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Schelling è il secondo pensatore della triade degli idealisti, è il più precoce e il più prolifico, oltre che il meno saldo per quanto riguarda le sue posizioni teoriche. Egli raggiunge la piena maturità sul piano filosofico in quello che è considerato il suo momento migliore, il periodo jenese ( 1799 – 1803 ), l’inizio della sua fioritura coincide con il declino e il superamento della speculazione fichtiana che trovava la sua massima espressione nel ciclo 1793 –1799. Sarà proprio sul finire del secolo che Schelling, elaborerà l’idealismo trascendentale o filosofia dell’identità, un tentativo di risolvere i limiti e dualismi lasciati aperti dal kantismo e dalla dottrina della scienza di Fichte. Il complesso itinerario schellinghiano è divisibile in cinque tappe: a) periodo fichtiano, dove avviene una momentanea adesione alle tesi di Fichte; b) periodo della filosofia dello spirito e della natura, la prima elaborazione di un suo pensiero autonomo; c) periodo della filosofia dell’identità, l’identificazione qualitativo ontologica di spirito e natura; d) periodo della filosofia della libertà, risposta al successo del sistema hegeliano; e) periodo della filosofia positiva ( mitologia e rivelazione) , critica alla riflessione hegeliana. Giovanissimo, Schelling si schierò a favore della Rivoluzione francese, simpatizzando per le filosofie di Kant e di Fichte, ritenendo che le idee alle quali erano pervenuti fossero “ le più avanzate e le più conformi alle esigenze pratiche e teoriche dell’epoca “. Studi successivi su Spinoza, ritornato in auge dopo un secolo di torpore grazie a Jacobi, e riflessioni sulla nuova scienza che si contrapponeva all’epistemologia illuminista per una concezione della natura organica e vitale, permisero a Schelling di scorgere e superare i limiti teoretici di Kant e di Fichte, ed elaborare un originale pensiero. Nasce in una cittadina del Württemberg nel 1775 in una famiglia modesta, nel 1790 studia nella scuola teologica di Tubinga e vi rimane fino al 1795. Qui incontra due studenti che rimarranno per alcuni anni suoi stretti amici, Hegel e il poeta Johann Crhristian Friedrich Holderin con i quali condividerà il grande entusiasmo per la Rivoluzione francese. Uscito da Tubinga Schelling compie studi universitari a Lipsia e a Dresda, per vivere fa il precettore privato, fino a quando viene chiamato all’università di Jena nel 1798 e qui, nel 1799, sostituirà Fichte, costretto ad abbandonare la cattedra e la città in seguito alla famosa “ disputa sull’ateismo”. Dal 1792 ( anno in cui pubblica un breve scritto in latino sull’origine del male ), e soprattutto dal 1795 al 1798 dà alle stampe diversi brevi scritti tutti di orientamento fichtiano, tra i quali: L’io come principio della filosofia ( 1795 ), Lettere filosofiche su dogmatismo e criticismo ( 1796 ), Idee per una filosofia della natura ( 1797 ), l’Anima del mondo ( 1798 ). Gli anni di Jena, 1799 – 1803, sono i più creativi, in questo periodo Schelling si allontana da Fichte sia a livello teorico che personale. Gli scritti più personali e originali di questi anni sono: Primo progetto di una filosofia della natura ( 1799 ), Sistema dell’idealismo trascendentale ( 1800, l’opera più organica del periodo ), Esposizione del mio sistema filosofico ( 1801 ), Bruno, o il divino e naturale principio delle cose ( 1802 ), Filosofia dell’arte ( 1802 ). Dopo la partenza da Jena Schelling modifica le sue posizioni teoriche e rende note queste sue revisioni in alcuni scritti tra i quali Filosofia e religione del 1804, Le arti figurative e la natura del 1807, Ricerche filosofiche sulla essenza della libertà umana e gli oggetti che vi si collegano del 1809. Alcuni scritti non vengono pubblicati durante la sua vita e costituiranno, in seguito, per gli studiosi oggetto di riflessioni e interrogativi sull’esistenza o meno in Schelling di un’unica filosofia. Come abbiamo prima accennato, Schelling all’inizio della sua riflessione come i giovani studenti della scuola di Tubinga, si appassiona alla filosofia di Fichte che appariva libertaria e radicalmente antiteologica, lo stesso pensatore del Württemberg in una lettera indirizzata ad Hegel, scrive: << Anche per noi non valgono più i concetti ortodossi di Dio. La mia risposta è: noi andiamo ancora più in là dell’essere personale. Io, in questo frattempo sono divenuto spinoziano! ( … ). Per lo Spinoza l’universo era tutto, ( … ), per me è l’Io. La filosofia deve cominciare dell’incondizionato. Ora si chiede in che cosa risiede questo incondizionato, se nell’Io o nel Non – Io. Quando sia decisa questa questione, tutto è deciso. Per me il più alto principio di tutta la filosofia è il puro, assoluto Io, cioè l’Io in quanto è posto con mero Io attraverso la libertà, non ancora condizionato da oggetti. L’Alfa e l’Omega di tutta la filosofia è libertà >>. Nel secondo periodo della sua riflessione, Schelling elabora un pensiero autonomo definito filosofia dello spirito e della natura, se la natura ( non –Io ) deriva dall’Io vuol dire che la natura è una particolare manifestazione dello spirito, in essa si annida una spiritualità “ pietrificata “. Se la filosofia di Fichte era rappresentabile con una semiretta, il porsi dell’Io aveva un inizio ma non una fine, in quanto il viatico della realizzazione etica consistente nel superare un non –Io era infinito; quella schellinghiana è rappresentabile con un cerchio, avviene un sorta circolarità tra natura e spirito. La realtà è unica, non si tratta di una natura meccanicista e determinista figlia di un’epistemologia filo – newtoniana, è una natura organica e vitale, che cela uno spirito in continua tensione verso il suo risveglio e la sua realizzazione. È importante notare l’influsso delle nuove scienze biologiche e delle nuove scoperte nei campi del magnetismo, dell’elettricità, della chimica e del galvinismo: una natura che ha in sé la vita, che è processo di crescita dall’irrazionale al razionale ( l’uomo ), dall’inconscio al conscio. In questo processo la natura , in maniera graduale, diventa spirito, cioè autocoscienza razionale, l’essere umano: << La natura attinge il suo più alto fine, che è quello di divenire interamente obbietto a se medesima, con l’ultima e più alta riflessione, che non è altro se non l’uomo, o più generalmente, ciò che noi chiamiamo ragione; in tal modo si ha il completo ritorno della natura a se stessa, e appare evidente che la natura è originariamente identica a ciò che in noi viene ricociuto come principio intelligente e cosciente >>. Siamo di fronte ad una concezione similare a quella di Giordano Bruno, è importante notare che il filone tedesco della filosofia sin dal 600’ avesse concepito la natura non come una res extensa in maniera cartesiana, bensì dotata di un’energia vitale. Leibniz con la sua teoria monadologica ( dal greco, monàs, unità ), aveva mostrato come l’intero universo fosse costituito da una infinita serie di atomi spirituali; Kant nella terza “ Kritik “ in corrispondenza alla scienza fenomenica affiancava la possibilità di “ cogliere un barlume di finalità nel cielo stellato “, in particolar modo mediante i giudizi riflettenti teleologici. Ritornano a Schelling si passa da una natura meccanicista a quella biologica, dove lo spirito trova la sua massima espressione, sussiste una gerarchia di “ potenze “ ossia di livelli ontologici mediante i quali la noumenicità, si disvela. La gerarchia a cui egli allude non è evoluzionistica e temporale, si tratta di una serie di passaggi logici. In quest’ottica, Schelling assume una concezione finalistica della natura, tanto da poter elaborare una visione teleologica, sulla sfondo di tale filosofia sono presenti tracce del neoplatonismo e della speculazione bruniana. Nella filosofia dell’identità, terza tappa dell’idealismo schellinghiano avviene un’ evoluzione qualitativo ontologica della natura, in precedenza il filosofo tedesco aveva posto una serie di gradi alle strutture del reale, ora spirito e natura assurgono a pari dignità, l’Assoluto si delinea come la loro unità trascendentale che può essere solo captata con l’intuizione estetica capace di superare i dualismi. È possibile notare una similitudine con Spinoza, dove estensione e pensiero, erano facce di un‘ unica medaglia. Nel “ Sistema dell’idealismo trascendentale “, Schelling divide la sfera filosofica in: conoscitiva – etica ed estetica. Egli articola la trattazione seguendo i tre aspetti dell’agire umano: quello che riguarda il rapporto con se stesso ( la morale ), quello che riguarda il rapporto con gli altri ( il diritto e la politica ) , quello che riguarda la natura ( la storia dell’umanità come crescita della natura che diventa spirito ). L’agire morale è quello che nasce dal riconoscimento dell’esistenza degli altri, senza l’altro non sarebbe possibile l’etica, l’uomo ha un bisogno morale di vivere in una società per giungere alla “ coscienza della libertà “ e del mondo. La storia dell’umanità si delinea come progresso verso lo spirito, disvelamento dell’Assoluto. Schelling negli anni di Jena presenta i temi della sua filosofia dell’identità in diversi scritti, fra i quali spicca quello del 1802 su Giordano Bruno, da lui considerato come un preannunciatore della sua filosofia dell’identità. In questi anni, nella sua riflessione avviene una critica all’illuminismo, considerato come la continuazione di un pensiero che da Cartesio in poi ha posto in primo piano la ragione scientifica e ha considerato la natura come una concatenazione meccanicista e determinista di causa ed effetti. Nel 1803, Schelling lascia Jena per recarsi in un’università cattolica, qualche anno dopo, precisamente nel 1807, quando Hegel pubblicava la “ Fenomenologia dello spirito “, insegnerà a Monaco di Baviera, per poi ritornare nella protestante Berlino. Dopo aver lasciato Jena, sempre nell’ambito della filosofia dell’identità, Schelling colora il suo pensiero di riflessioni religiose, non siamo di fronte ad una concezione teologica tradizionale, bensì una teosofia. In “ Filosofia e religione “ identifica Dio con l’Assoluto, distinguendo l’approccio religioso da quello filosofico, nel primo, Dio è un Essere particolare infinitamente distante da noi, nel secondo, Dio è l’assoluto nel quale ci si riconosce. Si tratta della divisione, presente anche in Hegel tra la “ riflessione “, che è l’equivalente dell’intelletto, e la “ Vernuft “ un livello superiore rispetto a quello intellettivo. Sempre in quest’opera, mostra come l’Assoluto si manifesti nella religione in tre forme: ideale ( Dio prima della creazione ), reale ( il mondo creato ), una mediana ( rivelazione e cristianesimo). Nel trattare queste tematiche, Schelling riprende aspetti del neoplatonismo ( la caduta ), e del cristianesimo ( il peccato e la redenzione ). L’Iliade e l’Odissea, sono le due fasi dialettiche del processo di risalita dell’Assoluto che media tra un forma reale e una ideale lo spirito. Nella “ Filosofia dell’arte “ del 1802 ed in particolar modo ne “ Le arti figurative e la natura “ del 1808, Schelling insiste sull’artista come libero creatore, la sua concezione rappresenterà il canone estetico della nuova cultura romantica, che si metterà in contrapposizione alle teorie classiciste di Winckelmann, dove l’artista era imitatore del bello ideale. In questi scritti, Schelling concepisce l’artista come creatore come creatrice è la natura, in quanto vita spirituale libera e spontanea. Anche l’artista è natura ( essere in carne ed ossa ) e spirito ( libertà e ragione ) , egli è capace di “ cogliere “ l’Assoluto, realizzare la filosofia dell’identità che si compie mediante un’intuizione estetica meta – intellettiva, e si incarna in un’opera d’arte. La riflessione della terza tappa del suo itinerario filosofico, è indirizzata alla risoluzione di una fondamentale domanda: se il principio è uno, come spiegare la molteplicità? Si tratta della tipica questione, che hanno dovuto affrontare tutti quei filosofi che facevano derivare la realtà da un unico principio, i presocratici ne sono un esempio. Una prima risposta Schelling la ottiene riprendendo la filosofia di Bruno e la concezione di peccato originale presente nella religione cristiana, importante sarà un ritorno delle tesi mistico – alchimiste. Non volendo cadere in un ferreo panteismo, il filosofo tedesco passa dalla natura divina al Dio – persona, entrando così nel quarto momento della sua speculazione: la filosofia della libertà. Dio è un principio duale sia del bene che del male, egli è fondamento ed esistenza, tenebre e luce. L’Essere che sta in sé, è il fondamento, uscendo da se stesso diviene luce che squarcia le tenebre. In latino il verbo “ esistere “, vuol dire venir fuori, il principio del male consiste nel rimaner dentro sé di Dio, il quale compie una sorta di atto “ egoistico “. Va sottolineato come in Dio, non sia presente il male, ma il principio o “ conditio “ di una possibile corruzione. Sempre in questo periodo della sua speculazione, Schelling risponde alla critica hegeliana, dove nella prefazione alla “ Fenomenologia dello spirito “, aveva definito l’Assoluto schellinghiano come “ una notte in cui tutte le vacche sono nere “ per esprimere il mancato sviluppo delle articolazione interne. L’ultimo periodo della sua speculazione prende il nome di filosofia positiva, proprio in questa fase, Schelling sviluppa in maniera marcata una concezione teosofica, dove criticherà le filosofie negative. Cosa s’intende per “ negative “? Le filosofie negative sono quelle, che si focalizzano su un unico aspetto del reale: l’essenza. Proprio in questo contesto, Schelling sferrerà i suoi dardi velenosi contro il panlogismo hegeliano, che pretendeva di derivare l’esistenza dall’essenza. In latino il termine “ positum “, significa posto dall’atto libero di Dio. L’esistenza non può essere spiegata dalla ragione, in quanto presuppone un libero atto di Dio. La filosofia positiva non si deve limitare ad indagare le condizioni negative della realtà ( l’essenza ), il quid est; ma in particolar modo su quelle positive, il quod est. L’esistenza non può essere spiegata mediante la ragione, bensì attraverso l’accettazione della rivelazione, la religione cristiana è l’unica dove Dio si sia rivelato. Schelling seppur implicitamente sta aprendo le strade all’esistenzialismo, un prevalere della sfera dell’esistenza non esplicabile dalla ragione sull’essenza. Lo stesso Kierkegaard rimarrà colpito dall’insegnamenti di Schelling, anche se lo riterrà troppo nebuloso e oscuro. Entra nella scena filosofica l’idea che esista una sfera non riducibile alla ragione: imboccheranno questa via sia Nietzsche che Marx, ma con esiti molto diversi.
Jonathan Fanesi è studente di filosofia presso l’ università di Bologna, s’ interessa di teoretica, con particolare interesse verso le problematiche relative al linguaggio e alla logica. |