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Hegel
Scritti teologici giovanili


(a cura di Jonathan Fanesi)

 

 

Hegel cambia spesso residenza e la sua filosofia prende il nome dal luogo in cui si trovava quando l’ha elaborata. Al periodo di Berna e di Francoforte ( 1793 – 1799 ) , risalgono gli “ Scritti teologici giovanili “, in questo corpus di opere, Hegel tratta problemi di carattere religioso ed etico. La riflessione esposta in tali scritti, ci mostra un filosofo acerbo, nonostante ciò, è possibile rintracciare una linea guida, che Hegel manterrà per tutta la sua vita. E’ interessante notare come le analisi hegeliane giovanili siano indirizzate alla religione e non alla teologia, la realtà umana ( spirito ), del singolo essere irripetibile e del macrocosmo sociale, nell’evoluzione dialettica verso la libertà. Kant, con lo scritto del 1793 “ La religione entro i soli limiti della ragione “, influì notevolmente sul giovane Hegel; i risultati teorici a cui il pensatore prussiano era pervenuto fecero da propedeutico per il successivo sviluppo filosofico hegeliano. In quest’opera innovatrice, Kant stesso aveva mostrato come: un’etica autonoma, libera e razionale non dipenda da fattori esterni all’uomo, bensì sia costruita sulla legge morale un “ fatto della ragion pratica “. << La morale, essendo fondata sul concetto di uomo come essere libero, il quale, appunto perché tale, sottopone se stesso, mediante la propria ragione, a leggi incondizionate, non ha bisogno né di un altro essere superiore all’uomo per conoscere il proprio dovere, né di un altro movente oltre la stessa legge per adempierlo. Tuttavia è colpa dell’uomo se lui si trova in questo stato di bisogno >>. Nella Dialettica della seconda “ Kritik “, compiva un passaggio teorico di grande importanza, la religione è una conseguenza del discorso etico, l’unica teologia valida era quella morale.

Il secondo punto decisivo dell’opera del 1793, era l’analisi sul cristianesimo: da un lato il messaggio di Cristo è nella sua sostanzialità uguale alla legge morale presente nell’uomo; dall’altro la Chiesa diviene una dogmatizzazione delle forme di culto.

Hegel, per qualche anno seguirà la scia teorica kantiana nell’ambito etico – morale, nello stesso tempo anteporrà all’ebraismo visto come un forma di teocrazia, la libertà della religione greca non scissa dalla società. Gli scritti che analizzeremo, sono: “ Religione popolare e cristianesimo “, “ Vita di Gesù “, “ La positività della religione cristiana “, “ Lo spirito del cristianesimo e il suo destino “.

l primo scritto è “ Religione popolare e cristianesimo “ ( 1792 – 1794 ), dove popolare non sta per divulgativa, bensì vuol dire “ religione del popolo “ , allude ad una religione che tenda ad identificarsi con l’identità nazionale di un popolo. In quest’opera, Hegel affronta il problema del rapporto tra le due forme di religione richiamate dal titolo ( la religione pubblica, festiva, greco – romana, e quella interiorizzante, privata cristiana ) e la religione razionale pura, cioè quella indicata da Kant come derivante della legge morale presente in ognuno di noi e realizzatesi nel rispetto dei comandi derivanti da tale legge. Egli attua una sorta di gerarchia: al vertice la religione kantiana, in quanto la più pura e la più immune dagli attacchi del dogmatismo, al secondo posto la religione greca dove non avviene una scissione con la società, per ultimo il cristianesimo ( religione interiorizzata e oggettiva ). L’ideale kantiano è il più difficile da realizzare, Hegel compie un confronto dialettico tra la figura di Socrate e Cristo, e il diverso modo di porsi dinnanzi alla morte delle due religioni. Socrate, libero tra gli uomini liberi, si rivolge in maniera razionale a tutti, non limitando il numero dei discepoli proprio perché non ne ha, chiunque usi la ragione con spirito critico può dirsi suo seguace. Nello stesso tempo, il messaggio socratico s’incarna nel sociale, non è alienante in quanto il nucleo della sua riflessione indica il porsi cosciente dell’individuo nel suo pratico e sociale operare. Dall’ altro Gesù, si rivolge a uomini legati ad una fede molto rigida ( gli ebrei ) e fa riferimento alla fede in un Dio comune; il suo viatico etico e religioso è simbolo di un modello di virtù altissimo; nonostante ciò il suo messaggio distacca i singoli dal sociale, avviene una frattura tipica del cristianesimo tra la sfera religiosa e quella della società. Hegel preferisce il modello socratico e quindi greco, che pone l’individuo nella concretezza, facendo si che avvenga un piena identificazione tra popolo e religione. Capiamo la scelta hegeliana alla luce dei suoi studi giovanili di stampo protestante, Lutero stesso aveva mostrato come il sacerdote non sia staccato dalla società e nel medesimo tempo come ognuno abbia una funzione “ sacra “, come se vi fosse identità tra professione di lavoro e professione di fede. Accanto a queste influenze di matrice luterana, siamo di fronte al rifiuto hegeliano dell’astratto ( dal latino, abstrahere, tirar via ) a favore del concreto ( dal latino, concresco, crescere insieme ), essendo astratte le cose concepite separatamente le une dalle altre e concrete quelle concepite le une in relazione alle altre, Hegel preferirà la prospettiva greca dove l’uomo è al tempo stesso cittadino e religioso.

Per quanto concerne il tema della morte, il filosofo tedesco mostra la superiorità dell’atteggiamento greco rispetto a quello cristiano, nella religione greca, la morte è simbolo del godimento della vita: << un genio bello, fratello del sonno, eternato da monumenti funebri >>. Nell’ambito cristiano la morte diviene l’emblema della sofferenza dell’uomo, gli oratori la “ dipingono con i colori più orribili “. Il testo si conclude con la sottolineatura del fatto che l’umanità è di nuovo in grado di riprendersi il “ bello della natura umana “.

Il secondo scritto da analizzare è “ La vita di Gesù “, nella quale rifacendosi ai Vangeli, espone la biografia e l’insegnamento pubblico di Gesù, considerandolo come l’equivalente della legge morale kantiana. È interessante notare che lo scritto hegeliano si soffermi sul lato umano ed etico del Cristo, non facendo riferimento né ai miracoli né alla resurrezione, è considerato come un essere umano non come un Dio che si è incarnato.

L’atteggiamento hegeliano nei confronti della figura di Gesù Cristo cambia in maniera notevole nello scritto successivo dal titolo “ La positività della religione cristiana “, dove Hegel asserisce la corrispondenza tra la legge morale kantiana e l’eticità cristiana, criticando aspramente la modalità del sistema pedagogico di Cristo, in quanto in esso è insita la “positivizzazione “ intesa come dogmatizzazione, l’istituzionalizzarsi storico di tale religione. Cristo in quest’opera commette, “l’ errore “ di far derivare da Dio la legge morale, si tratta ergo di un modalità d’insegnamento non valida da un punto di vista etico. La ragione diviene “ passiva “ e non “ legislativa, sempre in questo scritto, vengono riprese tematiche precedenti, importante sarà il confronto tra Socrate e Gesù. Hegel criticherà con spirito illumista la Chiesa, come simbolo di dogmatismo del culto e di negazione della libertà di pensiero. Il cristianesimo nasce e si afferma dove manca la libertà del cittadino, e nella Chiesa continua a mancare quella libertà, spetta a nostri tempi, scrive Hegel rivendicare l’uso della ragione, operare per << rivendicare in proprietà degli uomini, almeno in teoria, i tesori che sono stati dissipati in cielo >>.

Lo scritto che segna il risultato teorico più rilevante di questo periodo è “ Lo spirito del cristianesimo e il suo destino “ degli anni 1798 – 1799, trascorsi da Hegel a Francoforte. Anche in questo testo dominano motivi di partenza il cristianesimo, l’ebraismo e il kantismo. Hegel, elaborando una visione nuova mostra come la legge morale di Gesù sia superiore a quella kantiana, in quanto la prima è basata sull’amore, la seconda sul dovere. La legge morale kantiana diviene l’altro lato della medaglia rispetto alla legalità ebraica, l’etica del dovere è una sorta di Dio ebraico interiorizzato nei singoli esseri umani. Cristo si contrappone all’ebraismo e al kantismo predicando non più il rispetto della legge, ma l’amore. Si tratta di evoluzione dell’eticità che viene trasportata in maniera dialettica su un piano superiore, l’amore sarà superiore al dovere, non uccido non perché la legge me lo vieta bensì perché amando non ucciderò: << nell’amore viene meno ogni pensiero di dovere >>. Dopo aver indicato le differenza tra ebraismo, kantismo e cristianesimo, Hegel applica in un caso concreto il messaggio di Cristo: quello di chi commette un atto di violenza e di lo subisce. Il caso viene inquadrato nei concetti generali di vita – destino, violenza – lacerazione, delitto – castigo, colpa – riconciliazione, legge amore.

Il concetto di vita esprime l’armonico rapporto garantito dall’amore tra le persone, quello di destino l’evolversi dialettico dell’insorgere della crisi nella convivenza e il superamento di questi momenti di crisi.

L’armonia della vita viene lacerata quando un individuo compie un atto di violenza su un’altra persona. La vita stessa cerca di “ ricucirsi “, ristabilire l’armonia precedente, in che modo? Qui, Hegel scrive pagine figlie di una finissima intuizione e sensibilità, il modello delitto – castigo permette una riconciliazione sul piano formale, non sostanziale. Il trasgressore può risentirsi per la condanna ricevuta, può nutrire rancore verso il giudice che l’ha condannato e verso la società. Il destino della riconciliazione sostanziale, avviene mediante l’amore, << il quale non si fa misurare il suo diritto dal giudice, ma si riconcilia senza alcun riguardo al diritto >>.

La riconciliazione vita – amore coinvolge sia chi ha commesso la colpa sia chi ha subito il torto. Il primo al di là della formalità del castigo, deve prendere coscienza di ciò che ha distrutto, provare nostalgia verso la vita – armonia, e tentare così la riconciliazione. Nello stesso tempo, anche la vittima è “colpevole “, la sua è la colpa più sublime, la colpa dell’innocenza. È proprio da lei che dipende la riconciliazione, rimane in colpa, quando: risponde alla violenza con altra violenza, ricorre alla giustizia, o si rassegna passivamente lamentandosi. La vittima per operare con spirito di amore deve seguire il messaggio di Gesù, che tradotto in termini filosofici sta a significare che non deve riconoscere la violenza come offesa, l’atto che ha subito, deve comportarsi da anima bella che vive nella sua libertà spirituale.

Il destino di questo porsi etico, è l’auto alienazione dal mondo, infatti Cristo dice che il nostro mondo è quello dell’aldilà. Questo è il destino del cristianesimo, seguito alla lettera, Hegel stesso dopo aver abbandonato il kantismo come prospettiva etico – religiosa, riterrà la morale di Cristo insoddisfacente da un punto di vista sia pratico che teoretico.

Dopo aver trascorso gli anni di Berna e Francoforte riflettendo su tematiche religiose, si recherà a Jena, il suo soggiorno si concluderà nel 1807 con la pubblicazione della “ Fenomenologia dello spirito “.

 

 

Jonathan Fanesi è studente di filosofia presso l’ università di Bologna, s’ interessa di teoretica, con particolare interesse verso le problematiche relative al linguaggio e alla logica.

 

 

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