Leggende

I LIGURI

Leggenda della Liguria


Fra i popoli dell'antichità, quello dei Liguri è uno dei più misteriosi. Dotati di straordinaria forza fisica, selvaggi e primitivi, avrebbero messo in difficoltà lo stesso Eracle. Si dice infatti che i due fratelli Albione e Ligure, re dei Liguri e figli di Poseidone (quindi, per i Greci, incarnazione di potenze telluriche), avessero rubato i buoi del semidio, il quale li inseguì fino alle foci del Rodano (per gli antichi la Liguria comprendeva, oltre a tutta l'Italia settentrionale, la Provenza e la Catalogna). Ma qui Eracle incontrò una tenace resistenza, perse le armi e stava per essere sopraffatto, sennonché suo padre Zeus gli venne in aiuto e fece cadere dal cielo una pioggia di massi, che decimò quegli irriducibili avversari. 

Per quanto duro e feroce, questo popolo era però sensibile alla musica e al canto; se per alcuni, infatti, l'etimo del loro nome è da ricondursi ad una radice *lig- che nella loro lingua significava fango (non molto diversamente dal nome di Adamo, che vuol dire terra rossa), secondo altri questo nome è da riconnettersi con il greco liguò , cioè canoro, sonoro. Si dice appunto che un altro loro re, Cicno, quando il suo amico Fetonte cadde nell'Eridano, dopo aver cercato di guidare il carro del Sole, ne morì dal dispiacere, e allora Zeus, impietosito, lo tramutò in cigno dal dolce canto, mentre le sorelle di Fetonte, che erano alla corte di Cicno, furono mutate in pioppi, che ancora oggi si vedono in lunghe file presso il Po, e le loro lacrime divennero ambra, nella quale i Liguri, appunto, commerciavano fin da epoche remote. E questi miti sono narrati da Eschilo, in un frammento della trilogia di Prometeo, da Apollodoro, e da Ovidio.


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che contiene una piccola antologia, frequentemente aggiornata della letteratura in genovese.

La Collina delle Fate


Leggenda della Scozia


Tanto tempo fa, la moglie di un fattore di Kintraw, si ammalò e morì, lasciando due o tre bambini. La domenica dopo il funerale il fattore ed i suoi domestici si recarono in chiesa, lasciando i bambini a casa sotto la sorveglianza della più grande di loro, una ragazzina di appena dieci anni. Al ritorno del fattore i bambini gli dissero che era venuta a visitarli la loro madre, li aveva pettinati e li aveva vestiti per bene. Il fattore ovviamente credeva che si fossero inventato tutto di sana pianta, e vedendo che i bambini insistevano nell'affermare che era la sacrosanta verità, li mise in punizione.

La domenica seguente accadde di nuovo la stessa cosa. Il fattore a questo punto disse ai bambini che se la loro madre fosse venuta di nuovo loro le avrebbero dovuto chiedere per quale motivo era tornata. La domenica successiva non appena la madre riapparve la figlia più grande le pose la domanda suggerita dal padre e la madre rispose che era stata rapita dal Piccolo Popolo, e gli era permesso di tornare solo per un'ora o due tutte le domeniche, e le disse anche che se avessero aperto la sua bara avrebbero trovato solo una foglia appassita.

Il fattore, alquanto perplesso, si recò dal pastore per un consiglio. Ma il pastore si fece beffe della storia che il fattore gli raccontò, ridicolizzò l'esistenza del Piccolo Popolo e non diede il suo permesso a che la bara della donna fosse riaperta. La faccenda fu perciò messa a tacere. Ma, poco tempo dopo, il pastore, che era andato a Lochgilphead per un giorno, fu trovato morto accanto alla Faerie Hill (Collina delle Fate), vittima, così pensa la gente, dell'indignazione dei fairies di cui egli aveva riso.

IL SACERDOTE E IL TROLL

Leggenda della Norvegia


Un ecclesiastico, una volta, convinse un troll di montagna a costruire una chiesa. Il compenso offerto dall'uomo era il sole.
Ovviamente, il sacerdote non poteva mantenere una simile promessa e nemmeno aveva mai pensato di farlo. Mentre il gigante costruiva l'edificio, un servo dell'ecclesiastico si spinse tra le montagne alla ricerca della tana dei troll. Quando la trovò, udì provenire dall'interno la voce della moglie del gigante che canticchiava il suo nome. Era questa l'arma che il sacerdote cercava: quella dei troll era una razza antica e i loro nomi possedevano poteri magici, per questo non dovevano essere rivelati agli esseri umani, poichè il mortale che conosceva il nome di un troll ne decretava la morte.
Il sacerdote attese fino a quando il gigante ebbe posto l'ultima tegola sul campanile della chiesa. Quindi, mentre la creatura si manteneva in equilibrio afferandosi all'alta struttura, si preparò a pagare il suo debito. "Tvester" gridò l'uomo, svelando il segreto del troll. Con un ululato di dolore, il troll precipitò nel vuoto, morendo ancora prima di toccare terra.
Un fabbro salva una fanciulla rapita da un Troll

Leggenda della Danimarca



Una sera sul tardi, mentre un fabbro era intento al suo lavoro nella forgia, sentì una lamento provenire dalla strada, e alla luce rossa del ferro incandescente che stava battendo, egli vide una donna spinta in avanti da un troll che le gridava "Ancora un pò! Ancora un pò!". Il fabbro corse fuori frappose tra di loro il ferro incandescente, in questo modo liberò la donna dal potere del troll.

Condusse poi la fanciulla nella sua casa dove l'aiutò a partorire due gemelli.

La mattina successiva il fabbro andò a cercare il marito della donna, ritenendo che fosse in grande apprensione per la moglie. Entrato in casa della donna però si accorse, con sua grande sorpresa, che nel letto assieme al marito c'era un essere che aveva assunto le sembianze della donna. Intuendo subito l'inganno il fabbro prese l'ascia che portava sempre con lui e le spaccò la testa.

Il marito fu veramente felice di poter riabbracciare la sua vera moglie e i suoi gemelli.
GIURE GRANDO

Leggenda della Croazia




Una leggenda citata da Goerres (La mystique divine, naturelle et diabolique, Parígí, 1855, I. v, cap. xiv), parla di un Vampiro chiamato Giure Grando, che infestò per lungo tempo il paese di Coridiggo, in Istria.
Nel 1672 fu riesumato il suo corpo, sepolto sedici anni prima. Grando era apparso a diverse persone del paese, ed era entrato persino nel letto di sua moglie. Il cadavere apparve sorridente e fece diversi movimenti, come se fosse lieto di respirare l'aria fresca. Il prete del villaggio alzò allora il Crocifisso, gridando: «Guarda Gesù Cristo, súigòn! Cessa,di tormentarcí!». Dagli occhi del Vampiro allora spuntarono delle lacrime.
I più coraggiosi, pur rabbrividendo d'orrore, cercarono di piantargli nel cuore un paletto di biancospino. Ma non ci riuscirono: il palo rimbalzava sempre dal corpo del Vampiro. Allora vennero recitate delle preghiere d'esorcismo, e si tentò di decapitarlo. Quando la lama del boia s'affondò nella sua gola, il Vampiro lanciò un grido terribile, e tutta la bara fu inondata di sangue.

(tratto da Dictionnaire Infernal di Collin de Plancy)
OLUF ARRPE

Leggenda della Danimarca


Thomas Bartholin, danese che scriveva nel secolo decimosettimo, narra, sulla testimonianza di un'antica Maga nominata Landela, la cui opera non venne mai pubblicata, un fatto che deve appartenere al secolo decimoterzo o decimooquarto.

Un uomo del Nord che si chiamava Oluf Arppe, trovandosi in punto di morte, ordinò a sua moglie di farlo seppellire ritto in piedi davanti alla porta della sua cucina, onde non perdere interamente l'odore delle pietanze che gli erano care, e potesse vedere a tutto suo agio ciò che succedeva nella sua casa. La vedova eseguì fedelmente il volere del marito. Alcune settimane dopo la morte di Arppe, la sua anima si vide spesso apparire sotto forma di un orrido fantasma che uccideva gli uomini al lavoro, e molestava a tal punto i vicini, che nessuno più ardiva abitare nel villaggio.

Un contadino, per nome Olao Pa, fu abbastanza coraggioso da assalire il Vampiro e, dopo averlo ferito con un colpo di lancia, gli lasciò il ferro nella piaga. Lo spettro disparve, e il giorno dopo Olao fece aprire la tomba del morto. Di fatto, la sua lancia la si trovò immersa nel cadavere dì Arppe nel luogo stesso in cui Olao aveva colpito il Vampiro. Il cadavere non era corrotto; lo si trasse dal sepolcro, lo si bruciò e si gettarono le sue cenerì ìn mare, liberando così il paese dalle sue funeste apparizioni.

"Il corpo di Arppe", osserva Calmet che rìferisce il fatto, "era dunque realmente uscito dal sepolcro allorché appariva. E il suo corpo doveva essere palpabile e vulnerabile, poiché si era rinvenuta la lancia nella ferita. Come dunque usci dalla tomba, e come poté rientrarvi? Qui sta il difficile: perché non ci si deve meravigliare che si sia trovata la lancia e la ferita sul suo corpo: infatti è noto che quegli stregoni che si cambiano in cani, in versipelle, in gatti e simili, portano nei loro corpi umani le ferite che ricevettero, nelle stesse parti del corpo da loro rivestito in cui si fanno vedere."

(tratto da "Dictionnaire Infernal" di Collin de Plancy)
UN RAGNO VAMPIRO

Leggenda della Germania



Nel 1705 Jacob Hertz, Maresciallo di Sassonia, attraversando un villaggio, dormi in un albergo infestato da spettri che succhiavano sangue ai viaggiatori. Se ne citavano esempi. Ordinò allora al suo servitore di vegliare per metà della notte, promettendogli di cedergli il letto per l'altra metà e vegliare in suo luogo.
Alle due del mattino nulla si era veduto. Il servitore, sentendo aggravarsi i suoi occhi, va a svegliare il padrone che nulla risponde: lo crede assopito, e lo scuote inutilmente. Spaventato, prende il lume, alza le lenzuola e vede il Maresciallo immerso nel proprio sangue. Un ragno mostruoso gli succhiava la mammella sinistra. Il domestico corre ad armarsi di molle per battere questo nemico di nuovo genere, afferra il ragno e lo getta nel fuoco. Non fu che dopo un lungo assopimento che il Maresciallo riprese i sensi: d'allora in poi non si sentì più parlare di Vampiri nell'albergo.
Non possiamo garantire la verità di questo aneddoto, conservato tuttavia in parecchie raccolte. Del resto, il ragno ha di che consolarsi del suo disprezzo. I negri della Costa d'Oro attribuiscono la creazione dell'uomo a un grosso ragno che chiamano Anansie, e venerano i più bei ragni come possenti divinità.

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