Concepite progettualmente per consentire ai castellani di raggiungere
Roma, successivamente realizzate con l'intenzione di congiungere la
città ai paesi dei Colli Albani, per consentirne un utilizzazione più
che altro turistica da parte dei romani, le tranvie dei Castelli
Romani si trovarono al definitivo completamento della rete
(congiunzione tranviaria di Lanuvio attivata l'8 giugno 1916), ad
affrontare immediatamente la questione di un necessario potenziamento del servizio offerto. Il traffico viaggiatori si rivelò da
subito intensissimo e i profon di limiti del sistema consentivano poco
o nulla l'adeguamento delle corse ad una domanda che andava ben oltre
le intenzioni giocose della gita e dello svago. Paradossalmente fu
proprio la caratteristica peculiare di essere un servizio alla
buona, economico e semplice, per l'appunto indirizzato ad una domanda
senza troppe esigenze, a favorire un uso diametralmente diverso
delle linee. Grande affollamento si registrò, ad esempio, sulla tratta
Frascati-Grottaferrata, nonostante il primo fosse servito
addirittura da tre linee su ferro (la ferrovia pontificia di Pio IX
e la diramazione da San Cesareo per Monteporzio e Montecompatri delle
ferrovie Vicinali per Fiuggi e Frosinone, attivata quest'ultima il 12
giugno 1916), ma anche dagli altri Castelli che pure erano raggiunti
dalle linee della Società delle Ferrovie Secondarie Romane - quelle
oggi delle F.S. - vi fu un identica preferenza per l'economicità del
tram, per la possibilità di poter fare il biglietto direttamente in
vettura senza sovrapprezzo che permetteva di saltare sulla vettura
anche all'ultimo momento, e magari non direttamente alla fermata dal
momento che il macchinista spesso non si faceva pregare nel fermarsi
in punti diversi per accogliere il ritardatario di turno, il
viaggiatore magari carico di fagotti che arrancava fino al punto
prestabilito per l'incarrozzamento dei viaggiatori. |
Il tram diventa una sorta di amico nella cornice ancora intima del paese,
complice un conducente che magari conosceva ogni singolo viaggiatore per
nome e cognome e sentiva quasi normale adattare l'uso del nuovo mezzo il
più che fosse possibile alle piccole esigenze quotidiane di tutti, un pò
come ancor oggi accade nelle realtà più piccole e isolate, dove un uso
altrettanto confidenziale si fa delle corriere di questa o di quella
azienda. L'iniziale entusiasmo che ne caratterizzò l'esistenza, la
curiosità per tutto quanto è nuovo, e non ultimo questo adattamento quasi
naturale alla semplicità intrinseca della vita paesana, contribuirono
grandemente ad una crescita inarrestabile della domanda, imponendo già dal
1917 l'avvio dei primi studi relativi al miglioramento del servizio. |
Alcuni accorgimenti tesi a superare i limiti evidenti del sistema, a dire
il vero, erano stati presi fin dall'inizio, tra i quali un primitivo
sistema di blocco che regolava la circolazione delle vetture sulle lunghe
tratte a binario unico. Pur trattandosi di semplici tranvie, infatti, il
tracciato tortuoso degli itinerari non consentiva la circolazione "a
vista" con limiti di distanziamento, già adottato
tra il capolinea di Termini e via delle Cave, dove il binario era
stato raddoppiato fin dal 1910, e qualunque tentativo di evitare
criticità sulle tratte a binario unico, ovvero la collisione tra
due convogli provenienti da direzioni opposte, avrebbe limitato
ulteriormente una capacità di trasporto che si era rivelata da subito
sottodimensionata alla domanda effettiva.
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Quasi certamente derivato dal sistema "Nachod", all'epoca diffuso ovunque negli
Stati Uniti - da dove fu certamente importato dalla T&H - questo
sistema di segnalamento presentava tutta una serie di difetti
intrinseci che provocò in seguito incidenti anche gravi, ma
seppure non del tutto affidabile consentì da subito la
predisposizione di un orario mirato alla massima capacità di
ricezione delle singole tratte: al 1917 troviamo già un movimento
di 170 convogli al giorno, 85 coppie di corse sulle varie tratte,
esclusa la funicolare che effettuava 42 corse al giorno, secondo
il prospetto che segue e per un totale di poco più di 102 Km di
linee in esercizio, esclusi i 300 m della funicolare: |
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TRATTA TRANVIARIA IN ESERCIZIO |
Lunghezza (Km) |
Coppie di corse |
impianto |
esercizio |
Servizio extraurbano |
Roma - Frascati |
18,190 |
22,165 |
11 |
Roma - Albano - Velletri |
34,000 |
38,524 |
12 |
Roma - Albano - Marino |
23,300 |
25,560 |
9 |
Servizio locale dei Castelli |
Grottaferrata - Albano |
10,323 |
10 |
Squarciarelli - Valle Violata |
2,890 |
21 |
Genzano - Lanuvio (1) |
2,670 |
22 |
Funicolare |
0,300 |
21 |
(1) dato riferito al
solo tratto Lanuvio bivio - Lanuvio città |
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Il sistema di segnalamento funzionava, anche se con una metodologia
primitiva, con lo stesso principio di quello tuttora adottato sulle
linee ferroviarie, suddividendo una tratta in tutta una serie di
sezioni regolate in modo indipendente da due segnali di entrata posti
alle estremità delle stesse, quelle che si definiscono tecnicamente
"sezioni di blocco". Il segnale era provvisto
di dischi colorati e da luci di colore che dovevano ripetere il
segnale durante le ore notturne. Dischi e luci erano di colore rosso e verde. Ogni sezione
andava da uno all'altro degli incroci presenti sulla linea (i punti di
raddoppio del binario), e i segnali erano azionati dal passaggio del
trolley che azionava speciali interruttori posti sulla linea di
contatto. |
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Poggio Tulliano: si nota il
segnale di blocco della tranvia (in alto a sinistra) |
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Giunto ad un punto di incrocio il conducente doveva accertarsi
visivamente che il segnale desse via libera o meno, attendendo in
quest'ultimo caso il sopraggiungere del tram proveniente dalla
direzione opposta: una volta arrivato il convoglio il segnale poteva
anche rimanere in via impedita dal momento che il sistema consentiva
la coesistenza di più treni nella stessa direzione di marcia, ed in quest'ultimo caso l'ingresso di una seconda motrice nella sezione non
provocava alcun cambiamento nelle segnalazioni, poiché il segnale dava
via libera nel senso della motrice che già aveva impegnato la
sezione e via impedita nella direzione contraria. Il conducente del
tram che teneva impegnata la sezione doveva all'uscita della stessa,
poi, verificare che il sistema avesse eventualmente liberato la
circolazione, e questo era possibile attraverso un ulteriore segnale
che ripeteva, al centro dell'incrocio, quello che ci si era appena
lasciati alle spalle. |
Derivava anche da questo attendere agli incroci quel fenomeno della
relatività nella precisione degli orari di partenza ed arrivo che rimase
caratteristico della rete, ma come che sia il tram prese stabile dimora ai
Castelli, divenne parte del paesaggio ed un personaggio importante, cui si
guardava con lo stesso rispetto che allora si sentiva di dovere ai
cosiddetti "nobili" ed ai personaggi comunque importanti. Ben lungi da
quanto si fa oggi la sua importanza è testimoniata dalle cartoline in
bianco e nero dell'epoca, dove le motrici vengono ritratte quasi come un
monumento da far conoscere, facendo sapere ai forestieri che raggiungere
il paese è fin troppo facile quando esiste un mezzo che ti porta fin
nel cuore dell'abitato. |
Abbiamo detto che l'attivazione delle varie tratte fu ovunque
accompagnata da manifestazioni di festa incontenibile, ma una volta
che la gioia e le sbronze dell'inaugurazione vengono relegate
all'archivio dei ricordi il tram rimane, e il suo far parte del
paesaggio fa si che da un giorno all'altro nessuno ci faccia più caso.
Col passare dei giorni, anzi, il rituale monotono di arrivi e partenze
rimane, si consolida, e vengono pian piano fuori i piccoli e grandi
problemi della rete: la disorganizzazione, le inadempienze vere o
fasulle della società concessionaria, i ritardi, l'insufficienza dei
mezzi che rende scomodi i viaggi in piedi fanno diventare quegli
stessi cittadini che tanto lo avevano festeggiato quasi insofferenti
al tram e alla sua presenza. E si che di problemi ce n'erano se gli
archivi ci consentono di sapere che ben presto, nel giro anche di
pochi mesi, si arrivò a forti confronti tra la STFER e i Comuni dei
Castelli, e questo tenendo per buono che i numerosi reclami relativi
al disservizio esageravano quel tanto che ancora oggi si registra
nel confronto che contrappone gli utenti alle aziende ATAC e
COTRAL, laddove un attesa di dieci minuti si trasforma nella
segnalazione della stessa in un buco di 40 o 50. |
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Una motrice a due piani
in transito sul viadotto Pontificio dell'Ariccia |
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I comuni di Marino e Castelgandolfo, ad esempio, lamentavano
l'approssimazione degli orari, aggravata dalla loro posizione
sull'asse della linea intercastellare dal bivio Squarciarelli a
Genzano: il servizio diretto da Roma via Albano appariva insufficiente
per numero di corse e orari delle stesse (vedi tabella di sopra:
erano solo 9 corse), e non era più affidabile il servizio locale Grottaferrata-Albano per i troppi ritardi nelle coincidenze con i
convogli da e per la Capitale, che acuivano la tensione per
l'affollamento di questi ultimi, specie negli orari di maggiore
utilizzo. Da alcune lettere al direttore dell'epoca si apprende che
già dai primissimi giorni di servizio, e quindi prima della
costruzione della diretta per Albano lungo la via Appia - che pure non
migliorò nettamente la situazione, accorciando sensibilmente la distanza e quindi le tariffe - le proteste dei viaggiatori col personale
giunsero sporadicamente ai fatti, e la protesta nei confronti della
società finì per unire utenti e lavoratori: questi ultimi si trovarono
inoltre a dover rivendicare i diritti loro garantiti dalla legge del
1919 che istituiva la giornata lavorativa di otto ore, determinando
maggiori oneri a seguito di piccoli e grandi scioperi e per
l'applicazione del disposto legislativo che costrinse ad una
ristrutturazione totale dei turni di servizio con ovvio aumento
delle risorse umane. |
Una più viva descrizione dei problemi troviamo invece in una
vertenza tra la STFER e il comune di Albano che diede luogo ad
un giudizio arbitrale promosso dalla società concessionaria nell'agosto del 1913, a poco più di un anno
dall'apertura all'esercizio della linea diretta per le
Frattocchie: la STFER lamentava la inadempienza del Municipio
nel merito del contributo a suo tempo promesso, e da questo
apparentemente semplice ricorso ebbe luogo un confronto che
mise a nudo quei limiti nell'uso della ferrovia, seppure
nella più semplificata veste della tranvia extraurbana,
inserita a forza nel tessuto dei paesi e senza la previsione
di alcun intervento atto a migliorarne l'impatto. |
La STFER, dunque, considerava il comune di Albano inadempiente
nell'impegno di versare un contributo annuo secondo il disposto
della convenzione sottoscritta nel 1910, ma da parte sua la giunta
municipale accusava di inadempienza la società in quanto quest'ultima
aveva prolungato la linea fino a Velletri senza prevedere ulteriori
accordi, determinando un maggior onere per il comune a causa
dell'intensificarsi della circolazione tranviaria e un maggior utile
per la società con l'aumento del traffico viaggiatori; questa
differenza sarebbe stata ripianata da Albano omettendo il versamento
previsto, dal momento che anche il servizio lasciava a desiderare per
il numero delle corse e l'impossibilità di trovar posto nelle vetture
nelle prime corse del mattino e nelle ultime della sera. Tra l'altro
si lamentava l'assenza di facilitazioni economiche nelle tariffe per
gli studenti e il mancato rispetto dell'orario dell'ultima corsa
festiva in partenza da Roma prevista per le ore 20,30, per contro
sottoscritte nella stipula della convenzione. Ultima ma non ultima,
tra le lamentele, il fatto di trovarsi al bivio con la linea
intercastellare, con peggioramento del servizio locale per il maggiore
afflusso del traffico da e per Velletri. |
Nella sentenza il Collegio Arbitrale si dichiarò incompetente a
decidere nel merito dei problemi relativi agli orari, alle
facilitazioni ed anche alla questione relativa al maggior utile per la
società, ma seppure fermo nel mantenere lo status quo senza
interferire deplorò ufficialmente l'impianto della tranvia nel corso
principale del paese, in dispregio al R.D. 1447/1912 che unificava in
un Testo Unico le varie leggi in materia e che disponeva che le
tranvie dovessero lasciare almeno 4 metri alla viabilità coesistente
(cosa che non sussisteva ad Albano, come la foto qui sopra lascia
intendere). La STFER, infatti, si era impegnata a realizzare a proprie
spese una nuova fondazione del tratto della via Appia interno ad
Albano (Corso Vittorio Emanuele e Borgo Garibaldi), e il Collegio
Arbitrale, per contro, auspicava un intervento urbanistico atto a
rimuovere l'evidente situazione di pericolo (ciò che nella realtà non
si fece), con un impegno congiunto degli enti locali e della società
concessionaria. |
Queste ed altre questioni promossero una serie di studi relativi
all'adeguamento della rete, come già detto avviati fin dall'anno
successivo al suo totale completamento: nel 1917, infatti, le FS
divengono proprietarie delle ferrovie che da Ciampino si irradiano
alla volta dei Castelli e la STFER tornò alla carica per chiederne la
concessione ed unificarle in unica gestione con le tranvie
esistenti, raccordando l'intera rete secondo un ambizioso progetto che
spinse il Consiglio d'Amministrazione ad aumentare a 8.250.000 lire il
capitale sociale con emissione di oltre 15.000 obbligazioni da 500
lire. |
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A
Genzano, dove la tranvia ancora termina la sua corsa, una motrice 30
pronta a partire alla volta di Frascati (come si legge nel cartello di
linea frontale). |
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(coll. G.R.A.F. - dal libro
Binari sulle strade intorno a Roma) |
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Un progetto più ampio e dettagliato è invece del 1921, presentato al
Ministero dei Lavori Pubblici, nel quale si prevedevano la costruzione
di nuovi tronchi (Genzano-Nemi; Casal Morena-Fiorano con transito
per Porta Furba, Osteria del Curato, Capannelle, Tor di Mezzavia;
Valle Oscura-Rocca di Papa in sostituzione della funicolare), una
risistemazione del capolinea romano di via Amendola e delle
sottostazioni elettriche e la costruzione di una nuova rimessa a
Velletri. Ottenuto il parere favorevole, e siamo al 1925, la società,
insistendo con la richiesta di concessione delle ferrovie ordinarie
dei Castelli, presentò un progetto ancora più amibizioso, che se
realizzato avrebbe forse cambiato il destino di almeno una parte della
rete, proponendo l'attestazione dei servizi extraurbani in una
stazione sotterranea da realizzarsi sotto piazza Vittorio Emanuele,
prescelta in quanto era, e rimase per molti anni, un nodo fondamentale
delle tranvie urbane, mantenendo il tracciato Termini-Via delle Cave
per i soli servizi a carattere urbano. Si prevedeva la realizzazione
di due gallerie che avrebbero riportato i binari alla luce dopo il
bivio di via delle Cave, da dove il tracciato si sarebbe ricongiunto a
quello esistente, ma qualora le caratteristiche del sottosuolo non lo
avessero consentito la società ipotizzò l'attestamento dei servizi in
piazza del Colosseo (SIC!) e l'istradamento degli stessi lungo via
San Giovanni in Laterano (laddove l'ATAG avrebbe dovuto rinunciare
all'allora progettato armamento di una tranvia urbana), per
congiungersi poi alla sede esistente della via Appia Nuova, lungo la
quale sarebbe stata armata una seconda coppia di binari per favorire
la velocità del servizio extraurbano. |
Nel frattempo entra in servizio un piccolo gruppo di rimorchi a due assi
(serie 201-212), da utilizzarsi principalmente al seguito delle motrici a
due piani e delle 60, che si presentavano con un unico accesso centrale e
che costituiscono anche la particolarità dell'unico lotto di rimorchi
acquistati separatamente dalle motrici. Dotati successivamente dei normali
accessi laterali (con soppressione del centrale), arrivarono solo in parte
agli anni '50, quando le soppressioni del 1954 e il minor bisogno di
rotabili fece si che venissero ben presto radiati e demoliti. |
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