Triora...il paese delle streghe
E chi meglio di una ligure può indicarvi la strada giusta verso Triora? Triora...meglio conosciuto come il paese delle streghe... dove è possibile visitare la Cabotina. Lì le donne, nel 1500, erano solite riunirsi per curare i malati con le erbe. Per queste pratiche molte di esse furono accusate di stregoneria. Se andrete a Triora non dimenticate di visitare il negozio di Angelamaria, che propone vari prodotti ...magici e golosi.... la signora Angelamaria si dichiara discendente di Franceschina, che creduta una bagiua ( strega) fu coinvolta nel processo dell' Inquisizione tenutosi a Triora nel 1587. A Triora non si può non visitare la Cabotina, il quartiere delle streghe e il museo etnografico. Quest' ultimo è una sorta di set cinematografico dove nell'arco degli ultimi anni sono stati girati numerosi film e documentari sull'argomento. Se vi và di visitare Triora, recatevi all' Albergo Ristorante Santo Spirito, del 1897 Piazza Roma 23 tel. 010/8494019 La storia ci racconta di pregiudizi e superstizioni che attraversano i secoli a braccetto con l'arbitrio e la giustizia sommaria. Le streghe ne fecero le spese per quattrocento anni, usate dal potere per colpevolizzare il dissenso ed incanalare nel rito collettivo del rogo purificatore lo sfogo liberatorio della paura: una fuga dal razionale associata al fanatismo religioso. La tortura era prassi normale all'epoca, così che non stupisce di leggere in un documento del 1492 dell'Archivio di Stato di Genova i tremendi tormenti a cui andavano incontro le infelici: "la colpevole sia scoata (trascinata) per terra, aut sia marchiata cum ferro ardente in lo volto, aut tagliato lo naso o una delle orecchie, o cavato un ohio a judicio et arbitrio del Podestà.." E si poteva variare con diversi altri supplizi. Nella realtà le "bàggiure", così vengono chiamate le streghe, a Triora (paesino dell'entroterra ligure) spesso erano sventurate affette da patologia del sistema nervoso, che per il loro comportamento strano suscitavano sospetto e timore. Si è anche ipotizzata la presenza della segala cornuta nella farina usata per il pane: l'acido lisergico presente nell'impasto avrebbe ingenerato anomalie psicopatologiche; come pure sarebbero stati usati unguenti e pozioni a base di vegetali allucinogeni. In qualche caso, più semplicemente, un comportamento libero fu scambiato per indemoniamento., legandolo fantasiosamente a convegni lascivi (il sabba). Quindi la strega come prodotto dell'invidia, dell'ignoranza, dell'ossessione delle epidemie, delle carestie, degli eventi negativi in genere. In quest'ottica si può guardare ai fatti che portarono al processo per stregoneria di Triora. Il benessere compromesso da una lunga carestia doveva avere una spiegazione e tosto fu trovata: responsabili dei guai erano le streghe con la loro arte diabolica! In quel fine estate 1587 arrivarono svariate denunce anonime al parlamento cittadino. |
Una trentina di donne di Triora, furono incarcerate e torturate. I Vicari del vescovo d'Albenga e dell'Inquisitore di Genova, chiamati ad occuparsi del caso, individuarono inizialmente le "colpevoli" in tredici donne, quattro fanciulle ed un ragazzino e furono così zelanti nella ricerca della verità attraverso i tormenti che una sessantenne, Isotta STELLA, morì per le vessazioni subite ed un'altra poveretta si lanciò dalla finestra nel tentativo di trovare scampo. Ma la delazione aveva finito con il coinvolgere alcune matrone del "casato importante": questo suscitò la reazione sdegnata delle famiglie titolate, che si rivolsero al governo genovese affinché facesse cessare le tribolazioni di donne innocenti. Ottenuta assicurazione che all'aristocrazia sarebbero stati evitati altri guai, le lamentele si acquietarono. Tutto riprecipitò con l'arrivo di un commissario straordinario, Giulio SCRIBANI, mandato da Genova in sostituzione dei vicari ecclesiastici. Costui, operando con cieco fanatismo, iniziò la caccia ad altre streghe, senza tardare a trovarle: Franchetta BORELLI di una eccellente famiglia triorese sarà l'unica a non confessare, mentre Caterina CAPPONI, le sorelle Bianchina, Battistina e Antonina VIVALDI-SCARELLA, ammetteranno efferatezze di ogni sorta. Molte morirono in carcere per malattia, stenti e denutrizione, alcune furono condannate alla pena capitale, le altre, forse, riacquistarono la libertà: tutte furono vittime dell'ignoranza e della malafede. Come è ben noto: "in fondo ad un mare di bugie si nasconde sempre un fondo di verità"ecco che queste donne avevano, naturalmente, doti "speciali", erano guaritrici, sensitive, veggenti, consultavano gli astri e si riunivano per rafforzare (con lo scambio di notizie) le loro notevoli capacità. Solo poche, tra loro, usavano la magia e le erbe a scopo malefico, talune, si narra, che entrassero in casa di donne, "invidiate", che avevano appena partorito portando doni che, pare avessero il potere di creare al neonato, problemi di salute o addirittura malformazioni, (la cosiddetta "fattura"). Ma da questo ad attribuire loro il potere di scatenare la carestia ce ne passa. Ancora oggi ci sono donne (per lo più anziane) che conoscono il segreto per guarire particolari malattie, quelle che la scienza liquida come inguaribili o croniche, usando pozioni e alle volte recitando strane frasi o litanie, servendosi di oggetti d'oro (la vera per esempio) oppure di oggetti sacri (il crocifisso), in questo caso chiedono a Dio di allontanare il male da quel corpo sofferente. A Triora, l'argomento "bàggiure" è tuttora un tabù, una cosa che mette molta paura, lo spavento è tanto che viene automatico pensare che quella gente ne sappia molto di più... |
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