).
Di fronte all'impossibilità
di sferrare un colpo risolutivo, i greci ricorsero al noto stratagemma.
Prima finsero di salpare e abbandonare il campo di battaglia, attraccando
le navi presso un isola vicina, poi lasciarono sulla spiaggia il cavallo
di legno, ideato da Odisseo e realizzato da Epeo. In
realtà il cavallo era pieno di soldati greci, tra cui Odisseo
e Neottolemo, il figlio di Achille. Quando i troiani lo portarono
dentro le mura, i soldati aspettarono che facesse notte e con tutta
comodità uscirono per mettere a ferro e fuoco la città.
Così, grazie all'astuzia, cadeva la resistenza di una città
assediata inutilmente per un decennio. Ma
anche per i vincitori il destino non fu benevolo. Odisseo e i suoi
uomini erano destinati a vagare per dieci anni prima di tornare a
Itaca, mentre ad attendere Agamennone v'era un destino ben più
amaro. |