Il primo collegamento locale tra Roma e i suoi Castelli, e una vicenda che denota il clima affaristico che ruotava attorno alla ferrovia

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LA TRANVIA A VAPORE PORTONACCIO-MARINO

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La foto di questa locomotiva Carels sarebbe l'unico documento fotografico conosciuto della tranvia a vapore Portonaccio-Marino.Tre macchine di questo tipo avrebbero servito questa linea, provenienti dalla Roma-Tivoli.

 
 

   Come già detto raccontando delle vicende precedenti la realizzazione della re te STEFER dei Castelli Romani, negli anni '80 del XIX secolo si ha notizia dell'esis tenza di una tranvia a vapore che collegava Marino con Ciampino e (presumibil mente non dalle origini), con Roma. La testimonianza più diretta della sua esistenza sono gli orari pubblicati sulla stampa dell'epoca, secondo i quali vi correvano tre corse di andata e tre di ritorno con una percorrenza di circa 75 minuti, e la cronaca dell'inaugurazione pubblicata sulla rivista Ingegneria Ferroviaria. La sua esistenza fu tanto fugace da non lasciare quasi traccia. Inaugurata nel 1880 risulta chiusa all'esercizio già nel 1889, quando gran parte del suo traccia to fu utilizzato per prolungare fino a Roma la ferrovia che da Albano muoveva fino a Campoleone, e di li ad Anzio e Nettuno sul tracciato ancora esistente (solo in parte corretto nella penetrazione urbana di Anzio).

   Ripercorrerne la storia è un impresa quasi impossibile, stante la quasi totale mancanza di notizie certe. Le fonti consultabili sono spesso contraddittorie tra loro, ed in non pochi casi ci si deve accontentare di riferimenti controversi e va gamente allusivi, che si prestano a più di un interpretazione.

   Le sue origini affondano certamente nel progetto di una non meglio definita "Ferrovia dei Castelli Romani", un infrastruttura che fin dal 1874 risulta illustrata con caratteristiche di costruzione ed esercizio contraddittorie: proposta inizialmente a scartamento ridotto sulla relazione Ciampino-Genzano, la troviaapprovata dal Parlamento nel 1875 a scartamento ordinario come Roma-Nemi, ed infine realizzata sull'itinerario Ciampino-Albano-Marino nel 1880, con lo scar tamento ordinario. Tra queste tre tappe fondamentali numerosi documenti (spesso anonimi appunti, rimasti per caso tra cumuli di vecchie scartoffie in dimenticatissime miscellanee mai ordinate), si prestano ad una ridda di interpretazioni tali da far ritenere che salvo sorprese non sarà mai possibile ricostrui re con dovizia di particolari e con sicurezza la sua storia.

   La primogenitura di questo progetto risale al 1874, quando un certo Giuseppe Augusto Cesana presenta una documentata relazione, corredata di figurini del materiale rotabile e delle infrastrutture, intitolata "Ferrovia Economica tra Roma e Genzano". Il principio ispiratore ce lo espone lo stesso autore nella premessa:

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"... Sarebbe oggi cosa superflua, per non dire ridicola, voler giudicare le ragioni per le quali chi tracciò la linea ferroviaria Roma-Napoli preferì tenersi ai piedi dei Colli Albani anziché salire sul fianco occidentale dei medesimi. Il fatto è che in questo modo alcune cospicue località come Castelgandolfo, Ariccia e Genzano furono priva te del beneficio della locomotiva, e oltre come Marino e Albano non la veggono passare che a qualche chilometro di distanza, prestando quasi per ironia il nome a due stazioni..."

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   La prima ferrovia per Napoli, in effetti, aggirava i Castelli Romani senza penetrarvi. Da Roma seguiva l'attuale tracciato per Ciampino e Velletri, da dove poi proseguiva in direzione di Segni per innestarsi sul tracciato dell'attuale linea che transita per Cassino. Fino al 1870 fu una vera e propria ferrovia internazionale tra il Regno d'Italia e lo Stato Pontificio, e già prima del 1861 una guida dell'epoca ci informa che nelle stazioni di Isoletta e Ceprano si effettuavano soste prolungate per le operazioni di dogana. Nell'orario del 1864 troviamo un movimento complessivo di 20 treni sull'intera linea: per quanto riguarda il Lazio un treno parte per Napoli alle 10,20 (percorrenza 7,55 h...), tre per Ceprano alle 6,30, 10,50 e 17,05 e uno per Velletri alle 4,20.

   Il Cesana, personaggio del quale non si sa nulla di preciso e che in documento della Società Belga del tram Roma-Tivoli viene definito "pubblicista", propone la costruzione di una ferrovia economica che da Ciampino raggiungesse Genzano transitando per i paesi menzionati nella premessa. L'attestazione a Ciampino è un esigenza delle leggi allora in vigore, che non consentono la costruzione di ferrovie economiche e tranvie in concorrenza alle linee ordinarie già esistenti. In questa primitiva proposta il Cesana parla di ferrovia "a piccolo binario", es pressione che vuole significare l'adozione dello scartamento ridotto, e ciò in ragione della evidente difficoltà del tracciato.

   Ma la ferrovia a piccolo binario costa meno per
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"...meno terreno, i movimenti di terra e le opere d'arte diminuiscono in proporzione, dovendosi contare su piccoli convogli, si possono seguire gli accidenti del terreno con maggiore facilità, senza, o quasi, trincee, rialzi e gallerie; si risparmia sulla ghiaia, sulle traversine, naturalmente più piccole, e sulle rotaje che possono essere più leggere; si risparmia sul materiale mobile, e finalmente si risparmia sulle spese di servizio..."

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   Nella previsione progettuale il Cesana indica una spesa complessiva per la cos truzione di 1.600.000 lire dell'epoca, ovvero circa 80.000 lire al Km. Il costo chilometrico viene indicato al di sopra della media per questo tipo di costruzioni, di 64.000 lire al Km calcolato sui costi di due ferrovie svedesi, la Lillestrommen-Kongswinger, ordinaria (80.000 lire Km), e la Hamar-Elwern, economica a scartamento ridotto (44.000 lire Km); non attraversando territori di particolare valore, ed anzi seguendo il tracciato delle strade esistenti, il contenimento dei cos ti viene ridotto al minimo essenziale per un numero praticamente esiguo di espropri.

   L'anno successivo, il 6 luglio del 1875 per la precisione, addirittura il Parlamen to approva il progetto di una linea economica a scartamento ridotto da Roma a Nemi, approvando la concessione al signor "Giuseppe A. Cesana, richiedente e progettista". Rispetto alla relazione del 1874 troviamo la stessa linea da Ciampino a Genzano, con due prolungamenti verso la cittadina di Nemi da una parte e verso Roma dall'altra. Quest'ultimo anticipa in parte il futuro tracciato della STEFER dal momento che si dovrebbe partire da Santa Maria Maggiore e transitare per "piazza Vittorio Emanuele e via Emanuele Filiberto per superare la Porta San Giovanni e proseguire lungo la via Appia fino a Ciampino".

   Forte di questa solenne approvazione il Cesana, che non dovrebbe essere sta to ne più, ne meno di un affarista senza scrupoli, si mosse alla ricerca di finanziatori e sostenitori, dal momento che non competeva allo Stato questo tipo di lavori, e spillò una somma enorme (e per l'epoca lo era), ai Comuni interessati dal passaggio della ferrovia. Documenti dell'epoca ci parlano di ben 450.000 lire elargite in quote che vanno dalle 200.000 di Albano alle "sole" (si fa per dire), 20.000 di Nemi, ma è qui che inizia una lunga serie di punti oscuri, che poco o nulla ci dicono sul come si arrivò all'inaugurazione della tranvia a vapore per Marino. Proviamo ora a ripercorrerli.

   C'è anzitutto un lungo silenzio nelle fonti archivistiche disponibili. Dal 1875, infatti, troviamo un atto ufficiale relativo al progetto Cesana solo nel 1879. Documenti conservati presso l'archivio della Provincia di Roma riportano di una riunione che si sarebbe svolta quell'anno tra i Comuni interessati, nella quale il Cesana assumeva formale impegno di portare a termine la sua opera entro il 31 dicembre 1880. Disgraziatamente si parla soltanto di una generica "Ferrovia dei Castelli Romani", e non vi è alcun riferimento ai progetti precedenti, o anche alla linea che in effetti sarebbe stata inaugurata l'anno successivo. Ma in un opuscolo scovato presso la Biblioteca Romana, ad opera di un operatore finanziario milanese che intende mettere in luce l'operato non del tutto pulito della "Società Anonima dei Tramways e delle Ferrovie Economiche di Roma, Milano, Bologna, etc", la pluri-citata società TFE del tram Roma-Tivoli, si scopre che il Cesana era nello stesso periodo di questa riunione membro del Consiglio d'Amministrazione della TFE stessa. 

   Secondo questo opuscolo la TFE aveva già dal 1877 "la concessione della ferrovia dei Castelli Romani, coi piani, preventivi e studi", ed anche negli atti della Provincia di Roma si trova analoga conferma.

 
 

Questo edificio, ancora visibile lungo la via Appia Nuova, si ritiene possa essere una ex fer- mata della tranvia Portonaccio-Marino, poi utilizzata come stazione dalla ferrovia per Alba- no e Nettuno. L'estrema somiglianza con l'edificio che funse da stazione di arrivo della linea a Marino (foto seguente), è alla base di questa ipotesi.

 
   
     
   
     
 

   Questa notizia lascia supporre che il Cesana si sia impegnato in nome e per conto della società, ma la TFE non è mai nominata in questo documento. La cosa non stupisce dal momento che da altra documentazione (tra cui una interrogazione del 1879 e una mozione per il finanziamento della ferrovia Roma-Albano-Nettuno  del 1887 al Consiglio Comunale di Roma), si apprende che tale cessione viene ufficialmente registrata solo nel maggio del 1880, quando la tranvia a vapore per Marino era già in avanzata fase di costruzione. Questo ritardo potrebbe essere spiegato tenendo nel debito conto che la TFE era una vera e propria associazione a delinquere finalizzata alla truffa, e che gran parte del suo operato venne alla luce solo quando gli ambienti finanziari della Borsa di Milano si trovarono di fronte alla prima di una lunga serie di colossali truffe messe in piedi da certi Luciano Tant e Maurizio Le Tellier, fondatori della TFE, che esordirono sulla piazza milanese mettendo in piedi una prima azienda fantasma, col solo scopo di accumulare una somma di denaro sufficiente a varare una successiva offerta pubblica di acquisto di azioni.

   Giova qui riportare integralmente un articolo uscito sul quotidiano milanese "La Tribuna" nell'edizione del 10-1-1877, tratto dall'opuscolo citato. Significativo, in un periodo in cui le comunicazioni erano tutt'altro che facili, del poco o nulla che si riusciva a sapere tra due grandi città allora ancora più lontane, ma anche del clima in cui il progetto della tranvia di Marino prese corpo.

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"... In Londra si costituì una Società, sui primi giorni dello scorso anno, la quale si annunziò sotto la ragione "The Milan Tramways Company Limited". Si propose un statuto e si proclamarono dei membri di un Consiglio d'Amministrazione, la cui onorabilità appariva giustificata da titoli reboanti. Chi però fosse procuratore di tutto ciò, nè lo statuto, nè altro atto lo disse mai. Fu adunque una società che sorse per generazione spontanea, come un fungo o una mala erba.

 

   Chi si conobbe fu un signor Carl Bernard, venuto a Milano intorno a quel tempo a gettare le fondamenta tra noi della società. Fallitagli la concessione della linea Milano-Monza, della quale aveva ottenuto la concessione dal signor Ingegnere Angelo Luè, perché non ha fatto in tempo il richiesto deposito di cauzione, potè conseguire in ricambio quella di Milano-Saronno della nostra Deputazione Provinciale, e allora  stabilì la sua sede in via Alessandro Manzoni n. 7, nominandovi un vice-direttore e subalterni impiegati.

 

   Se non che parve subito non persuadere a taluno fra noi codesta società, la quale aveva chiamata su di se l'attenzione principalmente per una polemica ch'erasi aperta sulla prevalenza dei diritti alla concessione della linea Milano-Monza, che le veniva contestata dal signor Cavaliere Osculati nell'interesse della Società Anonima degli Omnibus, ed alla quale, infatti, veniva definitivamente deliberata con quella specie di tacita transazione che accordava alla The Milan Tramways Company Limited la Milano-Saronno.

 

   La polemica si fè viva e il Pungolo [altro quotidiano milanese, n.d.a.] che si era fatto innanzi paladino di quest'ultima, a sgomberare ogni dubbio intorno alla società di essa che s'era sollevato, recò in mezzo il nome del Presidente della medesima, il barone Eugenio Cantoni, trop- po noto nel mondo commerciale e industriale pè suoi fasti nella istituzione del cotonificio, cui impose il nome, del lanificio, della Banca di Costruzioni e di altre imprese, e per di più Console Austriaco e Commendatore dei Santi Maurizio e Lazzaro, ecc, ecc.

 

   E il Barone Cantoni inviava al suo carissimo amico Fortis [direttore del quotidiano il Pungolo, n.d.a.]  la lettera 27 gennaio 1876, pubblica ta nel Pungolo del dì successivo, nella quale tenevasi in debito "di far conoscere che difatti egli accettava la Presidenza di The Milan Tramways Company Limited quando ebbe la sicurezza che l'intero Ca- pitale era formato all'estero, e che questa era stata la espressa condi zione che aveva posto alla sua accettazione."

 

   Nè pago di ciò soggiungeva: "ora la società del cui Consiglio d'Ammi- nistrazione, formato da rispettabilissime individualità, io sono Presi- dente, è legalmente e seriamente costituita a Londra, una sessione del suo Consiglo D'Amministrazione, composta da egregi nostri concit- tadini, amici miei, risiede in Milano e le pratiche pel legale riconoscimen to della Società in Italia sono già debitamente iniziate."

 

   Questo era l'amo, questa l'esca a cui fu presa la buona fede pubbli- ca e d'allora in poi cessò la polemica e vennero i sottoscrittori della Compagnia e la negoziazione anche di quelle liberate che erano date in corrispettivo della cessione di concessioni, di rinunzio, prestazioni d' opera, ecc.

 

   E il signor Mc Keone [ingegnere della TFE, n.d.a.], stipulò il suo con- tratto per la costruzione della ferrovia, il materiale necessario perfino arrivò, e si fecero pratiche e sollecitazioni per ire più in la di Saronno, e della Deputazione Provinciale di Como nel 23 maggio scorso si ebbe infatti la concessione di una seconda linea da Mazzate a Tradate.

 

   Intanto venivano eseguiti i versamenti dei decimi richiesti e si distri- buivano i certificati interinali delle azioni, e tutto pareva procedere nel migliore dei modi possibili, quando ecco invitarsi gli azionisti ad interve- nire a Londra ad una assemblea generale per discutersi della cessione delle concessioni e di tutte le attività della Compagnia ad una società Belga.

     Un tale invito venne recapitato agli azionisti di Milano nel giorno me- desimo. Taluno non ricevette neppure.
 

   La Bamca Agricola di Firenze, posseditrice di molte azioni, telegrafò protestando, ma tutto ciò non valse a impedire che in una seconda convocazione, che ebbe gli uguali caratteri di nullità, si effettuasse il mercato, pel quale il valore delle azioni della The Milan Tramways Company Limited veniva sostituito da altre azioni della nuova società Belga, colla perdita di una parte del capitale.

 

   Delle quali cose però gli azionisti non furono direttamente informati, ma ora ne vennero in cognizione per l'arrivo nello scorso dicembre in Milano del sullodato signor Bernard, qui giunto appunto per riportare dalla nostra Deputazione Provinciale l'approvazione del trapasso delle concessioni della The Milan Tramways Company Limited alla società Bel ga, che agisce sotto la ragione SOCIETE' ANONYME DES TRAMWAYS ET CHEMINS DE FER ECONOMIQUES DE ROME ET SES EXTENSION e della quale esso Bernard si chiarì rappresentante.

 

   Cosi questo messere, che probabilmente fu anche l'inventore, certo il manipolatore della The Milan Tramways Company Limited, passò armi e bagagli alla nuova società, come ne passò l'egregio Barone Eugenio Catoni divenutone il Presidente, ad edificazione universale.

 

   Ma il fatto più importante che emerse da tutto questo si è che non fu punto vero "che l'intero Capitale della The Milan Tramways Compa- ny Limited fosse formato all'estero",che vi fosse "una sessione del suo Consiglio d'Amministrazione composta da egregi nostri concittadini re- sidenti in Milano", come aveva spacciato il Barone Commendatore, Console Generale Austriaco signor Cantoni, e che fu ben lungi dall'es- sere stata quella compagnia e seria e solida come aveva da Londra, ove era stato espressamente mandato, scritto il signor S. John Mil- dmay, viceconsole austriaco e addetto al signor Cantoni.

 

   Noi non sappiamo se gli azionisti italiani della The Milan Tramways Company Limited, cosi indegnamente mistificati e frodati, si rassegne- ranno al sacrificio senza aprir bocca: sappiamo però aver essi tenuto diverse riunioni per deliberare  se e quali procedimenti e contro chi pro muovere in sede civile ed anche in sede penale, poiché veramente a noi sembri che se ne dovrebbe immischiare un tantino l'autorità.

   Va detto nondimeno come al giungere a Milano nel mese scorso [di- cembre 1876, n.d.a.] del signor Bernard  per chiedere alla nostra De- putazione Provinciale il trapasso summentorato della concessione, il signor Ravizza, vice-direttore della sede di Milano della The Milan Tram ways Company Limited, e mistificato egli pure, si affrettasse a far co- noscere il tutto con istanza alla Deputazione Provinciale ed a porre os- tacolo al trapasso, se prima non fossero stati salvaguardati gli interes si degli azionisti italiani; ma pare che la Deputazione Provinciale non te nesse conto di si importanti notizie e proteste, se la Societè Anonyme des Tramways et Chemins de Fer Economiques et ses extension è già inoltrata nè suoi lavori della linea Milano-Saronno, della quale è pur costruttore il summentovato sign. Mc Keone, passato egli pure alla nuova compagnia.

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   La vicenda ora descritta risale al 1876, quindi all'anno precedente l'acquisizione dei diritti sulla Ferrovia dei Castelli Romani, ma è sintomatica del clima in cui tale progetto arrivò ad una concreta realizzazione. Nel periodo in cui il Cesana entrava a farne parte, la Belga aveva lanciato un offerta pubblica di acquisto per 3.450.000 franchi oro della "Società Anonima dei Tramways e delle Ferrovie Economiche di Roma, Milano, Bologna, etc", fondata il 17 dicembre 1877 sulle ceneri della preesistente società del 1876, fondata in due tempi (In Belgio e in Italia), rispettivamente il 14 agosto e il 28 dicembre, quella che nella ragione sociale presenta la dizione "di Roma e Milano". La Belga aveva allora in esercizio solo 27 Km di tranvie, il tronco Milano-Saronno della Milano-Tradate e la prima tranvia a cavalli di Roma, la P.le Flaminio-Ponte Milvio aperta all'esercizio nell'estate del 1877, per un totale di 127.777,77 franchi al chilometro, "più di quanto costi un tratto di ferrovia ordinaria", nota l'autore di questa inchiesta. La fondazione della seconda società avvenne senza che nessuno si fosse preoccupato di sciogliere la prima, cosicché risultarono operanti nello stesso momento due aziende legalmente indipendenti, ma formate in realtà dalle stesse persone, o quasi, ed entrambe (SIC!) titolari delle stesse concessioni. Sul monitore ufficiale Belga (l'equivalente della nostra Gazzetta Ufficiale), non furono mai annunciati ne lo scioglimento della prima società belga, ne l'offerta pubblica di acquisto ora citata, che in Italia fu dichiarata contemporaneamente aperta anche a Bruxelles nei giorni 20-22 febbraio 1878.

   Per la cronaca, la TFE riuscì a spuntarla nel processo intentato dagli azionisti frodati, per merito principale del signor Ravizza, l'ex direttore "frodato", che cambiò la propria versione dei fatti e produsse una serie di documenti (quasi certamente fasulli), che davano ragione alla Belga. Quest'ultima, ovviamente, si era preoccupata nel frattempo di riassumerlo con incarichi più alti, e non è escluso gli abbia concesso una cospicua somma a titolo di corruzione, circostanza che al processo venne strenuamente contestata dagli avvocati che rappresentavano gli azionisti della "The Milan Tramways Company Limited".

   E a Roma, più o meno nello stesso periodo, la Belga aveva avviato i primi cantieri della tranvia Roma-Tivoli, inizialmente prevista con la trazione a cavalli, ma non appena ottenuta dal Cesana la concessione della Ferrovia dei Castelli Romani presentò istanza per esercitare anche la linea di Tivoli con lo stesso sistema di trazione, concessione che fu rilasciata nel 1879, a pochi mesi dall'inaugurazione del 1 luglio. Titolare di entrambe le linee, appare presumibile che la TFE intendesse unificare non soltanto i criteri di costruzione e gestione, ma anche entrambe le relazioni. Ed in effetti un appunto anonimo conservato tra varie scartoffie del Protocollo Generale dell'Archivio Storico Capitolino (Titolo 86), informa che "costruendo è il tratto di rotaje che congiunge i nuovi tramways". Tenendo conto che a Roma esisteva solo la linea della via Flaminia, e che non si arrivò ad una congiunzione dei singoli tronchi se non dopo il 1890, diviene credi bile l'ipotesi che questi nuovi tramways siano le due linee per Tivoli e Marino, e che quindi la congiunzione Portonaccio-Ciampino fosse in costruzione fin dallo inizio. Si darebbe quindi ragione all'opuscolo che rivelava le attività della TFE quando parla della "Ferrovia da Roma ai Castelli".  E del resto l'appunto manoscritto è stato apposto in calce ad un foglio a stampa dove sono indicati alcuni aspetti tecnici delle rotaie utilizzate dalla TFE per la costruzione della tranvia lungo la Flaminia.

   Tuttavia il 3 maggio del 1880 un certo ing. Gerolamo Taddei presenta un esposto alla Provincia di Roma, nel quale rivendica di aver rilevato dalla TFE la concessione per la costruenda (o quasi), linea per Marino. Il Taddei viene indicato come rappresentante della Westinghouse, ma in documenti precedenti (che risalgono anche al 1875), lo troviamo nel ruolo di procuratore legale del Cesana, e co-firmatario sia del progetto approvato dal Parlamento nel 1875, sia della convenzione del 1879 con la quale il Cesana stesso, non si sa se per conto della TFE o ad altro titolo, si impegnava a portare a compimento il progetto entro l'anno successivo. Il Taddei vantava un impegno di massima col comune di Albano, il quale a sua volta aveva stipulato una convenzione ufficiale con la società belga per una non meglio indicata "ferrovia a vapore", ma successivi riferimenti nella documentazione disponibile lasciano credere che in luogo di una vera e propria cessione si era arrivati solo ad un accordo di massima. Tra l'altro il comune di Albano si era fatto promotore di una linea diretta lungo la via Appia, con la trazione a vapore, secondo un intendimento che abbiamo visto portare avanti strenuamente trattando con la STFER.

   Circa i diritti della linea, tra l'altro, sappiamo che
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"... La concessione della ferrovia economica tra Roma e i Castelli (legge 5/8/1875), che ha formato la base della Società Belga del 14/10/1876, le è stata apportata in virtù della procura notarile registrata a Roma in settembre 1876 dal signor A. Cesana, concessionario originario, il quale ha ricevuto 30.000 lire in denaro e circa 350 azioni di 500 franchi; il signor Oblieight gliele ha fatte riscattare da codesti signori durante il soggiorno a Roma del sig. Le Tellier in ragione di 350 lire cadauna, mediante tratte in favore del signor C. Lemaieur, allora moribondo..."

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   Il signor Oblieight, qui citato, fu il primo concessionario della tranvia romana da P.le Flaminio a Ponte Milvio, "proprietario di 32.211 metri di terreni" lungo la via Flaminia, che ricevette per questa cessione ben 241.582,50 lire.. Il Lemaieur faceva parte del Consiglio d'Amministrazione della prima TFE. Notiamo inoltre che il Cesana incassa circa 205.000 lire, che devono aggiungersi alle 450.000 poc'anzi citate per un totale documentabile di 605.000 lire.

   L'atto di cessione fu effettivamente rogato da certo notaio Baccelli, lo stesso che aveva autenticato la procura del settembre 1876, e viene da chiedersi se anche il notaio non facesse parte di questa cricca di galantuomini dal momento che era teoricamente operante il consorzio tra i comuni istituito a seguito della legge di approvazione del 1875, e la cosa è tutt'altro che improbabile: lo stesso notaio, infatti, risulta aver rogato la cessione della tranvia per Ponte Milvio in favore della seconda società TFE del 1877, ma anche il passaggio della Roma-Tivoli dai primitivi concessionari, tali A. Masetti e E. Fioroli Della Lena, alla prima società del 1876. Subito dopo lo scioglimento a Londra della "The Milan Tramways Company, Limited" il Baccelli ufficializzò il passaggio della concessione alla seconda società di fronte alla Deputazione Provinciale di Roma, che non si preoccupò di far notare che non esisteva alcun atto ufficiale di scioglimento del  primo concessionario, parimenti all'atteggiamento già assunto dai colleghi milanesi sulla concessione della Milano-Saronno. Alla data in cui il Taddei presenta il suo esposto, quindi, i diritti della Roma-Tivoli sono apparentemente in mano a due società sulla carta distinte e separate.

   Curioso in fondo è lo stesso cognome del notaio, omonimo (?), del Cav. Desiderio Baccelli, Presidente della Società delle Strade Ferrate Romane, progettista e promotore della ferrovia per Anzio e Nettuno che utilizzerà da Albano a Roma proprio il tracciato della tranvia per Marino: il Baccelli cumulò anche la carica di Presidente della società belga TFE.

 
 

Particolare di un immagine panoramica della stazione di Albano nei primi tempi di eserci- zio dell'intera linea Roma-Nettuno. Nella foto si nota questa piccola carrozza viaggiato- ri in composizione a un convoglio merci. L'aspetto coincide con le lacunose descrizioni che abbiamo del materiale rotabile della Portonaccio-Marino, e potrebbe quindi essere l'unica immagine conosciuta di un veicolo non motorizzato della linea, esattamente co- me la loco Carels d'inizio pagina sarebbe l'unica immagine di un mezzo di trazione. Lo stesso utilizzo in una composizione merci lascia intendere che fosse usata come mezzo di servizio e non in normale servizio viaggiatori, ma ogni ipotesi è ugualmente valida.

 
   
     
 

   Il particolare interessante di questa istanza è comunque che il Taddei si dichiara concessionario della linea che "dalla stazione di Ciampino, per Marino, Castelgandolfo, Albano, Ariccia e Genzano, doveva raggiungere Nemi". Questa precisazione non corrisponde ad alcuno dei due progetti cui aveva partecipato assieme al Cesana. Non corrisponde alla Ciampino-Genzano, e nemmeno alla Roma-Nemi. Troviamo quindi ben tre descrizioni diverse in 6 anni di un medesimo progetto, la terza delle quali neanche corrisponde al progetto approvato addirittura con una legge dello Stato. E troviamo un guazzabuglio incredibile di proposte, controproposte, riunioni, convenzioni, progetti, denunce. Troviamo un affarista che spilla quattrini e una società di trasporti costruita su due megatruffe colossali, ed ancora personaggi minori, ognuno con ragioni e scopi spesso incompatibili tra i singoli ma tutti tesi alla realizzazione di una linea che, per contro, non riesce a prendere una forma definitiva, che viene propugnata ora con lo scartamento ordinario, ora col ridotto, ferrovia economica o ordinaria, tranvia a cavalli, a vapore. e via dicendo.

   In questa colossale confusione, principalmente dovuta all'insufficienza delle fonti archivistiche disponibili e all'impossibilità di poter legare logicamente tutti i tasselli di questa vicenda, l'unico dato certo è che il 30 ottobre del 1880 viene inaugurata una tranvia a vapore che da una stazione prossima a quella delle SFR (Strade Ferrate Romane), di Ciampino muoveva fino a Marino sul tracciato oggi percorso dai treni delle Ferrovie dello Stato.

   La nuova linea non presentava quasi nessuno dei tanti particolari discussi nei sei anni precedenti dal momento che collegava un solo paese dei Castelli, anche se il più difficile da raggiungere financo alle carrozze trainate da cavalli per l'unica possibilità di una salita ripida e oltremodo tormentata di curve. E dal resoconto dell'inaugurazione, riportato dalla rivista "Ingegneria Ferrovaria" apprendiamo che fu costruita in rigide economie d'esercizio, e con un tracciato a scartamento ordinario ancora più difficoltoso di quello che il Cesana prospettava nel suo progetto del 1874. Pare che il treno inaugurale fosse composto di nove carrozze di proprietà delle SFR, trainate da ben tre loco a vapore che erano invece già di proprietà dell'esercente. Le tre locomotive servivano alla scomposizione del treno alla stazione di Ciampino, dove ad arrampicarsi fino a Marino, su di una salita con una pendenza del 58 per mille (5,8 cm per metro), seguitarono tre convogli distinti. La precauzione servì a poco, dal momento che gran parte dei passeggeri poco ci mancò che si dovesse mettere a spingere, e comunque scese per alleggerire il carico, lasciando a sedere (ovviamente), le signore, e facendosela a piedi per un lungo tratto, tutto in salita.

   Circa il primo esercente della linea le notizie sono alquanto dubbie. E' stato concordemente riferito, fino ad oggi, che la società belga TFE ne assume la proprietà all'incirca due anni dopo, nel 1882, ma anche questo dato non è certo, dal momento che non troviamo in nessun documento il nome esatto del primo concessionario. E non è nemmeno certo che il prolungamento da Ciampino a Portonaccio sia stato effettivamente costruito successivamente all'inaugurazione, a seguito del passaggio di proprietà, e neanche è mai stato possibile stabilire la data esatta del passaggio alla belga. 

   Tanto per cambiare, anche qui c'è un mistero che è dubbio potrà mai venire svelato. Mistero che parte dagli atti ufficiali della Provincia di Roma, dai quali si deduce che tale prolungamento non fu inizialmente previsto. Nella seduta del 26 novembre 1880, infatti, il Consiglio precisa in una mozione che

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"...nella convenzione fu stabilito che la linea partisse da Roma da una stazione comune con il tramway di Tivoli..."

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e quel "partisse" lascia pensare che le intenzioni, della Provincia e dei Comuni, non furono del tutto attese. Ciò che però contraddice un interrogazione al Sindaco di Roma dell'anno precedente, nella quale come meglio è detto più avanti si parla di lavori di costruzione di un "tramway" lungo la via Appia. E c'è anche dell'altro.

   Il contratto col comune di Marino per la costruzione della linea risulta firmato dai signori Augusto Cesana e Gerolamo Taddei il 27 marzo del 1880, a poco più di un mese dalle rivendicazioni del secondo sui diritti della linea. E' l'ultimo atto in cui compare il nome del Cesana, che da questo punto in poi sparisce per essere sostituito da un certo ing. Cesare Villa, ma è anche il primo in cui la società belga ricompare dopo la sparizione del Cesana dal Consiglio d'Amministrazione della seconda TFE del 1877. L'ing. Villa, infatti, risulta agire in nome e per conto dei belgi, e ciò si desume dai suoi scritti e dagli atti compiuti, unicamente favorevoli ai loro interessi. Non è noto il motivo per cui il Cesana sparisce in modo tanto repentino. E' plausibile che siano intervenute delle divergenze in corso d'opera, e che alla TFE fosse necessario ricorrere ad un nuovo fiduciario, e questo dal momento che il Cesana risulta deceduto nel 1891. Non è da escludersi che questo intraprendente personaggio sia andato a godersi i frutti del suo "lavoro", probabilmente più consistenti delle 605.000 lire di cui sappiamo. Vi è però un ulteriore ipotesi, la rivendicazione dei propri diritti da parte dei comuni facenti parte del consorzio per la Ferrovia dei Castelli Romani, come meglio detto più avanti, che ne avrebbe imposto la fuga per evitare un probabile arresto.

   E' l'accoppiata Taddei-Villa che tratta con le SFR per il servizio diretto da Marino a Roma, che si prevedeva inizialmente a mezzo di convogli misti (carrozze della tranvia e carrozze delle Ferrovie Secondarie  Romane), e questo permette di ipotizzare che da una parte la società belga esercitò la tranvia a vapore fin dall'inizio, dall'altra che la linea inaugurata nel 1880 partiva effettivamente da Ciampino, anche se da una stazione indipendente che avrebbe richiesto un eventuale binario di raccordo tra le due reti. A proposito di quest'ultima cosa, però, troviamo un interrogazione al Sindaco di Roma (seduta del Consiglio Comunale del 27-3-1879), nella quale si esprime preoccupazione per l'impianto di una tranvia lungo la via Appia Nuova, ovvero sul tracciato che il prolungamento avrebbe effettivamente seguito. Questa tranvia altro non può essere che la Portonaccio-Marino, dal momento che il tram urbano, ancora a cavalli, era limitato in quell'anno alla sola linea per Ponte Milvio. Stando a questa iniziativa politica, dunque, erano in corso dei lavori di costruzione di una sede rotabile lungo l'Appia con 24 anni di anti- cipo dall'apertura del primo tronco urbano della futura rete dei Castelli Romani.

   Le caratteristiche del tracciato e le poche notizie sui rotabili impiegati, del resto, denotano una fortissima somiglianza tra la nostra linea e la tranvia a vapore Roma-Tivoli, attiva da poco più di un anno. Il fatto che locomotive a vapore identiche circolino contemporaneamente su entrambe le relazioni lascia intendere che fossero raccordate fin dall'inizio, dal momento che il deposito della Roma-Tivoli si trovava al suo capolinea romano (l'odierna piazza dei Caduti del 19 luglio 1943), e non si hanno notizie di una rimessa indipendente. E' anche possibile, ma appare alquanto dubbio dati i tempi, che ci siano stati dei passaggi dall'una all'altra linea, ma l'inesistenza di notizie, fossero anche riferimenti vaghi, alla dotazione di materiale rotabile (si pensi che delle carrozze si sa a malapena che erano a due assi, e lunghe poco meno di cinque metri...), lascia intendere che la linea di Marino non ebbe una propria dotazione di rotabili, e se anche ci furono non sarebbero poi stati molti.

   Fatto sta che la linea inizia la propria attività, e con risultati non del tutto sod disfacenti. Esistono vaghi accenni sulla stampa dell'epoca ed anche in documenti di carattere tecnico in un periodo di particolare fertilità nel campo delle proposte e dei progetti. In qualche cartina, addirittura, troviamo anche il tracciato urbano di questa tranvia, e purtroppo sono tutte successive al 1883, anno in cui il prolungamento si sa per certo già attivo. L'intero tracciato, comunque, era il seguente: dal Km 3,2 della tranvia per Tivoli, in località Portonaccio, il binario seguiva la via omonima, traversava la Prenestina all'altezza dell'odierno largo Preneste e proseguiva in rettilineo lungo l'asse viario oggi composto dalle vie dell'Acqua Bullicante, di Torpignattara e dell'Arco di Travertino, che era allora la cosiddetta via Militare, traversando anche la Casilina e innestandosi quindi lungo la via Appia Nuova fino alla zona del Tavolato, dove effettuava una fermata il cui edificio, presumibilmente, è ancora oggi quello visibile. Grossomodo all'altezza del Quarto Miglio proseguiva in sede propria fino alla fermata Capannelle (ubicata laddove oggi esiste l'omonima stazione delle FS), indi proseguiva quasi in rettilineo fino a Ciampino, e di li a Marino seguendo, come detto, il tracciato ancora oggi esistente delle FS.

   La stazione di Marino, in ciò seguendo una pratica comune dell'epoca, si trovava oltremodo decentrata rispetto all'abitato dell'epoca, a quota più bassa, e se ne trova conferma nel breve tempo di percorrenza previsto dopo la fermata di Ciampino.

   L'attività di questa linea non ha quasi lasciato traccia sulla stampa dell'epoca: la difficoltà della salita verso Marino non fece più notizia già dopo pochi giorni, e con l'eccezione degli orari troviamo solo la cronaca di un interruzione del servizio a causa di una non meglio precisata collisione in uscita dalla stazione di Capannelle, probabilmente con un carretto, avvenuta nel 1886 (ed anche qui il riferimento al tronco Portonaccio-Ciampino è successivo al 1883). La linea si svolgeva tutta in sede propria e separata, del resto, e non fu probabilmente afflitta da quella lunga serie di incidenti, anche gravi, che caratterizzò fin dall'inizio la linea per Tivoli, affiancata in soluzione di continuità alla via Tiburtina, e nota giustamente Umberto Mariotti Bianchi che concorrevano precisi interessi se fu la Portonaccio-Marino a sparire dopo soli nove anni mentre la linea gemella per Tivoli le sopravvisse per ben 42 anni. Interessi che (manco a dirlo...), coinvolgono la solita TFE, la cui ombra si proietta sui progetti che portarono alla costruzione del primo collegamento di Roma col mare.

   Mentre la tranvia viveva la sua stentata esistenza, infatti, si concretizzava un altro progetto, quello della ferrovia da Albano per Anzio e Nettuno con transito per le stazioni di Cecchina, Carano (Campoleone), e Carroceto (Aprilia), che qui interessa non solo perché assorbì in seguito proprio la tranvia, ma anche perché la spinta alla sua costruzione fu impressa dal Cav. Desiderio Baccelli (che fu promotore anche della ferrovia Mandela-Subiaco), che da varia documentazione conservata presso l'archivio della Provincia di Roma risulta in quel periodo direttore d'esercizio della onnipresente TFE (che davvero viene da chiedersi dov'è che non la si potrebbe trovare in quel periodo).

   La linea fu percorsa dal primo treno il 18 gennaio 1844, e solennemente inaugurata il successivo 23 marzo. In quell'anno la gestione dei Belgi della vecchia tranvia è un dato sicuro, dal momento che il 16 gennaio la cedono proprio alla "Società per la Ferrovia Roma, Albano, Anzio, Nettuno", ed è altrettanto certo che è in piena attività il tronco Portonaccio-Ciampino della linea. Quest'ultimo sarebbe stato realizzato per prolungare direttamente a Roma le corse provenienti da Marino, per l'appunto sfruttando gli impianti esistenti lungo la Tiburtina. Il progetto fu compilato su incarico diretto del Baccelli da certo ing. Filippo Guidi, e risulta in avanzata fase di studio nel periodo in cui la tranvia a vapore era in corso di costruzione.

   Il legame del Baccelli con la TFE è la probabile ragione per cui il progetto della ferrovia dei Castelli Romani si concretizzò con una linea che non ricalcava nessuna delle ipotesi che si sono rincorse dal 1874 al 1880. E non è detto che non sia anche il motivo della sparizione del Cesana. Il tracciato operante, come già detto, toccava uno solo dei paesi facenti parte del consorzio a suo tempo formato che aveva fruttato 450.000 lire al suo promotore, quel comune di Marino che vi aveva partecipato con 100.000 lire, ed è logico credere che i paesi tagliati fuori dalla linea abbiano cercato di far valere le proprie ragioni di fronte alla legge, almeno per riottenere le quote a suo tempo versate, che erano: CastelGandolfo 30.000 lire, Albano 200.000, Genzano 100.000 e Nemi 20.000.   

   L'influenza del Baccelli, e quindi della TFE che fu senz'altro la regia più o meno occulta dell'intera operazione consentì la costruzione di una linea che somigliava più a una ferrovia economica che a una tranvia nel vero senso della parola. La classificazione della Portonaccio-Marino come tranvia fu certamente dettata dalla diversificazione delle facilitazioni e dei contributi economici con le ferrovie, siano essere ordinarie o economiche, in un periodo di particolare fecondità legislativa in materia. Una ferrovia economica costruita con economie d'esercizio ben più che rigide, su di un tracciato da raccordarsi, presto o tardi, con la nuova ferrovia proveniente da Nettuno, in fase di avanzata progettazione, e forse non solo nel tronco Albano-Nettuno, progettata con metodologie e caratteristiche similari alla linea di Tivoli, della quale si sarebbe potuto usare promiscuamente lo stesso materiale rotabile.

   A proposito di rotabili, tra l'altro, nel fitto mistero che li circonda troviamo un immagine che ritrae una locomotiva della Carels che starebbe circolando su un raccordo della tranvia con una cava che fornì i materiali di costruzione per i mu raglioni dei lungotevere (raccordo in località Casabianca). Che si tratti di un do cumento fotografico della nostra linea non è sicuro al 100%, ma lo lascia ipotizzare la loco a vapore. Tre macchine della Carels costruite nel 1879, infatti, spariscono nel giro di pochissimo tempo dalla Roma-Tivoli, quasi sicuramente nel 1881 quando entrano in servizio le Hohenzollern che vi circolarono fino al 1932, ed è probabile che siano state passate proprio alla Ciampino-Marino. La repentina sparizione, del resto, se da una parte può ulteriormente comprovare il prolungamento a Roma solo in un secondo tempo, non si spiega quando le due linee sono ufficialmente unite ed i convogli provenienti da Marino arrivano fino al capolinea della Belga di San Lorenzo. Sui movimenti delle locomotive a vapore le notizie sono comunque discordanti e imprecise: troviamo delle Krauss cedute dalle FS alla Roma-Tivoli nel 1919, di provenienza non comprovata dalla tranvia di Marino, delle Henschel che già nel 1885 la linea di Marino cede alla Roma-Tivoli (che le dismette quasi subito), e via dicendo. Fatto sta che le Carels spariscono dalla documentazione fotografica pervenuta ai nostri giorni.

   Anche qui solo il reperimento di documentazione almeno interpretabile potrà chiarire qualcosa. Documentazione che possa far luce anche sulle carrozze viag giatori e i carri merci, materiale avvolto nel più fitto mistero per quanto riguarda i costruttori e gran parte dei dati tecnici. Non è da escludersi che salvo rare eccezioni il materiale della nostra tranvia sia stato più o meno lo stesso che ha anche circolato sulla Roma-Tivoli, ma anche sulla storia dei rotabili di questa linea le incognite non è che sono poche. Il riferimento tecnico poc'anzi accennato sulla lunghezza delle carrozze, in fondo, non è detto sia rispondente al vero.

   Intanto la Società per la Ferrovia Roma-Albano-Anzio-Nettuno proseguiva  la sua attività, e nel 1886 si vede rifiutare un contributo pubblico da parte del Comune di Roma per la sua costruzione. Motivo del rifiuto il contributo a suo tempo concesso al Cesana (per la linea di cui al progetto del 1875), che poi non concluse nulla. Nella mozione non è fatto alcun cenno alla tranvia per Marino, che pure deve costituire la penetrazione urbana della nuova ferrovia, ma si parla solo di un generico "prolungamento a Roma" della linea già attiva tra Albano e Nettuno. 

   La nuova ferrovia Roma-Albano-Campoleone-Nettuno fu inaugurata il 3 ottobre del 1889. La linea partiva da Termini e dal bivio del Mandrione (l'odierna stazione Casilina), si staccava dal tracciato principale per dirigersi verso l'odierna via di Torpignattara e seguire il tracciato della tranvia fino a Marino. Da qui si proseguiva per Castelgandolfo e Albano su un tronco costruito ex novo, per poi proseguire fino a Campoleone e seguire il tracciato dell'attuale ferrovia.

 
 

La stazione di Marino in un immagine che dovrebbe essere del 1890 (almeno questo è l'an- no che si legge sopra il terzo vagone da sinistra)

 
   
  (dal libro di Ogliari-Sapi - Partiamo Insieme)  
 

   Alla stessa data la vecchia tranvia fu definitivamente soppressa, ma è ragionevole credere che il servizio sia stato sospeso precedentemente per i necessari lavori di adeguamento del tracciato, specie di sostituzione delle rotaie in vista dell'utilizzo di materiale rotabile ben più pesante e veloce. Dell'inaugurazione sono pervenute molte notizie, specie le cronache giornalistiche, ma i riferimenti al vecchio "tramway" sono molto pochi, e in nessuno si parla, fosse anche in modo vago, della sua precedente attività, dei proprietari, etc,.

   L'esercizio della nuova ferrovia fu assunto dalle SFR, ed è il motivo per cui in località Capannelle le stazioni diventano due, una affiancata all'altra, dal momento che la Roma-Napoli via Velletri e Segni era gestita dalla RM (Rete Mediterranea).

   Tale rimase la situazione fino al 1920, quando la direttissima per Napoli via Formia consentì l'accorciamento della distanza e dei tempi di percorrenza attraverso un nuovo tronco di linea da Campoleone ad Aprilia, cosi che la relazione Roma-Nettuno inizia ad essere esercitata sul tracciato ancora oggi seguito. Il tronco Albano-Campoleone ormai inutile, rimase in esercizio fino allo smantellamento del 1935, mentre addirittura il 1940 si aspetta per smantellare l'inutile, e più lungo, doppione della Roma-Napoli dal Mandrione a Ciampino, che segue il tracciato della vecchia tranvia per Marino, eliminando quindi anche l'assurdità delle due stazioni affiancate quando ormai l'intera rete ferroviaria era passata in gestione alle FS. Il tratto di linea dalle Capannelle al Tavolato lungo la via Appia, come già detto, viene utilizzato dal 1941 al 1978 dai tram della STEFER lungo la linea per le Capannelle e la diretta di Albano, ed è il motivo per cui gran parte di questo storico tracciato è ancora oggi visibile.

 

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