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BAD MANNERS Story


Una delle ragioni per cui alla musica Ska fin dagli albori del suo secondo fiorire tra il 1978 ed il 1979 è stato associato (come lo è tuttora) un certo qual profilo che la vorrebbe musica “fuori” per antonomasia è dovuto probabilmente anche alla rumorosa e, spesso, anche disgustosa presenza tra i migliori esponenti del rinnovato genere musicale, dei Bad Manners.

Un nome, in effetti, un programma se si contassero tutte le occasioni in cui la formazione inglese, durante i suoi tour, ha fatto danni in hotel, locali e pullman dandosi, tra le altre cose, fieramente all’appropriazione indebita di oggetti (come racconta lo stesso Buster Blodvessell, sul proprio sito!) di ogni sorta (come racconta il gestore di qualche locale che non nutre un buon ricordo del passaggio della band!).
Buster, vero nome Doug Trendle, fa uso fin dall’inizio della carriera di front man della propria abbondanza fisica per impressionare e stupire il pubblico facendo inoltre, diventando anche “famoso” per questo, impressionanti linguacce con un’appendice veramente di notevole lunghezza.
Intendiamoci, questo non vuol dire certo che Buster non fosse dotato anche di un’eccellente presenza scenica o di un ottimo senso dello spettacolo, come ben sa chi ha visto i BM anche una sola volta, ma sicuramente l’aspetto massiccio e la pelata da skinhead, le magliette bucate e macchiate su jeans tenuti su con enorme sforzo da un paio di esigue bretelle (anche loro senza dubbio da skin come i DM’s che portava ai piedi), hanno svolto un ruolo notevole nel rendere “indimenticabile” il front man dei Bad Manners attribuendo, così, un’immediata e durevole identificabilità alla formazione.

La tattica usata della “volgarità”, se vogliamo, era già in voga da qualche annetto, avendola introdotta nel mondo dello spettacolo la musica Punk ed i suoi eccentrici protagonisti ma, nonostante linguacce, gestacci, pantaloni calati, cibo letteralmente ingurgitato sul palco e, qualche volta, anche rigurgitato sugli spettatori (!), la musica dei Bad Manners era ben diversa da quella suonata dai tipi con le creste colorate e le spille da balia nel naso (ora lo chiamano piercing).
I Bad Manners (che all’epoca cambiavano nome alquanto spesso) nascono e si sviluppano nei pub e club del londinese e già nel 1978, dicono le cronache, godevano di un certo seguito grazie, ovviamente, alla musica prevalentemente suonata: una riuscita miscela di R&B e Ska, sia cantati che strumentali attinti ai gloriosi anni ’60.
Alla caratterizzazione del sound generale contribuiva (e tuttora è così) in maniera determinante la voce dal tono particolare di Buster, urlata, aperta e mai acuta o stridula.
Nonostante, comunque, la formazione suonasse da qualche annetto, pur con un continuo turn over di personale, il nome Bad Manners sarà il definitivo del gruppo solo dal 1979.
A rendere ulteriormente bizzarra la band contribuiva fin dall’inizio la presenza del lunatico Alan Sayag - aka Winston Bazoomies – armonicista (occasionale) della band e notevole apportatore di spunti geniali per i Bad Manners.
Di tutte le formazioni ascrivibili al genere Ska e che si misero al centro della scena musicale mondiale a quell’epoca, i Bad Manners furono gli unici ad avere la fortuna di trovarsi direttamente tra le mani un vantaggioso contratto della major Magnet Records senza neppure aver mai registrato un demotape ovvero: nati con la camicia.

E’ una mia mera congettura, ma non è improbabile che uno spettacolo dal vivo abbia impressionato il “cacciatore di teste” di turno della casa discografica al quale - a fenomeno Two Tone appena esploso - non gli sarà sembrato vero trovare un gruppo come quello non ancora scritturato!
La musica Ska Two Tone, comunque, quando i Blodvessel & Co. firmarono quel contratto, aveva già creato impressione ed un vasto seguito ma, nonostante ciò, non uscirà nessun 45 giri dei Bad Manners su etichetta Chrysalis/Two Tone, limitando il loro (ottimo) contributo per l'etichetta di Dammers a 4 pezzi live di cui 2 (“Lip Up Fatty”e “Inner London Violence”) presenti sulla famosissima compilation “Dance Craze” (2Tone Records 1981) e, insieme a quelli, “Wolly Bully” e “Ne Ne Na Na Na Na Nu Nu” nella versione video della stessa compilation (Chrysalis Records 1988), videocassetta che è, tra le altre cose, la più vivida testimonianza di un’intera epoca.

La sottoscrizione del contratto di cui dicevo prima portò all’immediata uscita del disco di debutto dei Bad Manners che, nel titolo, bene riassume il genere suonato dalla band, ovvero “Ska’n’B”.
Era il 1980 e la formazione accreditata consisteva, oltre a Trendle (voce) e Sayag (armonica a bocca), in Brian “Chew–it” alla batteria, David “Far-in” al basso, Louis “Alphonso” (poi anche “Dirty” Luis Al) alla chitarra ed il mio preferito: Martin Stewart (poi solo più tardi soprannominato “Bogigong”) all’organo. Davanti a tale ritmica stava la sezione fiati più numerosa dell’epoca Two Tone composta da Andy “Marcus Absent” Marson al sax alto (ma lo ascolteremo, più in là, anche come suonatore di banjo!), Chris “Crusty” Kane al tenore e Gus “Hotlips” Herman alla tromba. I ricordi rimandano ad una sezione fiati in giacche multicolori, con occhiali da sole ed in perenne movimento, i loro assoli divertenti, i suoi riff mai scontati e sempre pronta alla trovata ritmica.
La formazione resterà immutata fino al 1985 quando uscì l’album americano “Mental Notes”.
Tornando a “Ska’n’B”, l'album contiene 12 tracce di cui l’ultima è la registrazione (da un vecchio vinile scorticato) di una canzoncina per bambini dal titolo “Scruffy Was A Huffy Chuffu Tugboat”, tratta dalla vasta collezione di musiche strane di Sayag ed indice della seria “fuorezza” del gruppo.
Il resto del disco include i brani veramente storici (non solo per questioni cronologiche) della formazione, quelli per cui, quando tuttora vengono suonati, la gente va in puro, sano delirio ska: parlo delle già citate “Ni Ni Na Na Na Na Nu Nu” (cover di un pezzo di cui non sono mai riuscito a trovare in versione originale), della cattivissima “Inner London Violence” (fin dalle prime battute è come se desse la carica), del R&B  “Wooly Bully” e delle più tranquille “Fatty Fatty” (cover dell’omonimo brano di Clancy Eccles), “Special Brew” (ska tranquillo il cui singolo si posizionò in maniera soddisfacente in classifica e famoso per l’accelerata finale) e “Lip Up Fatty”, senz’altro una delle mie favorite.
Anche oggi non ho alcun dubbio: si tratta senz’altro di Ska in alcune delle sue migliori manifestazioni.

In “Ska’n’B” ci sono anche cover come “Magnificent Seven” (sigla del famoso film con Yul Brinner, Bronson, etc.) o le decisamente migliori “Monster Mash” e “Caledonia” (un veloce R&B che si sposa insospettabilmente bene con la voce di Trendle) e che sono brani che non lasciano l’ascoltatore insoddisfatto.
Tutta questa musica faceva parte, con tutta probabilità, del repertorio che i Bad Manners erano usi suonare in giro da qualche annetto.
Le restanti due sono “Here Come the Major” (che anticipa future produzioni tipo “Suicide”) ed il notevole strumentale “King Ska Fa” (che paiono, al mio orecchio ormai logoro, quelli più smaccatamente ammiccanti allo ska Two Tone) e sono effettivamente potenti ska che mi hanno allietato viaggi, balli e puri ascolti.
A proposito dello stile del gruppo devo rilevare che nei primi anni ‘80 i Bad Manners, nonostante i due brani di cui sopra, furono quelli più “tradizionali” nell’interpretare la musica giamaicana. Nel loro primo album non c’è ska/punk, Nutty Sound o reggae alla Beat.
E’ poi interessante constatare come un pezzo ska come Ni Ni Na Na etc., - accompagnata dal vivo sempre da incredibili smorfie di “Fatty” - abbia chiaramente alle spalle la degnissima tradizione R&B di cantare, invece di parole precise, semplicemente suoni inintellegibili aggiungendo, così, al ritmo del brano un ulteriore incitazione al ballo.
“Lip Up Fatty” fu il primo singolo dei BM a vedere la luce dei banconi dei negozi di dischi e sfiorò senza difficoltà i piani alti della classifica, forse anche grazie all’accattivante strumentale sul lato “B”, l’ipnotica “Night Bus To Dalston”.
Il successo per la formazione di Fatty arriva subito e c’è, anche, il loro pubblico pronto a prendersi qualche insulto.
I BM cominciano, così, a fare un concerto via l’altro per tutta l’Europa per affermare la propria musica e la propria immagine scatenata, tra situazioni più o meno incredibili e goliardiche, tipo le gare a chi si ingozzava il più alto numero di panini o, anche, l’aiuto prestato nella diserzione del fratello di Chas dei Madness dalla
Legione Straniera, come si apprende dalla biografia del gruppo presente sulla hompage dei BM.
L’ellepì, però, non farà migliori performances del singolo di debutto e resterà fermo alla medio/alta classifica nonostante l’uscita di molti altri 45 giri .


L’impressione, comunque, è che la Magnet abbia voluto “spremere” i Bad Manners anche se, bisogna dirlo, ottenne dalla band ottimi risultati: non si era ancora concluso il 1980 quando viene dato alle stampe il secondo album dei nostri: “Loonee Tunes!”, a detta di molti critici, il vinile più bello dell’intera discografia dei Bad Manners.
Non so bene se condividere l’opinione, ma una cosa è certa: “Lorraine” (uno ska allegro e veloce dal testo più che divertente e dalla musica contrappuntata dall’armonica di Sayag) è senz’altro parte integrante della storia recente del genere Ska [condividiamo!]. A testimoniarne il successo ci sono le decine e decine di gruppi che l’accludono nelle loro scalette o nelle loro registrazioni. Meritatamente, dato che, anche per me, fu per quella canzone subito “amore al primo ascolto”.
“Lorraine” non è, poi, l’unica traccia piuttosto famosa del secondo album dei BM. Se ne posso, infatti, enumerare almeno altre 5 ovvero, “Just a Feeling” (uno ska con un incedere potente e col giro di fiati che amo di più). Con questa canzone dal testo esistenziale, Buster dichiara, nell’ultima strofa: “I’m just a skinhead yob” ovvero “sono solo uno skinhead meleducato/aggressivo”, assicurandosi, così, un eterno affetto da parte del già caloroso pubblico skin; “Echo 4-2” (un potentissimo riarrangiamento di “Ball Of Fire” degli
Skatalites, tendente all’orchestrale e caratterizzata da una batteria da marcia); “Echo Gone Wrong” (che è un reggae gonfio di riverberi cantato con uno stile decisamente da giamaicano all’interno del quale viene proposto un notevole dub illuminato, qua e là, da un giro di fiati notevole); e, infine, i due strumentali “The Undersea Adventures of Ivor the Engine” (uno dei brani in cui ritmica ed ottoni dei BM sviluppano la maggior potenza) e “El Pussycat” di cui i Bad colgono in pieno l’originale, coinvolgente “sballo da ripetitività” della versione di Roland Alphonso dando al brano una bella rispolverata per le nuove generazioni di entusiasti ska-fan.
Indimenticabili risultano anche la frizzante versione semi/ska di “Tequila”, il godibilmente cupo quanto veloce ska intitolato “Suicide” (dal testo terribilmente serio) interpretato con forza drammatica da un Buster in forma smagliante.
Con “Just Pretending”, ultima traccia, swinghettino morbido, accompagnato dal piano e dal suono dello sciacquio di onde del mare(!), i BM concludono con un’altra stranezza il loro secondo album.
Oltre ad essere senz’altro più curato nella produzione di “Ska’nB” (uscito forse in tutta fretta per cogliere il pubblico ska inglese all’apice dell’esaltazione), “Loonee Tunes!” si differenzia dal suo predecessore per un più ampia varietà compositiva dei BM. “The Undersea Adventures of Ivor The Engine” e “Doris” (quest’ultima non uno ska ma un bel R&B di stampo sixties nella quale risalta il lavoro essenziale del tastierista Martin Stewart), ne sono un valido esempio.
Che dire? Un gran bel disco, “Loonee Tunes!”, molto più “ska” di tanti altri, deludenti, “secondi” LP già usciti o in uscita da lì a poco, tipo “More Specials” o “Wha’ppen?” dei the Beat.
In “Loonee Tunes!” anche un pezzo come “I Spy”, che è un brano “secondario” dell’album dei Bad, è caratterizzato da tempi ska, andamento da reggae ed inserzioni di swing/R&B che lo rendono interessante.
Nonostante, dunque, il disco fosse obbiettivamente bello, all’epoca del successo interplanetario di Micheal Jackson, Police, con la concorrenza di colleghi come i Madness e gli
UB40 e nel periodo in cui la disco music declinava per lasciare spazio ai gruppi new wave tipo Spandau Ballet, “Loonee Tunes!” rimase fermo nella medio alta classifica. Destino che immancabilmente condividerà col successivo ed un po’ diverso “Gosh It’s…”. Eravamo già nel 1981 ed i Bad Manners rimanevano saldamente uniti a far casino!
 

Apro una brave parentesi per sottolineare una tendenza di fondo, cui ho accennato prima a proposito dei “secondi” dischi di altri gruppi ska, visto che, in quello stesso anno, i Madness uscivano con il loro terzo album “Seven” che, nonostante ottime canzoni, cerca palesemente di prendere le distanze dallo ska di “Baggy Trousers”, mentre gli Specials (“More Specials” era uscito nel 1980, poco prima di “Ska’n’B”) erano latitanti (l’ultimo LP, accreditato peraltro a the Special A.K.A. ed intitolato “In Studio” uscirà solo nell’82 per sancire il passaggio definitivo degli Specials all’album dei ricordi) e i Beat non riuscivano ad eguagliare il loro entusiasmante debutto. (Per tributare i giusti onori a chi li merita aggiungo anche che l’unica altra formazione che resterà decisamente fedele agli esordi ska, oltre ai BM, saranno i Selecter di Pauline Black con l’album “Celebrate the Bullett” ma al quale seguirà lo scioglimento della formazione).
Il fenomeno “ska”, insomma, sia nei banali termini delle case discografiche, sia nel sentore dei suoi interpreti, si stava esaurendo o si era esaurito ed il fiuto di alcune band (potrei citare ancora i Madness) percepiva odore di reggae.
Forse anche per il gruppo di Fatty Buster Bloodvessel fu così e, infatti, in “Gosh It’s…” ci sono 12 tracce tanto interessanti quanto più ancorate al reggae che allo ska.
Tra le migliori canzoni del disco brilla l’eccellente reggae “Walking in the Sunshine” il cui singolo fu tra quelli che meglio si destreggiò nelle classifiche di vari paesi europei Italia compresa. Trendle, nonostante la voce riconoscibilmente da bianco, riesce con quell’azzeccatissimo reggae a farci assaporare la brezza caraibica e la spensieratezza che scaturisce a piene mani dal lavoro del suo gruppo.
In “Gosh It’s…” è acclusa pure “Can Can”, estenuante strumentale ska (che uscirà lo stesso anno in 45 giri avendo come lato “B” un memorabile ska/disco dal titolo “Armchair Disco”), responsabile d’aver spezzato il fiato a molti skankers non troppo allenati.
In generale, in “Gosh It’s…” prevale il reggae, certo reggae in cui, nell’album successivo, i BM si perfezioneranno ulteriormente creandone di veramente speciali.
A confermare questa impressione, oltre alla citata “Walking in the Sunshine”, “Gosh It’s…” annovera anche “Casablanca (Rags and Riches)” (un ottimo reggae notturno inframmezzato da bridges jazzosi e dagli accenni funky); “Weeping and Wailing” (canzone dai tempi ska ma dall’andamento marcatamente reggae, per me uno dei brani migliori in assoluto dei Bad); “Runaway” (uno ska/reggae bello, dal ritmo irresistibile perché gli addetti ai lavori sono perfetti ed in cui, una volta di più, Martin Stewart si dimostra un vero ska-man della tastiera).
I Bad Manners, comunque, per lo ska hanno la fissa – una fissa più che positiva, aggiungo - e lo dimostrano con “Only Funkin’” (anch’essa tra le migliori composizioni del gruppo), “Never Will Change” (un altro ska veloce ed affatto banale) e con “End Of The World” (di fatto uno strumentale su cui Buster urla di un’improbabile fine del mondo e che è, a volumi alti, un brano dall’effetto devastante).
Il solito tributo al R&B i BM lo “versano” con l’entusiasmante e veloce “Don’t Be Angry”, una delle più convincenti interpretazioni del pesante cantante.
Al Rhythm & Blues, prima loro vera passione, i Bad Manners dedicheranno, dopo l’uscita dell’album, un grazioso 7 pollici dal titolo esplicito “Special R’n’B Party Four E.P.” in cui “Dont’ Be Angry” è accompagnata da un altro sempreverde del gruppo e che rende sempre fieri noi italiani: “Buona Sera”, nonché da altri due veloci e divertenti pezzi in stile analogo intitolati “The New One” e “No Respect” con cui Blodvessel & Co. danno prova di masticare più che bene il genere afroamericano.
Da “Gosh It’s…” passeranno quasi due anni prima di ascoltare un nuovo disco dei Bad Manners…forse che lo Ska si fosse veramente esaurito?

A cura di Sergio Rallo

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