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Neocriticismo Verso la seconda metà dell’ Ottocento si assiste in Germania, alla nascita di una generale tendenza antipositivista ed antimaterialista, sorgono correnti filosofiche quali, il neocriticismo, la filosofia della vita e lo storicismo. Tali scuole si ispirano al mito del germanismo, vedono nella “ Kultur “ un insieme di valori guida universali per l’ umanità, molti dei più importanti pensatori del tempo, tra i quali Weber, Cohen, Natorp, Dilthey, Simmel, Cassirer, Troeltsch e Spengler condividono la fede nella superiorità dello spirito tedesco; molti altri terranno posizioni fortemente nazionaliste. Il neocriticismo si sviluppa in relazione a due scuole di pensiero, quella di Marburgo sorretta e guidata da Cohen e Natorp, e la seconda, quella del Baden, da Windelband e Rickert. Già all’ inizio della seconda metà dell’ Ottocento, si assiste un generale movimento di ritorno a Kant, movimento inficiato ancora di elementi filopositivisti e costituitosi in relazione a tre scritti: “ Sul significato e il compito della teoria della conoscenza “ di E. Zeller, “ Kant e gli epigoni “ di O. Liebmann, “ Storia del materialismo e critica del suo significato nell’ età presente “ di F. Albert Lange. Il fondatore del neokantismo è Cohen, autore di una “ Teoria kantiana dell’ esperienza pura “ ( 1871 ), la sua riflessione si pone come ripresa critica dell’ impostazione kantiana, finalizzata a combattere il dogmatismo spiritualistico dell’ idealismo e il dogmatismo fattuale del positivismo. Il neocriticismo di Cohen, si differenzia dal maestro in quanto, abbandona la triadica distinzione kantiana ( estetica, logica e dialettica ) per concepire le forme a priori, non come meri strumenti della pensabilità del reale, ma come leggi interne del contenuto della conoscenza, inoltre supera la distinzione tra pensare e conoscere e la dottrina della cosa in sé. Quest’ ultima perde un suo statuto ontologico autonomo per rappresentare l’ inesauribilità dell’ oggetto dell’ indagine scientifica. L’ identificazione del pensiero con l’ essere, non porta a posizioni idealiste, i filosofi di Marburgo rifiutano un’ impostazione gnoseologica fondata sulla soggettività e sulla psicologia. Il pensiero coincide con le strutturazioni logico – oggettive dei suoi contenuti, al di là dell’ attività soggettiva pensante. I termini “ coscienza “ autocoscienza “ e “ “ attività “ non hanno nessun contenuto psicologico, bensì logico trascendentale. Cohen privilegia nella neo indagine criticista l’ ambito delle scienza matematiche e fisiche, vede nell’ io penso l’ ” unità della coscienza scientifica “ e nel calcolo infinitesimale, la produttività del pensiero. Cohen, pur sottolineando la superiorità della dimensione scientifica, allarga il suo sistema filosofico con un’ etica della volontà pura ed un’ estetica del sentimento puro. Il nostro autore è famoso per aver elaborato un “ socialismo di cattedra “, un discorso politico basato sulla ripresa dell’ imperativo morale kantiano come reale fondamento del socialismo, in questo modo Cohen elimina la dimensione materialistico – ateistica per creare un politica etica culminante nell’ idea di Dio. Natorp, discepolo più illustre di Cohen critica il maestro per aver privilegiato l’ applicazione del neo apparato trascendentale alla dimensione fisico – matematica, ci sono forme non scientifiche pregne di autenticità e contenuto, quali quelle estetiche, religiose ed etiche. Nell’ “ Introduzione alla psicologia secondo il metodo critico “ elabora un sistema dove la psicologica scientifica sia il polo unificante delle oggettivazioni della varie espressioni culturali, capace di ricondurre il poliedrico mondo della coscienza ad un insieme di leggi e la soggettività pura nella sua originaria immediatezza. Secondo Natorp, l’ oggetto del sapere scientifico è in fieri, in continua elaborazione, un indeterminato in un moto di determinazione infinita. In “ La dottrina platonica delle idee. Un’ iniziazione all’ idealismo “, concepisce le idee platoniche alla pari delle categorie dell’ intelletto kantiano, come pensabilità trascendentale delle cose stesse, in tal guisa si distacca sia da Aristotele che vedeva nell’ idee platoniche delle super – cose inutili doppioni della realtà sensibile e da Kant, che vedeva nelle forme metafisiche platoniche le idee della sua ragion pura. La scuola neokantiana del Baden, è perfetta sintonia con quella di Marburgo per rifiutato ogni interpretazione psicologista del kantismo, ma si differenzia da quest’ ultima per aver posto in rilievo la questione dei valori. I principi a priori devono essere assunti come norme la cui validità è del tutto indipendente dalla loro effettiva realizzazione empirica. Inoltre differenziandosi da Cohen, i maestri del Baden applicano l’ indagine trascendentale a diversi ambiti del sapere. La filosofia è la scienza analizza il pensiero ed i suoi contenuti mediante il vero, il buono ed il bello. Windelband, fondatore dell’ altro indirizzo del neokantismo in “ Preludi “ distingue le leggi fisiche che trattano di realtà che non possono essere altrimenti da quelle che sono, dalle norme, che svolgono una funzione di valutazione ( e non di spiegazione ) e loro necessità risiede nel “ dover – essere “. In “ Storia e scienze della natura “ Windelband vede nel metodo trascendentale una possibile applicazione al dominio storico, egli farà una distinzione di fondamentale importanza tra le scienze nomotetiche [ scientifiche ] il cui procedere generalizzante estrapola le leggi universali dal contenuto particolare, e le scienze idiografiche [ storiche ] fondate su una metodologia individualizzante. Siamo di fronte a due impostazione di ricerca differenti che trattano in guise diverse di un medesimo oggetto, si attua quindi l’ irriducibilità dei campi d’ analisi. Nell’ ultima fase del pensiero i valori acquistano una loro radicalizzazione ontologico – metafisica, inoltre la storia ed il mondo della natura non sono distinte solo metodologicamente, ma come differenti strutture oggettive. Rickert, in “ La filosofia della vita “ critica tutte le forme di relativizzazione dei valori, da Dilthey, Simmel, Nietzsche, Bergson a James, i valori pur incarnandosi storicamente trascendono il particolare storico. Storicismo Il termine “ storicismo “ è recente e si localizza nell’ area culturale italo – tedesca, in Italia sono storicistiche la scuola neohegeliana di Croce, e l’ impostazione marxista di Gramsci, risalente ai quaderni di carcere. I Germania, di primaria importanza fu la connessione tra marxismo e storicismo attuatasi nell’ opera di G. Lukács ( Storia e coscienza di classe ), dopo questa parentesi il movimento storicista assume una sua autonomia ed indipendenza sia nei confronti del positivismo che in relazione al neocriticismo; a differenza di quello sviluppatosi nel “ bello italo regno “, lo storicismo tedesco trova il suo background culturale nel continuo lavoro di alcuni storici della seconda metà dell’ Ottocento, quali Leopold von Ranke, Johann Gustav Droyesen, Theodor Mommsen, Jacob Burkhardt. Lo storicismo tedesco, rifiuta da un lato ogni metafisicizzazione della storia secondo la fusione finito – infinito tanto cara ai romantici, dall’ altro la naturalizzazione dei fatti umani come avevano sostenuto i positivisti. La storia perdendo una sua struttura fondante ontologico – razionale, diviene una dimensione dove non vige la necessità assoluta del campo delle matematiche, dove si incarna in pieno la finitudine degli uomini che vi agiscono. Un altro aspetto interessante è il “ ritorno a Kant “, riutilizzare correggendo l’ impostazione kantiana nel conoscere storico, allontanandosi nello stesso tempo dall’ atemporalità del soggetto trascendentale dei neocriticisti. Dilthey, è uno dei massimi esponenti dello storicismo tedesco, segue i corsi universitari di teologia, filosofia e storia, prima ad Heidelberg poi a Berlino, dove a modo di entrare in contatto con Mommsen ed il grande Ranke. In questi anni si interessa dell’ Illuminismo e del Romanticismo in Germania, a testimonianza di ciò possiamo ricordarci dei suoi saggi su Hamann, Hölderlin, Goethe e sulla vita del giovane Hegel ( interpretazione romantico teologica ). Dilthey vede nell’ intuizione poetica una superiore capacità di comprendere il mondo, i sistemi filosofici, non sarebbero altro che traduzioni logico – argomentate di un’ ermeneutica presillogistica. Il Romanticismo appare a Dilthey come un momento cruciale della cultura e della storia, la piena maturazione dell’ esigenze sorte nel Rinascimento e nella Riforma protestante; da un lato una rinata spiritualità ed interiorizzazione della religione cristiana, dall’altro la renaissance del pensiero panteista. Lo storicista tedesco, rifiutò un ruolo politico attivo, pur simpatizzando per Bismarck, egli pensava che i sentieri decisivi per la storia passassero dalle esperienze religiose, poetico – filosofico, che per la struttura sociale degli stati. In “ Saggio di un’ analisi della coscienza morale “ tenta di coniugare l’ imperativo morale kantiano ad un’ interpretazione storicistica della vita morale. Dilthey, in questi anni, è propenso ad costruire sul modello kantiano una critica delle scienze dello spirito, superando così il modello hegeliano e quello comteano. In “ Introduzione alle scienze dello spirito “, vengono messi in chiaro punti di fondamentale importanza per lo sviluppo della ricerca del grande storicista tedesco. Le scienze della natura che hanno un carattere puramente conoscitivo e deterministico, indagano su esperienze esterne all’ uomo, le scienze dello spirito si occupano di una realtà di cui l’ uomo ha coscienza diretta ed immediata, dove vigono valori e fini che rendono dinamico la stessa ricerca, inoltre è necessario che l’ osservazione storico – spirituale passi attraverso un’ auto osservazione intima del vissuto, il conoscere storico è un processo che coglie l’ individuo nella totalità delle sue manifestazioni [ affettive, emozionali ]. L’ Erlebnis è la manifestazione nell’ immediato dell’ interiorità della vita storico – sociale. Nell’ oggettivazione culturale – organizzativa ( arte, società Stato, Chiesa ) dei rapporti tra gli individui, sorge l’ oggetto di studio delle scienze dello spirito. La storiografia studia gli eventi storici nella loro irripetibilità, dall’ altro le scienze generalizzanti, la psicologia, l’ antropologia, l’ etica, l’ estetica. In “ Idee per una psicologia descrittiva ed analitica “, Dilthey si propone di risolvere la fondazione oggettiva delle scienze dello spirito, la soluzione ( precaria ) viene trovata in un’ impostazione psicologista similare a quella bergsoniana. La psiche è un continuo fluire di stati interiori tra loro connessi, ognuno dei quali è articolato in una rappresentazione, in uno aspetto volitivo ed affettivo. La psiche così intesa è una struttura in fieri che in quanto apertura verso il mondo, da valori alle cose. Presto lo stesso Dilthey, rifiutò la soluzione offerta dalla psicologia, intuendo come quel tipo di fondazione fosse decisamente autobiografico, solo un possibile propedeutico per la dimensione oggettivo – storica. In “ La costruzione del mondo storico nelle scienze dello spirito “, Dilthey analizza il concetto di “ Erlebnis “ mediante un processo evolutivo triadico che lo porta a trovare il reale fondamento delle scienze dello spirito. 1) l’ Erlebnis è il singolo stato cosciente in cui manifesta l’ Erleben [ flusso interiore costitutivo della vitalità originaria ]; 2) oggettivazioni storico – sociali e culturali dell’ Erleben. 3) comprensione del fatto che tutte le manifestazioni storico – sociali sono prodotte dalla vita. Il pensiero penetra la vita quando essa è già passata, il fondamento delle scienze dello spirito è ritrovato in un comprendere retrospettivo e non assoluto. Il rapporto pensiero – vita è fondamentale per comprendere lo storicismo di Dilthey. L’ apparato categoriale finalizzato alla comprensione della vita, non sorge come un che di esterno, di trascendentale stile Kant, il pensiero è una sorta oggettivazione autoermeneutica scaturita dal flusso vitale ed operante quando esso è passato. Il mondo storico è opera delle oggettivazioni dei rapporti umani, di individui finiti e condizionati. Ogni epoca storica istituisce un suo insieme di valori ed espressioni culturali, lo storico per comprenderla deve assumere l’ ottica della medesima. E. Husserl criticò aspramente il discorso di Dilthey, tacciandolo di soggettivismo estremo. Dilthey poco prima della sua morte, rispose all’ accusa, argomentando che pur nell’ irriducibilità culturale ed ermeneutica di ogni epoca, quest’ ultima può confrontarsi con le passate ed aprire nuove strade future. La critica della ragione storica diviene quindi una critica storica della ragione. Nell’ “ Essenza della filosofia “, Dilthey mostra come ogni sistema filosofico sia espressione dell’ Erlebnis, e si possa coniugare la pretesa di universalità di una determinata filosofia [ assolutizzazione di un aspetto della vita ] con il suo stesso storicizzarsi. Dilthey scorge tre tipi di metafisiche sorte dall’ assolutizzazione della rappresentazione, sentimento o volontà insita nell’ Erlebnis. Naturalismo, gli atomisti, Hobbes, filosofi del Settecento, Comte e materialismo moderno, radicalizza la sfera conoscitiva ( causa ed effetto ) a discapito delle categorie di valore e scopo. Idealismo oggettivo, Eraclito, stoici, Spinoza, Leibniz, Goethe, Schelling, Schleiermacher, Hegel; fa riferimento alla categoria di valore e vede nella realtà il dispiegamento di un principio ad essa immanente. Idealismo soggettivo, Platone, Cicerone, filosofia cristiana, Kant, Fichte, Maine de Biran; fa solo riferimento alla categoria di scopo, pone in rilievo la libertà del soggetto. Simmel, è uno dei massimi esponenti dello storicismo tedesco, all’ inizio della sua ricerca approderà ad un soggettivismo relativistico. Accetterà la distinzione kantiana e neokantiana, delle distinzione interna alla conoscenza di un fattore formale da uno materiale, ma nello stesso tempo negherà ogni forma di trascendenza ed a – priori delle categorie, esse sorgono dall’ esperienza come bisogni pratico – vitali. Simmel, radicalizza la vena psicologia già presente in Dilthey, mostrando come non si possa parlare di un’ oggettività storica, in quanto ogni prospettiva ermeneutica è relativa e sorge dall’ esigenze di chi conduce la ricerca. Studiando Schopenhauer e Nietzsche, Simmel assolutezza la vita, come flusso irrazionale e continuo che si oggettiva in forme spirituali, culturali, artistiche e scientifiche che trascende sempre. La vita si esprime nella forma ma nel momento in cui si espressa la forma viene annientata e distrutta. Negli inizi del Novecento Simmel, vede un conflitto mai apparso, non c’è più un passaggio da determinati valori ad altri, ma la vita sembra non oggettivabile più in nessuna forma. Simmel, in “ Il problema del tempo storico “ distinguerà un tempo della vita ( irrazionale, che non subisce le scansioni della storia ) da un tempo della storia che pur nella sua autonomia è legato a quel Grund irrazionale vitale. La sociologia simmeliana è stata definita dal suo stesso ideatore, “ formale “ per contrapporla a quella di matrice positivista, la società non può essere spiegata da leggi, ma descritta tramite le forme con le quali gli individui interagiscono ( sociazione ). In “ La filosofia del denaro “ Simmel, analizza le implicazione cognitivo – psicologiche dello scambio; scambiare significa determinare oggettivamente il valore delle cose, il denaro attiva la facoltà matematica dell’ intelletto e porta a contraddizione quando viene esteso ai rapporti affettivi – sociali. In “ La metropoli e la vita dello spirito “ analizza gli effetti dell’ urbanizzazione sulle relazioni psicologiche, mostrando come il fenomeno dell’ isolamento sia dovuto alla diminuzione delle forme associative non economiche. Spengler porta ad esiti apocalittici il relativismo storicistico, la sua opera più importante è “ Il tramonto dell’ Occidente “, in un saggio precedente su Eraclito aveva interpretato il Logos, come legge del destino che regge l’ agire umano. Spengler radicalizza il divario tra la natura e la storia, se in Dilthey erano due oggetti indagati come metodologie differenti, per il nostro autore, natura e storia sono due realtà metafisiche incommensurabilmente diverse. La natura è la dimensione del “ divenuto “, di ciò che la vita ha prodotto e si è separato dalla vita stessa, la storia è la sfera del “ divenire “ che crea continuamente nuove forme. Alla base di quest’ ultima sussistono le varie e culture; all’ interno della civiltà Spengler distingue la “ cultura “ ( Kultur ) il normale processo di sviluppo di un organismo, che svolge le normali funzioni vitali, la “ civilizzazione “( Zivilisation ) è lo stato estremo e raffinato della civiltà, in apertis verbis la sua fine. Ogni epoca sviluppa una sua scienza, morale, filosofia e religione, e tali manifestazioni culturali hanno un valore assoluto all’ interno di quella determinata epoca, questa posizione viene definita assolutismo relativo. All’ interno della cultura sussiste una forma di necessità che Spengler chiama destino. Per quanto l’ uomo si opponga al destino, ogni tentativo risulta vano, l’ unica soluzione giustificabile è remare nella direzione del destino. L’ Occidente, ad avviso di Spengler è giunto alla sua civilizzazione o fine, ove sono rovesciati tutti i valori, e la religione simbolo dell’ essenza dell’ epoca crolla. Arnold Toynbee, in “ A study of History “ rifiuta il determinismo di Spengler, parlando del rapporto ambiente – uomo, come di un rapporto tra sfida e risposta; l’ ambiente offre una serie di vincoli, limiti e possibilità, spetta all’ uomo con un agire indeterminato e libero, rispondere a tale sfida. E. Troeltsch, autore del libro “ Lo storicismo e i suoi problemi “, afferma che lo storicismo diviene la storicizzazione di ogni realtà, statale, religiosa, politica, culturale. La categoria fondamentale dello storicismo è quella di “ totalità individuale “ che corrisponde all’ unità autocentralizzata di Dilthey. Lo storicista deve trovare ciò che vi è di essenziale all’ interno della storia. I valori pur manifestandosi in forme diverse, soggiacciono ad un principio universale assoluto. Meinecke, dirà che la dissoluzione della filosofia del diritto naturale porta alla formazione storica dello storicismo, il compito umano ( rifacendosi a Goethe ) è voluto da Dio.
Jonathan Fanesi è studente di filosofia presso l’ università di Bologna, s’ interessa di teoretica, con particolare interesse verso le problematiche relative al linguaggio e alla logica. |